La questione lavoro (1)
In questi primi decenni del terzo millennio il problema dell'occupazione giovanile, nel Meridione d'Italia, si presenta con gli stessi interrogativi del post Unità e con le medesime soluzioni dell'intero Novecento: restare e adattarsi alla realtà socio-economica locale, che seppure mostra segni -quà e là- di momenti di vivacità e di stimoli ad intraprendere, nel quadro e nella situazione generale continua ad essere arretrata rispetto al contesto più generale che la realtà comunitaria europea mira a voler diffondere.
Il Corriere della Sera immaginava cinquanta anni fa che il divario socio-economico Nord-Sud si sarebbe risolto ai nostri giorni. Il divario si è allargato, purtroppo. |
I report degli istituti di economia assicurano che annualmente, nel contesto della nuova Europa, ben 40 milioni di persone entrano nel mercato del lavoro e tuttavia le aziende (che dicono di avere necessità di figure lavorative) non riescono a soddisfare il fabbisogno perché le esigenze lavorative vanno sempre più ri-qualificandosi in posti di lavoro di "qualità". La disoccupazione generalizzata -apprendiamo- investe principalmente i giovani, le donne e gli immigrati.
Le crisi petrolifere in passato hanno
sempre indotto le aziende alle innovazioni
Negli anni settanta ci sono stati cambiamenti degli assetti produttivi legati alla crisi del petrolio; è successo allora che si è avviata una rivoluzione tecnologica il cui sviluppo si è concretizzato nella Quarta Rivoluzione Industriale che tutti oggi cogliamo e vediamo nella attuale "società dell'informazione", come i media ci hanno abituani a definirla.
Il lavoro tradizionale che accentrava centinaia e migliaia di soggetti all'interno di stabilimenti si è gradatamente delocalizzato in aree dove il costo del lavoro è inferiore. E' notorio -a modo di esempio- che tutti i centralini telefonici delle grandi aziende, italiane e non, sono localizzati in Albania e che le stesse grandi aziende metalmeccaniche hanno delocalizzato gran parte dei reparti nell'Europa Orientale.
La politica, i centri studi e le Università, e le stesse riviste specializzate, valutano e studiano, ai nostri giorni, se il disagio socio-economico crescente nelle aree "meridionali" di tutta Europa siano da addebitare proprio al nuovo modello di sviluppo, che cogliamo:
--nelle diseguaglianze,
--nelle carenze di opportunità,
--nel lavoro precario,
--nella disoccupazione cronica e crescente.
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In un contesto di trasformazione del ruolo e della funzione del Blog contiamo di affrontare via via queste verità del nostro mondo odierno che va diventando via via sempre più "diseguale", soprattutto nelle zone dove la Politica non sa cogliere i "tempi in cui viviamo".
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