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lunedì 28 novembre 2011

La Sicilia e le feste patronali: nulla di religioso ma occasione di 'allegria'

E’ difficile che esista un popolo più ricco di fantasia di noi siciliani.
Secondo la Procura della Repubblica di Agrigento il sindaco di Licata, l’ex assessore ai servizi sociali ed il vice presidente del Consiglio Comunale avrebbero “arrotondato” a beneficio delle proprie tasche una tangente dal finanziamento concesso dal Comune in occasione della festa patronale locale.
Il sindaco è attualmente ancora in carica nonostante quando è esploso il caso sia stato arrestato e dopo essere stato scarcerato sia stato sottoposto al divieto di dimora a Licata. Dal 2009 amministra infatti il Comune risiedendo in una frazione di Agrigento, a San Leone.
Le feste patronali in Sicilia sono sempre state sotto l’occhio attento dei governanti e degli amministratori. Risale peraltro al periodo borbonico il famoso detto: Festa, Farina e Forca.
Eppure il periodo borbonico, quello della fase iniziale e riformista di fine settecento, ha mostrato segni di grande saggezza nel tentativo di ricondurre a ragionevolezza le costose festività patronali.
Il vicerè Domenico Caracciolo rimase sconcertato nel rilevare come a Palermo si festeggiasse per parecchi giorni e con  costi esorbitanti  per le casse dell’Erario e della Municipalità il cosiddetto festino dedicato a Santa Rosalia, nei mesi di luglio di ogni anno.
Ritenendo di fare cosa saggia dispose pertanto che dall'anno successivo al festino da lui partecipato venissero ridotte le giornate dei festeggiamenti e che con i risparmi realizzati dalle Casse Pubbliche venissero finanziate specifiche iniziative educative ed umanitarie per i quartieri più poveri della città.
Ebbene, Palermo, soprattutto  i quartieri più poveri della città insorsero e lanciarono la sfida al molto sorpreso Vicerè. “O la festa o la testa !” fu il grido che risuonò per le strade ed i quartieri di Palermo in quei giorni.

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