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venerdì 24 luglio 2015

Crocetta spiega all'Assemblea Regionale

Comunicazioni del Presidente della Regione
23 luglio 2015
PRESIDENTE. Si passa al II punto dell’ordine del giorno: Comunicazioni del Presidente della Regione. Ricordo all’Assemblea che, così come comunicato in sede di Conferenza dei Capigruppo e ribadito in Aula da questa stessa Presidenza nella seduta n. 256 del 21 luglio scorso, sulle dichiarazioni che il Presidente della Regione renderà si potrà intervenire per non più di dieci minuti per Gruppo parlamentare, incluso il Capogruppo. Di questo ringrazio i Gruppi che hanno il maggior numero di deputati che, chiaramente, non regge la proporzione con i Gruppi minori ma che hanno condiviso questo percorso.
Così rimane stabilito. Do la parola al Presidente della Regione, onorevole Rosario Crocetta.
CROCETTA, presidente della Regione. 
Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per avermi dato oggi la possibilità di comunicare al Parlamento in merito alle vicende dolorose gravi di questi giorni, consentendomi così di contribuire a quell’opera di ricerca della verità che ha sempre caratterizzato la vostra e la mia attività. Ho vissuto in questi giorni i momenti più terribili della mia vita e so che anche molti di voi hanno condiviso tale sofferenza. In questi giorni è come se avessi rivisto un film diverse volte proiettato, attraverso il quale l’attacco al Presidente della Regione diventa l’attacco alle Istituzioni democraticamente elette dai cittadini, all’intero popolo siciliano. Ho vissuto per giorni la vicenda di un uomo che cominciava a sentirsi come un lebbroso in pieno Medioevo, vergognandosi persino di affacciarsi dal balcone di casa propria con la preoccupazione di percepire uno sguardo ostile se non un insulto. Sono stati giorni di dolore e di pianto, persino incontenibile, nel momento in cui potevo essere visto da un ignaro lettore o ascoltatore di Milano persino come complice silente di un attentato a un componente della famiglia Borsellino. L’orrore di quella montagna di fango mi urlava dentro il cuore, la testa, paralizzando la mia voce, contribuendo così ad amplificare gli attacchi unilaterali di alcuni disinformati e di altri che, opportunisticamente mettevano il dito nella piaga, pensando che per ragioni politiche si potesse uccidere un uomo, attentare alle istituzioni democratiche di un paese. Nell’immaginario collettivo il metodo Crocetta ha cominciato a superare il metodo Boffo. Nella calunnia non è importante dire la verità ma fare uscire notizie false in modo eclatante, perché tanto le rettifiche non hanno mai lo stesso spazio della deflagranza dell’orrore delle falsità. A Milano chi conosce nel dettaglio le vicende siciliane? 
A Milano l’articolo dell’Espresso nei miei confronti viene percepito come l’annuncio di una strage alla vigilia della commemorazione di Via D’Amelio. La vita di un uomo ha un senso se la si lega all’onore e alla propria libertà. Alla libertà ci ho rinunciato da tempo, da quando ero sindaco di Gela costretto a vivere come un detenuto dentro la casa con vetri anti kalashnikov larghi quattro dita e da dove la luce entra attraverso polverose sbarre, ma al mio onore non posso rinunciare. Sono felice che le procure siciliane abbiano smentito seccamente quelle false accuse, ripristinando la verità. Dopo lo sconforto, ho capito che il mio silenzio e le mi eventuali dimissioni venivano interpretate come segno di ammissione di colpa. Ho deciso di riprendermi il diritto alla parola per contribuire alla ricerca della verità e mi sono messo al lavoro, poiché questo è il ruolo di un uomo delle istituzioni, che non si può fare abbattere neppure dinanzi alle infamie più terribili e agli attacchi più violenti e strumentali, mi sono rifiutato di offrire le carni in pasto a famelici e rapaci carnefici. Sono certo che tutto questo passerà alla storia come una storia infame, la vicenda di poteri occulti che minacciano la democrazia e di una parte della politica che non riesce a difendere gli uomini delle istituzioni anche laddove essi non siano responsabili dei fatti per i quali li si accusa. L’opportunismo mediatico sembra oggi prevalere rispetto alla cautela istituzionale che contraddistingueva la politica di un tempo, laddove gli uomini di governo, raramente esprimevano giudizi se non in presenza di fatti gravi, accertati e conclamati. I falsi scoop non possono decidere le sorti dei governi e non è assolutamente in discussione la possibilità da parte della stampa anche in modo feroce, la politica. Rivendicare l’autonomia della politica significa dare certezza ai cittadini che i Governi non vengono decisi da pochi individui, ma dall’esercizio libero del gioco democratico e tutti quanti noi abbiamo il dovere politico, giuridico e morale di affermare tale diritto a volte, persino in presenza di un massacro evidente, di una manipolazione sapiente della realtà. In questo paese si deve decidere se la bufala cattiva di un giornale debba essere la verità o quella che viene da un’attenta valutazione della magistratura. A tutti è evidente che quell’intercettazione non c’è. Non posso dimettermi, non sono interessato né a poltrone né a carriere politiche future. Due anni e mezzo di martiri e attacchi sono sufficienti a togliermene la voglia. In questi giorni ho ricevuto attacchi e solidarietà insospettabili, solidarietà di amici ed avversari e attacchi di fuoco amico e anche di qualche avversario. Ringrazio coloro che mi hanno manifestato tanta solidarietà, poiché questo mi fa pensare che non tutto è perduto e che nel nostro paese ci siano ancora galantuomini, le cui parole non vengono dettate dal bieco gioco politico ma dall’esigenza di tutelare le regole e i valori democratici che sono alla base di una serena convivenza civile, voglio battermi per un paese dove la democrazia non sia slogan e dove i cittadini siano considerati responsabili in presenza di fatti e certezze e non di accuse gratuite. La deriva populista e demagogica che c’è dietro alcune prese di distanza e la rapida richiesta di alcuni di andare al voto per me è irricevibile perché strumentale e interessata. Lo sciacallaggio non posso che respingerlo, per tutelare non solo me stesso ma tutti noi. Voglio citare una bellissima poesia di Bertolt Brecht, molto nota: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano, poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere i comunisti e io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.”. La democrazia è a forma di rosa, coi suoi tanti petali tutti diversi. Ma se si strappa un petalo o persino una spina, la bellezza di quella rosa non è uguale perché le manca qualcosa, manca un singolo particolare di una bellezza che è tale perché è frutto di tanta diversità. Nessuno di noi può pensare di essere un uomo libero se oggi consentissimo questo gioco machiavellico che vuole sacrificare un innocente per meri calcoli elettoralistici. Sarebbe la fine! Andiamo adesso ai fatti. Intanto alla sanità. I manager della sanità sono stati selezionati da una commissione composta da un magistrato, da un rappresentante dell’AGENAS e da un professore della Normale di Pisa che ha selezionato una lista ristrettissima di poche decine di persone. La legge ci dava un’ampia possibilità di scelta ed era parere persino del Parlamento di potere nominare scegliendo dentro la lista di centinaia di persone. Non l’abbiamo fatto. Le nomine definitive sono state il frutto di criteri molto rigidi e di un’istruttoria della segreteria tecnica dell’assessorato alla salute che aggiungeva ulteriori limitazioni alla nostra possibilità discrezionale consentita dalla legge. Gli incarichi sanitari sono incarichi fiduciari e potevamo scegliere chiunque all’interno di una lista di trecento persone. Non l’abbiamo fatto. E qualche amico mio escluso c’era pure. Né io né la Borsellino abbiamo effettuato nomine sulla base di alcuna sollecitazione. Tant’è che insieme abbiamo convocato tutti i manager dicendo che probabilmente in tanti si sarebbero potuti accreditare come ispiratori della loro designazione, ma che dovevano soltanto ai loro titoli le loro nomine e che nelle nomine dei direttori amministrativi e sanitari dovevano procedere immediatamente in assoluta autonomia, escludendo tutti coloro che avevano persino un avviso di garanzia; e giusto per citare un noto fatto di cronaca, Sampieri l’avviso di garanzia ce l’aveva, e quindi non poteva entrare sulla base del deliberato dei nostri criteri. In qualche caso abbiamo trovato inopportuna qualche nomina a direttore di ex manager, perché trovavamo assurdo che uno che avesse fatto il manager di un’azienda fosse nominato, ed è accaduto, direttore amministrativo, perché era in contrasto con la decisione del Governo - mia e di Lucia - di non confermare coloro che avevano avuto precedenti incarichi. Probabilmente ingiustizialista, irrazionale, però qua ci si accusa esattamente del contrario, questo è il tema da parte del “gossip” diffuso. Perché ritenevamo che il manager Ficarra non potesse rispondere assolutamente ad una segnalazione di Sampieri, né che lo stesso manager si fosse rivolto a quest’ultimo lo certifica ampiamente il fatto che Ficarra aveva avuto contro Sampieri ben due procedimenti giudiziari indetti dal Ficarra, vinti entrambi presso il tribunale di Gela, quindi non penso che i rapporti di uno che fa condannare un altro siano così buoni, magari facendo risarcire poi il danno. Testimonianza netta del fatto che i rapporti non fossero così amicali. Lo stesso giorno del primo avviso di garanzia Sampieri, su mia richiesta, si dimise da Commissario di Villa Sofia e non fu mai proposto nella nomina dei possibili manager, nonostante nella graduatoria della Commissione fosse valutato il primo, cioè quello che aveva la più alta valutazione, per un avviso di garanzia. E così è stato per lui come per tutti gli altri. Ritengo, anzi, il fatto che fosse in amicizia con me una ragione in più per escluderlo. Riguardo a Tutino lo frequentavo esclusivamente quasi ogni 15 giorni nel suo studio medico, dove venivo accompagnato dalla mia scorta e la scorta rimaneva nello studio. Tutto è chiaro, conversazioni e quant’altro. Nello studio con me salivano sempre, appunto, gli uomini della scorta. A casa mia esiste un sistema di video vigilanza collegata con la Questura sia a Tusa che a Gela, Messina e Caltanissetta. Ci sono sempre i militari o i carabinieri o la polizia che registrano tutti coloro che vengono a casa mia, quindi, fantasie sulla mia vita privata giorno e notte non se ne possono fare. In vacanza ci vado con la scorta e non vengo lasciato solo mai in queste circostanze. Nessuna vita può essere più chiara della mia e nessuna vita può essere infangata, salvo poi a pagare con i risarcimenti, con gossip o altro, perché tutto, ogni secondo della mia vita, è documentato, con prove, di rapporti di polizia e con videoregistrazioni. La mia vita privata è controllabile, dunque, secondo per secondo, giorno e notte e questo, sinceramente, non lo auguro a nessuno. Scopro da indignati giornali e persino da parte di alcuni politici, che il “Cerchio magico della sanità” sarebbe costituito in Sicilia dal mio medico personale e da un suo amico. Vedo che la percezione dell’indignazione, grazie a questo Governo, si è abbastanza elevata perché ai tempi di Cuffaro il “Cerchio magico della sanità” era costituito dalla Mafia, che dettava persino le tariffe delle convenzioni delle case di cura, da gruppi di affari siciliani e nazionali. Io non voglio mettere crocifissioni a nessuno, però, la vicenda della clinica di Bagheria non mi pare che sia stata una vicenda riconducibile ad un medico personale, perché anche Tutino era stato medico personale di Cuffaro, mi pare che per ben altro è stato accusato Cuffaro. Mica è stato accusato dell’amicizia…
(Proteste in Aula)
FALCONE. C’è l’assessore di Cuffaro!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, avrete la possibilità di intervenire con calma, non c’è bisogno di innervosirsi!
CROCETTA, presidente della Regione. Io non sto accusando Cuffaro di niente, se volete tergiversare, fatelo. Io non sto accusando Cuffaro, ho detto che ai tempi di Cuffaro questa era la rappresentazione mediatica. Chiaro? Quindi, non ho detto che io condivido quelle accuse, per essere chiari, e io non mi accanisco nei confronti di una persona che sta pagando civilmente le proprie responsabilità. Non sono abituato, sono fra coloro che persino si astennero, contrariamente a molti di voi che lo hanno difeso, in atti che sono stati fatti in questo Parlamento contro Cuffaro. Io non mi dimetto, è inaccettabile che io mi possa dimettere sulla base di motivazioni inesistenti. Non credo che questo sia il momento di discutere sulla politica del Governo che rientra nel normale gioco democratico, poiché agli occhi di coloro che ci osservano potrebbe sembrare un atto di killeraggio politico sulla base di una campagna denigratoria basata sul nulla. Voglio ricordare qui che, in fatto di questione morale, il nostro Governo non ha fatto sceneggiate ma atti concreti. Voglio ricordare: le denunce sul sistema “Giacchetto”, le decine di milioni di euro utilizzate impropriamente dal sistema “Ciapi”, le denunce e gli scandali sulla formazione, la revoca dell’appalto di 155 milioni di euro di un’assicurazione sanitaria che doveva costare 30 milioni di euro, i tagli per centinaia di milioni di euro degli sprechi sui farmaci frutto di prescrizioni molto anomale: Palermo, Messina, Catania erano le capitali mondiali delle prescrizioni dei farmaci contro l’osteoporosi, come se in Sicilia non ci fosse il sole, oppure le nostre condizioni alimentari fossero biafrane, frutto di politiche, sicuramente, che non ci riguardano; i tagli di centinaia di migliaia di euro in tutti i settori dei dipartimenti della Regione sul costo di beni e servizi, documentabili basta andare a guardare il bilancio, la lotta agli sprechi, io ho qui le carte in ogni caso; la denuncia, qualche volta il licenziamento, in atri casi di funzionari e dirigenti responsabili di fatti gravi, la rotazione massiccia di funzionari e dirigenti per impedire la cristallizzazione di posizioni. 
La proposta, invece, che poi questo Parlamento ha approvato di norme di incompatibilità per deputati, assessori e dirigenti, la cui severità non ha riscontro in nessuna parte del Paese, la fissazione del tetto massimo del compenso a 160 mila euro dei dirigenti regionali è la più bassa d’Italia, la riduzione, un mese dopo la mia elezione, del 20 per cento del salario accessorio di tutti i dirigenti, la revoca, dopo tre mesi dalla mia elezione, di 38 appalti sospetti di infiltrazioni mafiose, la denuncia degli appalti irregolari e sospetti di infiltrazioni al CAS, l’avvio del procedimento dentro quell’ente - e siamo quasi alla conclusione - di revoca di una società che gestisce tutta la progettazione tecnica delle autostrade siciliane in proroga da 30 anni, senza mai concludere quella progettazione, l’accertamento da parte di Riscossione Sicilia di 800, per carità, c’è anche qualcosa che non c’entra nulla, come si è più volte precisato, però, in linea di massima quel 90% regge, che gli 800 soggetti debitori per un miliardo di euro nei confronti della Regione siciliana che stiamo recuperando, per essere chiari; il taglio netto delle spese di rappresentanza del Presidente e l’assoluto inutilizzo di tutte le somme per le spese riservate sia pure laddove io ho ampia discrezionalità secondo la legge. Il taglio netto dell’Ufficio stampa dove 21 giornalisti erano stati tutti inquadrati come capo redattore, che qualche odio e qualche rancore credo che possa avermelo creato. Il taglio delle spese della comunicazione, che prima erano di 80 milioni in tre anni, attraverso l’utilizzo dei Fondi europei e che, invece, sono stati, nei miei tre anni, di 3 milioni di euro che persino nuoce al necessario sostegno che dovremmo dare all’editoria siciliana. Il taglio netto di consulenti che non possono essere più di uno per ogni struttura con un compenso massimo di 2 mila euro al mese, laddove prima avevamo compensi di 10-15-20 mila euro e molti consulenti. La denuncia dei terreni della riforma agraria rubati al popolo siciliano da parte, anche, di alcune famiglie mafiose. Siccome sono denunce fatte alla Magistratura, si dice che siccome questa sarebbe un’antimafia finta, vediamo tutti quelli che fanno l’antimafia vera se, oltre ad avere fatto il nome di Andreotti che non ammazza nessuno, abbiano fatto magari il cognome di un dirigente del Comune. La denuncia della mafia del pascolo che ha portato a diverse minacce nei miei confronti e ha determinato la scorta per il presidente Antoci del Parco dei Nebrodi e per il sindaco Fabio Venezia di Troina. Fatti. Il contributo di solidarietà che abbiamo chiesto l’anno scorso con la finanziaria del 2014 ai pensionati siciliani e, persino, con sofferenza l’allineamento che abbiamo fatto delle pensioni dei regionali a quelle dello Stato laddove noi tutti quanti dobbiamo essere impegnati a dare ai regionali il recupero di quei contratti che i dipendenti dello Stato hanno avuto e che, invece, i nostri lavoratori non hanno perché uguali sì, ma discriminati no! Il taglio di 3 milioni di sprechi che sono stati fatti: duemiliardi e sette nelle prime due finanziarie e 350 milioni in quest’ultima della Regione cercando di non attaccare lo stato sociale, tagliare gli sprechi. Il licenziamento di ex PIP con 416 bis, la maggior parte dei quali scoprivamo, man mano con notizia di stampa, collocati nella maggior parte in quasi tutte le cosche di Palermo. Il licenziamento di ulteriori 500 ex PIP in assenza di requisiti previsti dalla legge per accedere al lavoro presso le pubbliche amministrazioni e questo lo abbiamo fatto anche alla SEUS dove ce ne sono stati una cinquantina di persone che non aveva i requisiti. Lo abbiamo cominciato a fare fra i forestali, l’abbiamo cominciato a fare in tutti i settori dell’Amministrazione creandoci, se permettete, qualche inimicizia non del livello, ovviamente, di quello che viene dall’Espresso ma, sicuramente, che ha messo in discussione, a volte, la sicurezza dei dirigenti, assessori e tanti altri, oltre le perdite di consensi. Ma io non ho lavorato per il consenso in questi anni, ho percepito questo mio lavoro come una missione per mettere in regola i conti a questa Regione e consegnare ai futuri presidenti della Regione una Regione priva di problemi, altrimenti avrei fatto altre scelte di consenso. Le numerose ispezioni in tutti i settori della vita amministrativa della Regione e le conseguenti denuncie, fra le quali cito per economia di tempo e per non compromettere atti che sono attentamente valutati, di una presunta truffa ai danni dell’IRFIS per circa 600 milioni di euro, quella relativa alla svendita del patrimonio immobiliare per 500 milioni di euro ed altro ancora che io stimo intorno ai due miliardi di euro che risolverebbero tutti i nostri problemi finanziari. Quante altre cose non vanno? È chiaro che chiunque domani può trovare una irregolarità, oppure dire “questo non è stato fatto”. Però, sinceramente, dire che questo Governo non ha fatto la lotta alla mafia, mi si citi quale Regione in Italia, quale Governo nazionale, quale Comune in Italia ha fatto queste cose. Me lo si citi! Quante cose ancora non vanno? Credo tante. Vorrei dire, come affermava Pier Paolo Pasolini, che di tante cose io so ma non ho le prove, ma so. Io perdono sempre, anche quando mi si fa del male gratuito. Potrei citare anche fatti amministrativi, come i successi raggiunti nella Programmazione europea che nei cinque anni precedenti aveva certificato il 12,5 per cento e noi, adesso, siamo, in due anni e mezzo, all’85 per cento dell’erogato. Basterebbe solo questo a giustificare l’azione di questo Governo, laddove la Sicilia, con sistematicità, faceva ritornare i fondi europei a Bruxelles, dandoli alla Germania invece che all’utilizzo dei popoli in difficoltà. Ma io non voglio parlare di politica stamane, in questa seduta. La politica divide e, sicuramente, voi avrete valutazioni differenti da quelle mie sull’attività di Governo e non può che essere altrimenti, perché fa parte della democrazia che io rispetto. Lo potremo fare in un’altra seduta all’uopo dedicata, dove discuteremo di ciò che si è fatto, di ciò che non si è fatto, di ciò che faremo, di ciò che potremo fare, ma non, sicuramente, dei fatti collegando le vicende politiche ai fatti di oggi, di questi giorni, perché tutto hanno sollevato eccetto vicende politiche che mi riguardano, semmai hanno sollevato la strumentalità di una parte politica che ha voluto utilizzare questi argomenti per il killeraggio politico. Potremmo parlare anche dei risultati di un Parlamento che ha adottato importanti leggi e si appresta ad approvarne altre ancora più importanti e urgenti per la Sicilia, che è stato capace di autoridursi i compensi, mentre una campagna nazionale leghista continua a rappresentare questo Parlamento e la Sicilia come il regno di ogni spreco. Siamo stati la Regione italiana che, in questi tre anni, ha tagliato di più. Solo che a Roma o a Milano non lo dicono, solo che il risultato positivo di tali tagli - dice la Corte dei Conti - è stato vanificato da tagli incostituzionali che diversi governi nazionali, in questi anni, hanno continuato a imporre alla Sicilia. L’azione denigratoria di questi giorni avviene in un momento in cui siamo impegnati, con il Governo nazionale, a risolvere i problemi finanziari della Regione, in una situazione che, per effetto del taglio ai trasferimenti degli ultimi anni, e anche di sprechi del passato, e la mancata attuazione dello Statuto in materia di entrate, di risorse finanziarie legate alle funzioni onerose che ha la Regione siciliana…dicevo impegnati in una situazione che se non stessimo affrontando, avrebbe potuto produrre certamente un “default greco” che avrebbe potuto trascinare l’intero Paese. Non mi dimetto, poiché io non sono un irresponsabile e non voglio lasciare decine di migliaia di lavoratori senza lavoro e senza salario. Nessuno si illuda che l’eventuale fallimento della Sicilia non tiri dentro il bilancio dello Stato.  Non posso dimettermi perché sono garante dello Statuto. Per citare il nisseno Alessi, padre, assieme al gelese Aldisio, dell’autonomia siciliana, quell’Alessi che l’8 febbraio – che è persino il giorno del mio compleanno – del 1997 afferma: “Adesso il nostro Statuto viene indicato non come il verme roditore dell’Italia; ora viene indicato come testo di un certo sapore federalistico” - erano i tempi in cui il modello Sicilia, in nome delle politiche federalistiche che avevano scelto i governi, diventava la base per il federalismo del Paese; ma la politica è mutevole e alcuni, forse, si illudono di potere fuggire al ruolo democratico - “di un certo sapore federalistico, che si offre per rimediare con alto potenziamento unitario, alle singole regioni. Io ne gioisco, poiché lo Statuto vilipeso e oltraggiato risorge con una insospettabile operatività. 
Oggi tutti chiedono quello che prima dicevano – bestemmiando – nefando”. In questi mesi siamo in una fase diversa: come cambia la storia e come cambiano i giudizi. Da quel citato Alessi, qualcuno da Roma o da Milano, e persino in Sicilia, continua a dire che lo Statuto è “verme roditore”, rievocando i pregiudizi di sempre nei confronti di una Sicilia massacrata per secoli, subordinati ai gruppi imprenditoriali del nord, che vogliono, ancora una volta, riprendere gli affari di sempre. Quella Sicilia che avrebbe bisogno di circa quaranta miliardi di euro per completare quella rete infrastrutturale, autostradale, stradale e ferroviaria che le Regioni del nord hanno avuto da diversi decenni, e qualcuno persino da oltre un secolo. Io non ci sto! Come ho scritto in un mio recente libro, non ci sto al massacro della Sicilia e del popolo siciliano. Non ci sto alla campagna denigratoria architettata contro di me. Non ci sto a chinare la testa di fronte ai potenti di sempre. Sono un uomo libero! Lo sono sempre stato. Forse pago qualche mia ingenuità e vi chiedo persino perdono per questo. Ma non accetto che coloro che si sono battuti e, per essere chiari, non mi riferisco ai deputati, mi riferisco ad alcuni gruppi, anche editoriali; per eliminare allusioni, eccetera, così evitiamo. Coloro che si sono battuti e, magari, potevano o possano ancora essere interessati a quattro termovalorizzatori da realizzare in Sicilia, possano continuare ad essere tra i principali protagonisti dell’affossamento dei governi siciliani e delle istituzioni siciliane! Il mio non è un sicilianismo di maniera, ma quello vero di un uomo libero della Sicilia, figlio di un operaio precario e di una madre sarta, che hanno lavorato con dignità per tutta la loro vita per fare studiare quattro figli, quando non se lo potevano economicamente permettere. Non sono figlio di potenti famiglie che hanno governato questa Sicilia e questo mi rende ostile al solo, vero, “Cerchio magico” che continua ad esistere in Sicilia quello degli affari, che a volte collude con le massonerie deviate, che a volte collude con gli affari mafiosi di una “Cosa nostra” che non è più stragista, ma intarsiata negli affari, anche della Regione da anni, e che sa, sapientemente, orchestrare i giochi che contano, utilizzando - in molti casi senza consapevolezza degli utilizzati - tutti gli strumenti. In una testimonianza, resa nell’aprile del 2014 presso il Tribunale di Firenze, da parte di un collaboratore di giustizia, quel collaboratore dichiara: “Esiste un progetto per eliminare Crocetta, che è un condannato a morte. Quella sentenza di morte non può essere revocata perché emanata fin dal 2005, quando Crocetta licenziò la moglie del boss Emmanuello”. Non conosco molti casi del genere, sinceramente, in Italia. “Non può essere revocata, perché chi l’ha emessa è morto nel dicembre del 2008, quando il boss morì in un conflitto a fuoco con la Polizia e quando i familiari dei boss fecero scrivere sulle prime pagine di tutti i giornali italiani che il mandante della morte di Daniele Emmanuello era il sindaco Crocetta, riconfermando quella condanna”. Lo stesso collaboratore dice che: “Nei confronti di Crocetta bisognava attuare una campagna denigratoria e, quando non avrebbe avuto più incarichi istituzionali e sarebbe stato senza scorta, lo si doveva uccidere nel corso di un finto incidente in modo tale che non morisse da eroe antimafia”. Tutto riportato nei testi di pubbliche dichiarazioni, in un Tribunale. Io non mi sento né eroe né, tanto meno, eroe dell’antimafia, per sgomberare ogni logica! Né, tanto meno, vittima dell’antimafia. Anzi, ritengo di essere uno di quelli che la mafia lo dovrebbe denunciare per mobbing, per tutto quello che ho combinato. Fino ad ora, mi pare che hanno subìto più loro che io. Certo, stavolta, un po’grossa l’hanno fatta. Mi sento solo un uomo fedele alle istituzioni, e sono un uomo fedele alle istituzioni, che fa il proprio dovere, talvolta facendo anche degli errori, in buona fede, come può accadere a tutti gli esseri umani, errori che sono disponibile ad ammettere e per i quali vi chiedo scusa, che hanno utilizzato qualche mia ingenuità. Io non credo, sinceramente, che possano esistere uomini di destra o di sinistra, che possano rendersi complici di tanta infamia e di tanto massacro. Mi rifiuto di pensare che le logiche machiavelliche possano prevalere rispetto al dovere di tutti quanti che abbiamo di tutelare la democrazia del nostro Paese, non solo in Sicilia, a questo punto. Il “novello principe” dice Gramsci, cioè la politica, è l’architetto di una nuova società, l’architetto non l’esecutore di giudizi interessati o di campagne diffamatorie di alcuni media, l’architetto, cioè colui che progetta una società. Io credo che in questa circostanza occorra valutare anche la possibilità di un’azione risarcitoria, per miliardi di euro, da parte della Regione Siciliana per i danni che sono stati creati per l’annuncio di una vicenda inesistente, perché questo crea ostilità, diffidenza negli operatori, nell’imprenditoria, crea una possibile dinamica di abbassamento del rating e, quindi, crea danni incalcolabili e, pertanto, credo che occorra persino farlo per fare smettere, ai tanti nemici della Sicilia, di infangare continuamente questa nostra Terra. Non credo che questo sia il momento di fuggire o persino di resistere, credo invece sia quello della ribellione contro coloro che continuano a coltivare un’idea terribile della Sicilia, e noi abbiamo tutti quanti la responsabilità di difendere questa Sicilia. Abbiamo riforme urgenti da definire e cose che se non adottate potrebbero persino causare il disastro. Un uomo pubblico non sfugge ai propri doveri e credo che questa idea sia al centro della scelta che voi deputati avete fatto candidandovi. 
Abbiamo tutti quanti delle responsabilità di fronte al popolo siciliano, non possiamo accettare l’azione denigratoria di coloro che dicono che siamo legati al nostro posto per difendere un’indennità; tutto ciò è offensivo e volgare per il Parlamento e per le istituzioni, non aderirò mai ai cori populisti che fanno le loro fortune utilizzando l’azione denigratrice. Invito a condividere l’idea di completare l’avvio, credo che sarà entro un mese, della programmazione europea e di alcune riforme indispensabili salva Sicilia e, poi, voi e solo voi senza diktat romani o di potere paralleli, potrete decidere la fine di questa legislatura. E’ al Parlamento sovrano che spetta questa decisione che non può essere presa di fronte, però, ad un castello di menzogne, che va presa come scelta politica sulla base di una valutazione, se è opportuno o meno continuare o se è necessario procedere alle elezioni democratiche. Io non ho niente da conservare, ho soltanto da perdere le catene, lo dico veramente, perché non ho aziende, non ho interessi, non possiedo proprietà e non ho niente da difendere se non riconquistare una libertà, però, non posso stare al fatto di accettare questo gioco infame e non credo che possa esserci un Parlamento che possa starci. Per chi suona la campana, dice un famoso titolo di un romanzo? E’ suonata per me. Mi dispiace, onorevole Cordaro, che abbiate pensato che ciò che dicevano i media fossero le mie parole, assolutamente no. Per chi suona la campana? Oggi, l’hanno fatta suonare per me. Mephisto ha scritto: “E’ la storia di un delitto imperfetto”, e se domani ne fanno un altro perfetto? Con finti dossier, con voci simulate e li fanno sentire e, poi, tecnicamente si accerta. Quante cose si possono fare per distruggere un uomo, un’Istituzione! Ma qui, guardate, non è un attacco alla mia persona.
CASCIO Francesco. Noi siamo esperti di queste cose. Ce ne intendiamo!
 CROCETTA, presidente della Regione. C’era quella famosa frase di Don Abbondio “Omnia munda mundis”, però io direi…
IOPPOLO. Lo disse Fra Cristoforo.
CROCETTA, presidente della Regione. Sì, Fra Cristoforo, perché Don Abbondio non l’avrebbe mai potuta dire, non avrebbe avuto mai questo coraggio, però, ne voglio dire un’altra che mi viene in questo momento “Omnia immunda immundis”. Quindi, vi invito a completare l’idea, a completare le cose più urgenti che abbiamo ed a fare, politicamente, le valutazioni che vorrete. Un uomo delle istituzioni ha il dovere di combattere fino in fondo, in difesa dell’onore delle medesime. Il Parlamento può decidere in qualsiasi momento di staccare la spina ma se lo facesse, in questo momento, potrebbe rendersi complice di un’azione eversiva di sciacallaggio, che non la storia ma la realtà e l’attualità hanno già smentito. Un’azione che si è dimostrata basata sul nulla, motivata da ragioni oscure che, prima o poi, dovranno venire fuori. Mi perdonerete la licenza, vorrei concludere con una poesia di Lou Salomé…
MUSUMECI. Eravamo parenti!

CROCETTA, presidente della Regione. Dovrebbe esserti persino cara, anche perché venne musicata da Friedrich Nietzsche, quindi, come vedi le mie ispirazioni culturali sono molto ampie, non sono così monocorde. La poesia si intitola: “Preghiera alla vita”. Ve la leggo: “Certo così un amico ama l’amico, come io amo te, vita misteriosa, sia che in te io abbia esultato, pianto, sia che tu mi abbia dato felicità o dolore. Io t’amo con tutte le tue afflizioni e se tu mi devi sopraffare, mi separerò del tuo braccio come ci si strappa dal petto di un amico. Con tutte le mie forze ti stringo a me. Lascia che le tue fiamme mi assalgano, lascia che nelle vampe della lotta io possa sondare il baratro del tuo mistero. Essere, pensare per millenni! Prendimi fra le tue braccia, non hai più altra felicità da darmi, bene hai ancora la tua pena”. Qualsiasi infamia, qualsiasi attacco, ho sempre recitato questa poesia e l’ho mandata sempre, in copia, ai miei amici nei momenti più difficili della loro vita, ed è questo senso di affidarsi in qualche modo all’infinito, a quell’infinito che non macchia una coscienza, quando non esiste alcun inchiostro che la possa macchiare. Vi chiedo una cosa, cortesemente: sono venuto qui con uno spirito che illustra una vicenda, racconta fatti ed anche sensazioni personali. E’ chiaro che il Parlamento è sovrano, farà un dibattito, ognuno dirà come la pensa, ma io preferisco, oggi, non replicare a quel dibattito perché non lo considero una questione politica. Quando vorrete fare un dibattito politico, sulle questioni di Governo riguardanti la Sicilia, allora sarò pronto a relazionarmi, portare dati, accettare filippiche e replicare anche duramente, ma non in questo momento, perché credo che lo scenario di questa vicenda abbia tutt’altre basi e tutt’altre ragioni. (Applausi)

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