ripreso dal Corriere della Sera
Stile lombardo per risparmiare 785 milioni
Di SERGIO RIZZO E GIAN ANTONIO STELLA
Non è vero che tutti i giudici sono
schiacciati dagli arretrati. Nicola Durante, ad esempio, al Tar di Salerno deve
avere un mucchio di tempo libero. Infatti fa anche il dirigente alla Regione
Calabria.
Due lavori, due stipendi, benefit
deluxe. A partire dall'auto blu. Prova provata
che nelle Regioni, se Mario Monti userà le forbici, c'è da tagliare, tagliare,
tagliare. Si pensi che la Campania ha più dipendenti che Lombardia, Piemonte e
Liguria insieme. E che organici «alla lombarda» permetterebbero risparmi per
oltre 785 milioni.
Dice un rapporto della Corte dei Conti
che quelle Regioni varate nel 1970 per alleggerire lo Stato, si sono via via
gonfiate come un panettone impazzito. Al punto che
oggi quelle 15 che sono a statuto ordinario hanno 40.384 dipendenti. Vale a
dire 78,8 ogni 100 mila abitanti. Tanti, ma vale più che mai la regola del
pollo di Trilussa. C'è infatti chi non arriva a 34, come appunto l'ente guidato
da Roberto Formigoni, e chi sfonda la barriera del suono clientelare come il
Molise. Dove Michele Iorio, dello stesso partito del collega milanese (a
dimostrazione che anche in questo caso le differenze di colore non sono poi
così importanti) governa su un piccolo regno che ogni centomila abitanti di
regionali ne ha 291: 8 volte e mezzo di più.
«Polentoni» e «terroni»? Fino a un certo punto. Tanto è vero che, sempre rispetto all'unità di
misura citata, la «destrorsa» regione Piemonte di dipendenti ne ha 70,5 e cioè
più del doppio dei cugini lombardi. E non ha neppure peso, come dicevamo, la tintura
rossa o blu. Prova ne sia che l'Umbria, da sempre amministrata dalla sinistra,
ha proporzionalmente il doppio dei «regionali» (159 contro 74,5 ogni centomila
residenti) della vicina Toscana. Quanto alla tanto maledetta «Roma ladrona», il
Lazio si ritrova a essere con l'indice 62,8 non solo nettamente al di sotto
della media ma addirittura di regioni comunemente più virtuose quali
l'Emilia-Romagna (68) o la Liguria (68,6).
Una giungla inestricabile. Che dimostra come il principio di autonomia costituzionale abbia avuto
giorno dopo giorno un'interpretazione assai singolare: ogni Regione va per
conto proprio. Con sprechi e diseconomie in molti casi allucinanti. Basti dire
che, se si utilizzasse come criterio generale il parametro della Lombardia (quei
34 «regionali» scarsi ogni centomila residenti) quelle quindici regioni
ordinarie, che hanno esattamente le stesse competenze, potrebbero tagliare
addirittura 23.015 unità. E svolgere gli stessi compiti quotidiani con appena
17.369 persone. Con un risparmio, per le casse pubbliche, di 785 milioni e 350
mila euro l'anno. È la somma che avrebbe permesso lo scorso anno di compensare
largamente il costo (645 milioni) degli interventi d'emergenza per i disastri
ambientali. Oppure permetterebbe di coprire in nove anni il costo del piano
straordinario di infrastrutture per il Sud. Per non parlare dei risparmi
impliciti nel dimagrimento di strutture spesso elefantiache e inefficienti:
ogni ufficio in più, ogni dirigente in più, ogni funzionario in più vuole
mettere becco in questa o quella pratica. Non sono una ricchezza: sono un
lacciuolo supplementare.
Ci sono numeri davanti ai quali è
impossibile non fare un salto sulla sedia. Quei 17.369
dipendenti che utilizzando il «parametro lombardo» basterebbero a far funzionare
le 15 Regioni ordinarie, sono infatti meno di quanti sono oggi in carico alla
Campania (che negli ultimi quattro anni ha ancora gonfiato gli organici di
circa il 10%), alla Puglia, alla Calabria, alla Basilicata. I quali sono
17.607. E non parliamo della Sicilia. Dove, secondo i giornalisti Enrico Del
Mercato ed Emanuele Lauria, autori del libro «La zavorra» (un atto d'accusa
della classe dirigente locale micidiale proprio perché scagliato da siciliani)
i dipendenti complessivi del ciclopico carrozzone guidato da Raffaele Lombardo,
compresi forestali e precari e dipendenti delle Asl, sono 144.147. Ma ne
riparleremo.
Per adeguarsi al parametro virtuoso, il
governatore della Campania Stefano Caldoro sarebbe costretto ad affrontare moti
di piazza: dovrebbe perdere 6.007 dipendenti, con
un risparmio pazzesco, pari a oltre il 68% della spesa per gli stipendi.
Parliamo di una cifra che nel 2009 avrebbe coperto un terzo del disavanzo
sanitario regionale. Ma ancora più dura sarebbe la cura per una Regione "rossa"
per eccellenza come l'Umbria. Il suo personale dovrebbe dimagrire di quasi il
79%, passando da 1.432 a 305 unità. E anche le Marche potrebbero avere
bruttissime sorprese, dovendo scendere da 1.487 a 529 dipendenti. Mentre il
personale di una terza Regione storicamente amministrata dal centrosinistra, la
Basilicata, sarebbe ridotto di cinque volte: da 1.052 a 200.
C'è chi dirà: certo, Stato, Regioni ed
Enti locali sono da sempre un ammortizzatore, soprattutto al Sud. Vogliamo licenziare tutti quelli in soprannumero? Buttare nella
disperazione, di questi tempi, decine di migliaia di famiglie? No, certo. Ma è
fuori discussione che numeri come quelli devono dare risultati diversi.
Garantire un'efficienza diversa. Da recuperare anche attraverso una maggiore elasticità.
E una rottura con vecchi meccanismi inaccettabili a maggior ragione
dall'Europa, chiamata oggi a intervenire per arginare problemi dovuti proprio
alla scarsa credibilità.
Quale credibilità può avere, ad esempio,
una regione come quella campana governata fino all'anno scorso da Antonio
Bassolino dove le promozioni sono state distribuite per anni nel modo indecente
denunciato da un rapporto degli ispettori della ragioneria generale dello
Stato? C'è scritto, in quel dossier, che
pressoché tutti i dipendenti hanno goduto, nel periodo compreso fra il 2002 e
il 2008, di «progressioni orizzontali». Cioè, in gergo tecnico, aumenti di
stipendio concessi nel pubblico impiego a parità di mansione. Fatta eccezione
per 21 persone che proprio non potevano essere salvate a causa di gravi
provvedimenti disciplinari, solo fra il 2004 e il 2005 ne hanno goduto in 7.254
sui 7.275 allora in servizio. Vale a dire il 99,7%. Dov'è, il «merito»? Perché
mai un inglese, un francese, un danese dovrebbero tirar fuori soldi per un
Paese come il nostro se prima non spazza via scelte clientelari e indecenti
come queste? Come la spieghiamo, agli europei, la sproporzione insultante nella
distribuzione dei dirigenti?
Il record assoluto lo detiene il
Molise. Con 320 mila abitanti, non solo ha quei 934 dipendenti regionali di
cui dicevamo. Ma la bellezza di 87 dirigenti: undici volte di più, in
proporzione, di quelli che avrebbe allineandosi alla Lombardia: 8. Ma sono
tante le regioni che perderebbero grappoli di dirigenti: scenderebbe da 221 a
128 del Veneto, da 114 a 35 l'Abruzzo, da 93 a 23 l'Umbria, da 167 a 52 la
Calabria, da 71 a 15 la Basilicata...
Una strage di colletti bianchi. Immaginatevi dunque la preoccupazione, nel caso il nuovo governo decidesse
di mettere ordine, di quel «colletto» di cui dicevamo, il calabrese Nicola
Durante. Un uomo dalla doppia vita. Nella prima guadagna una busta paga come
giudice del Tar di Salerno, dove dicono di vederlo quando c'è udienza e dove
mesi fa ha annullato il sequestro di una casa abusiva perché il decreto di
abbattimento non era stato notificato al titolare dell'abuso ma consegnato a
mano a suo fratello. Nella seconda fa il Capo dell'Ufficio Legislativo della
regione Calabria, dove è stato preso dal governatore Giuseppe Scopelliti con un
contratto da 176.426 euro e 57 centesimi l'anno. Più una «retribuzione annua di
risultato». Più i rimborsi spese «a pie' di lista». Più il «trattamento di
missione nella misura massima prevista per la dirigenza regionale». Più, a
spese dei cittadini, si capisce una speciale «copertura assicurativa della
responsabilità civile e amministrativa per i danni eventualmente arrecati a
terzi o alla Regione nell'esercizio dell'attività istituzionale, ivi comprese
le eventuali spese di giudizio sostenute». «E l'auto blu?», direte voi ansiosi.
Tranquilli: ce l'ha, ce l'ha...
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