depositati e trascritti vi fosse la famigerata
frase «Lucia va fatta fuori come suo padre», è tornato sull'argomento anche
ieri: «Ribadisco quanto contenuto nel comunicato stampa del 16 luglio.
L'intercettazione tra il dottor Tutine e il presidente Crocetta, di cui
riferisce la stampa, non è agli atti di alcun procedimento di questo ufficio e
neanche tra quelle registrate dal Nas». Il direttore de "l'Espresso",
Luigi Vicinanza, da parte sua, ha insistito sull'autenticità della frase
pubblicata dal suo settimanale, precisando che il giornalista che ha firmato
l'articolo ha avuto modo di ascoltare la registrazione, secretata, e di averne
trascritto il contenuto. Autore dello scoop - o bufala a seconda del punto di
vista - è Piero Messina, che fino all'arrivo di Crocetta a Palazzo d'Orléans
era stato capo dell'ufficio stampa della Regione. Messina con un'altra ventina
di colleghi era stato poi "licenziato" da Crocetta, dando vita ad
una sequela di ricorsi davanti al giudice del lavoro. Una vendetta? «Quello che
dice Crocetta è vero - ha confermato Messina - mi ha licenziato tré anni fa
dall'ufficio stampa della Regione. Ma questa vicenda non ha nulla a che fare
con l'articolo che ho scritto. Si tratta di due vicende che non hanno nulla a
che vedere. Io faccio il giornalista, cerco solo di raccontare le vicende di
cui vengo a conoscenza. Non ho alcuna acredine nei confronti del presidente
della Regione che ho sempre rispettato per il suo ruolo e le sue funzioni. Io
faccio semplicemente il mio mestiere di giornalista e non credo che mi si possa
contestare il fatto di volere continuare a svolgere la mia professione».
Secondo indiscrezioni, la Procura della Repubblica di Palermo starebbe
valutando l'ipotesi di aprire un'inchiesta sulla vicenda relativa alla pubblicazione
dell'intercettazione della conversazione tra il medico Tutino e Crocetta.
Probabilmente, un esposto sarà presentato anche dall'avvocato di fiducia del
presidente della Regione, Enzo Lo Rè. La partita è molto delicata e va
approfondita per i risvolti sia penali che politici. Ad aggiungere un ulteriore
elemento di dubbio, il presidente della commissione Sanità dell'Ars, Pippo
Digiacomo: «Sono mesi che gira la notizia di un'intercettazione imbarazzante.
L'hanno fatto sapere a Lucia Borsellino, a me, a Crocetta e altri. Appunto, da
tempo. Ne ho parlato col presidente la settimana prima della pubblicazione e ne
ho voluto conto e ragione. Lui mi ha giurato di non avere mai sentito una
bestialità del genere. Mi sembrava sincero. Mi sono ricordato che quando telefona
fa un casino: fuma, beve caffè, litiga, insulta, urla, da direttive, cita
romanzi. Non escludo che questo possa essere stato il contesto. A
volte, al telefono con lui, ho chiuso la chiamata irritato, rendendomi conto
che non mi ascoltava e stava parlando d'altro. Se Crocetta deve andare via per
ragioni politiche è un conto; che lui dovesse stare politicamente più vicino a
Lucia e sostenerla è un altro conto - ha aggiunto - che si circondi di
tirapiedi in malafede che lo conducono al baratro è un terzo conto (quello che
ci ha fatto litigare di brutto). Ma che Crocetta sia il silenzioso avallante di
una strage ordita da Matteo Tutino, magari in canottiera e con i bicipiti in
bella mostra, muove a una risata. Isterica, amara, fuori luogo, ma risata rimane».
Dunque, secondo Digiacomo, la notizia dell'intercettazione, vera o presunta,
non sarebbe arrivata del tutto inaspettata a Crocetta ne all'ex assessore alla
Salute, Lucia Borsellino. Un particolare, quello raccontato da Digiacomo, che
rende ancora più inquietante l'intricata vicenda. Lo stesso presidente della
commissione Sanità dell'Ars, probabilmente, avrebbe fatto bene ad informare il
segretario regionale del Pd, Fausto Raciti, e la magistratura. Di fronte ad una
situazione tanto ingarbugliata, hanno gioco facile coloro che intendono aprire
una nuova stagione di veleni che potrebbe tornare a coinvolgere la Procura di
Palermo. Perché, se da un lato il procuratore Lo Voi ha ribadito ieri che
nell'inchiesta del Nas non c'è alcun riferimento alla frase incriminata,
attribuita a Tutine mentre parlava con Crocetta, come sarebbe potuto venirne a
conoscenza Digiacomo? La telefonata gli è stata riferita o l'ha ascoltata pure
lui, oltre che i cronisti de "l'Espresso"?
Se i giornalisti possono
trincerarsi dietro al segreto professionale, un politico come Digiacomo
dovrebbe invece raccontare agli inquirenti in che circostanza ha saputo
dell'intercettazione. Crocetta ieri ha preferito rimanere nel suo rifugio di
Castel di Tusa, chiuso nel suo dolore ma in stretto contatto con l'avvocato Lo
Rè. Martedì riprenderà l'attività dell'Ars per iniziare l'esame del disegno di
legge sui Liberi consorzi di Comuni. Difficilmente, però, sarà avviato il
dibattito, se prima il presidente della Regione non riferirà all'Aula sulle turbolenze
politico-giudiziarie di questi giorni.
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