E’ difficile che esista un popolo più ricco di fantasia di
noi siciliani.
Secondo la Procura della Repubblica di Agrigento il sindaco di
Licata, l’ex assessore ai servizi sociali ed il vice presidente del Consiglio
Comunale avrebbero “arrotondato” a beneficio delle proprie tasche una tangente dal
finanziamento concesso dal Comune in occasione della festa patronale locale.
Il sindaco è attualmente ancora in carica nonostante quando è esploso il
caso sia stato arrestato e dopo essere stato scarcerato sia stato sottoposto al divieto di dimora a Licata. Dal 2009
amministra infatti il Comune risiedendo in una frazione di Agrigento, a San Leone.
Le feste patronali in Sicilia sono sempre state sotto l’occhio
attento dei governanti e degli amministratori. Risale peraltro al periodo borbonico il
famoso detto: Festa, Farina e Forca.
Eppure il periodo borbonico, quello della fase iniziale e
riformista di fine settecento, ha mostrato segni di grande saggezza nel
tentativo di ricondurre a ragionevolezza le costose festività patronali.
Il vicerè Domenico Caracciolo rimase sconcertato nel
rilevare come a Palermo si festeggiasse per parecchi giorni e con costi esorbitanti per le casse dell’Erario e della Municipalità
il cosiddetto festino dedicato a Santa Rosalia, nei mesi di luglio di ogni anno.
Ritenendo di fare cosa saggia dispose pertanto che dall'anno successivo al festino da lui partecipato venissero ridotte
le giornate dei festeggiamenti e che con i risparmi realizzati dalle Casse
Pubbliche venissero finanziate specifiche iniziative educative ed umanitarie per
i quartieri più poveri della città.
Ebbene, Palermo, soprattutto i quartieri più poveri della città insorsero e
lanciarono la sfida al molto sorpreso Vicerè. “O la festa o la testa !” fu il
grido che risuonò per le strade ed i quartieri di Palermo in quei giorni.
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