Chi dunque mi riconoscerà
davanti agli uomini,
anch'io lo riconoscerò
davanti al Padre mio che è nei cieli
...
...
Ai tempi del sovranismo
esasperato
Pavel Evdokimov è considerato uno dei grandi maestri della teologia e spiritualità russa del passato secolo XX. Era nato a Pietroburgo il 2 agosto 1901 da una famiglia aristocratica, dopo gli studi liceali nella Scuola militare dei cadetti, nel 1918 inizia gli studi teologici.
Col trionfo del bolscevismo deve prendere la via dell'esilio, all'inizio a Istambul e nel 1923 a Parigi dove svolge i lavori più umili fino ad essere assunto come operaio alla Citroen. Contemporaneamente ha proseguito gli studi alla Sorbona e si licenzia in filosofia. Prosegue gli studi all'Istituto teologico St. Serge e raggiunge il massimo suo desiderio: diventare un teologo laico.
La sua esistenza, difficile in terra straniera, fu dedicata ad osservare sempre l'esistenza umana e le vicende della Storia dell'uomo.
Dal 1942 al 1945 partecipò alla Resistenza francese contro il nazismo e si dedicò quindi, a guerra finita, all'insegnamento fino alla fine dei suoi giorni, 1970.
Oggi, nella Chiesa di tradizione bizantina, si legge il brano del Vangelo di S. Matteo che in più tratti parla di "accoglienza" e del "come riconoscere l'Altro", ci piace riportare qui, in questa pagina tuttora alla ricerca di un assetto definitivo, una riflessione di Evdokimov, egli che ha conosciuto l'amarezza di essere stato allontanato dalla sua Patria e di ben conoscere la condizione dell'esule.
Lo straniero, il nero, il rifugiato politico, il profugo è per Evdokimov un povero che fugge e si affida totalmente a chi lo accoglie e se ne assume la responsabilità; è un immagine vivente di Dio, che, creando l'uomo libero, si è affidato alla sua libertà.
Ricordando il Levitico, scrive:
Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi: tu l'amerai come te stesso ... (19,33-34).
e ancora:
I poveri hanno un privilegio temibile per tutti, quello di portare per il mondo la figura del Povero, quel volto di Cristo che "non ha dove posare il capo" (Lc. 9,58).
E' data ai rifugiati, nel loro stesso destino, la stupefacente grazia di tracciare l'immagine di Dio che viene sulla terra.
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Per i tanti sovranisti che respingono
i barconi.
SILVANO FAUSTI, teologo gesuita
(1940-2015) a commento del brano evangelico
...Chi lo accoglie, accoglie il Figlio, e si fa lui stesso figlio che accoglie il Padre.
Dopo queste parole, Gesù continua la sua missione ormai non più solo, ma insieme con i suoi discepoli.
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