Venti anni fa si votò per il referendum sulla preferenza unica; fu il
referendum che ha destrutturato il sistema politico della Prima Repubblica.
Volendo tirare il bilancio dei cambiamenti verificatisi nella vita politica italiana in questi vent'anni, non pare ci siano dubbi che le aspettative che motivarono l'iniziativa referendaria siano state ampiamente tradite.
-Il bipolarismo è rimasto debole, perchè incapace di garantire un'efficace funzione di rappresentanza ed una dignitosa governabilità.
-L'antipolitica (ed il populismo) hanno avuto il sopravvento sul confronto tra gli schieramenti.
-La discussione pubblica non è recentemente rimasta impegnata sulle questioni da cui dipende il destino di tutti.
-E' emerso un protagonismo soggettivo e di opinione che si è esteso dalla politica all'economia, alle relazioni sociali.
Volendo tirare il bilancio dei cambiamenti verificatisi nella vita politica italiana in questi vent'anni, non pare ci siano dubbi che le aspettative che motivarono l'iniziativa referendaria siano state ampiamente tradite.
-Il bipolarismo è rimasto debole, perchè incapace di garantire un'efficace funzione di rappresentanza ed una dignitosa governabilità.
-L'antipolitica (ed il populismo) hanno avuto il sopravvento sul confronto tra gli schieramenti.
-La discussione pubblica non è recentemente rimasta impegnata sulle questioni da cui dipende il destino di tutti.
-E' emerso un protagonismo soggettivo e di opinione che si è esteso dalla politica all'economia, alle relazioni sociali.
E' prevalsa in buona sostanza l'idea che solo un decisore solitario, più
capace di tutti, possa trovare le soluzioni giuste. Ieri Silvio Berlusconi,
oggi magari Mario Monti.
C'è da chiedersi se col ridimensionamento di Berlusconi e Bossi, sia finalmente finito questo ciclo della soggettività.
C'è da chiedersi se col ridimensionamento di Berlusconi e Bossi, sia finalmente finito questo ciclo della soggettività.
Torneremo a partiti organizzati intorno a
una chiara e condivisa visione dei diritti e dei doveri ?
Berlusconi è
stato ridimensionato perché il bilancio del suo governo è stato deludente per non
dire fallimentare; troppe aspettative che aveva alimentato nel Paese sono
rimaste deluse. E non poteva che andare così.
E il prezzo della delusione non poteva essere non pagato anche dalla Lega.
Gestire poi una crisi come quella italiana, stretti come siamo tra un debito pubblico pesantissimo ed un'assenza di sviluppo che deprime i consumi, non è compito facile per nessuno.
E il prezzo della delusione non poteva essere non pagato anche dalla Lega.
Gestire poi una crisi come quella italiana, stretti come siamo tra un debito pubblico pesantissimo ed un'assenza di sviluppo che deprime i consumi, non è compito facile per nessuno.
Alla base del declino di Berlusconi c’è comunque
dell'altro, oltre che la volontà civica di dover punire l'incapace governo. Il Paese guarda ormai con disincanto
al Leader che era riuscito a sedurlo proponendo stili di vita e opportunità
destinate a cambiare il futuro di tutti, deridendo spesso l'etica dei doveri e
spiegando che finalmente era vietato vietare.
Il berlusconismo non è in condizione di dare risposte al sentimento di solitudine degli individui che sentono lo Stato e la politica lontani e sempre più incapaci di confrontarsi con i problemi di una quotidianità drammaticamente vissuta. Chi si interroga angosciato sul proprio futuro non può non sentirsi offeso dal facile ottimismo di chi per tre anni ha sostenuto che l’Italia era in ottima salute.
La fine dell'età di Berlusconi, però è anche la conseguenza di un fenomeno nuovo. Va emergendo un forte sentimento nazionale e, con esso, il bisogno di riappropriarsi di una comune identità dimenticata, di cui Napoletano è l’espressione più alta.
C'è insomma una voglia di coesione, di vivere insieme in pace,che inevitabilmente porta a ritrovare valori che un tempo risultavano condivisi.
C'è però un altro elemento, infine, che fa pensare alla fine di un ciclo politico.
Il berlusconismo non è in condizione di dare risposte al sentimento di solitudine degli individui che sentono lo Stato e la politica lontani e sempre più incapaci di confrontarsi con i problemi di una quotidianità drammaticamente vissuta. Chi si interroga angosciato sul proprio futuro non può non sentirsi offeso dal facile ottimismo di chi per tre anni ha sostenuto che l’Italia era in ottima salute.
La fine dell'età di Berlusconi, però è anche la conseguenza di un fenomeno nuovo. Va emergendo un forte sentimento nazionale e, con esso, il bisogno di riappropriarsi di una comune identità dimenticata, di cui Napoletano è l’espressione più alta.
C'è insomma una voglia di coesione, di vivere insieme in pace,che inevitabilmente porta a ritrovare valori che un tempo risultavano condivisi.
C'è però un altro elemento, infine, che fa pensare alla fine di un ciclo politico.
Sta avvenendo la ridislocazione di alcuni interessi
che normalmente si confrontavano con la politica separatamente su fronti contrastanti e che oggi
invece tendono a fare massa critica, chiedendo il buon governo.
Il mondo dell'impresa, Confindustriua, il mondo cattolico, pezzi di partiti organizzati nel territorio, fasce sindacalizzate di persone impegnate si muovono in sintonia, in piena libertà e manifestano il loro punto di vista.
Allo stato non è chiaro se tutto ciò possa incoraggiare la nascita di nuovi partiti capaci di dare voce a gruppi sociali che si vanno formando, senza avere su di essi mire egemoniche. E non è chiaro se per questa via si possa avere una vera ripoliticizzazione della società. Una cosa pare però certa. Il ciclo della soggettività, dell'individualismo proprietario che ha caratterizzato il funzionamento delle strutture politiche, dovrebbe essersi concluso.
Forse servono ancora tempi lunghi.
Il mondo dell'impresa, Confindustriua, il mondo cattolico, pezzi di partiti organizzati nel territorio, fasce sindacalizzate di persone impegnate si muovono in sintonia, in piena libertà e manifestano il loro punto di vista.
Allo stato non è chiaro se tutto ciò possa incoraggiare la nascita di nuovi partiti capaci di dare voce a gruppi sociali che si vanno formando, senza avere su di essi mire egemoniche. E non è chiaro se per questa via si possa avere una vera ripoliticizzazione della società. Una cosa pare però certa. Il ciclo della soggettività, dell'individualismo proprietario che ha caratterizzato il funzionamento delle strutture politiche, dovrebbe essersi concluso.
Forse servono ancora tempi lunghi.
Non abbiamo bisogno, alla fine di questo ciclo
politico quasi ventennale, di nuovi decisori solitari.
Quello che si auspica non è un percorso facile, ma il
partito personale per uso e consumo di alcuni ai danni di tutti dovrebbe comunque finalmente essere -adesso- un ricordo di cui in tanti dovrebbero vergognarsi.
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