Il micro Comune con 67 dipendenti che ha smesso di pagare gli stipendi
Comitini (Agrigento) ha solo 950 abitanti. I buchi nel bilancio scatenano la faida tra i consiglieri. Il neo sindaco: «Conti catastrofici. Costretto a declassare anche mia moglie»
La conduzione fuori da ogni logica di buona amministrazione ha fatto finire sulle pagine del The New York Times il piccolo Comune di Comitini (Ag) |
«Zucchero non guasta bevanda», rideva il sindaco Nino Contino.
Sessantacinque dipendenti comunali per 950 abitanti, uno ogni 14 anime, erano
troppi? Ma no: «Di più ne vorrei!» E ne aggiunse ancora. Risultato: da tre mesi
il municipio di Comitini, il paese-metafora della Sicilia schiava delle
clientele, non paga gli stipendi. E i consiglieri comunali (per metà agenti di
custodia!) sono in guerra gli uni contro gli altri. Non è un paese come tanti,
Comitini, sulla strada da Agrigento a Palermo. È il paese delle miniere di
zolfo, il paese dove sventolò il primo tricolore risorgimentale girgentino, il
paese dove vissero un po’ della loro giovinezza due premi Nobel, cioè Salvatore
Quasimodo e Luigi Pirandello, che qui raccolse racconti straordinari dai quali
trasse alcune novelle celeberrime. Su tutte «Ciàula scopre la Luna» e «Il
vitalizio» ispirato a un contadino, Antonino Cirino detto «u Saiaru» che, nato
alla fine del ‘700, passò tutto l’800 e morì solo nel 1901 dopo aver quasi
dissanguato don Pietro Di Benedetto che gli aveva comprato un terreno nella
valle dei Templi in cambio d’un vitalizio.
Comitini, borgo pirandelliano
Fatto sta che, forse per devozione all’autore de «Il fu Mattia Pascal»,
Comitini non ha mai smesso di essere pirandelliana. Basti dire che dopo essere
stato fatto conoscere dal Corriere e poi da
Michele Santoro per il record planetario di dipendenti comunali (come se Milano
ne avesse 93mila, Roma 186mila o l’Italia quattro milioni e 285mila: più gli
altri «pubblici») il borgo finì cinque anni fa in prima pagina sul New York Times come simbolo di «una cattiva gestione
delle risorse pubbliche che sta strangolando l’Italia e le altre economie in
difficoltà in tutta Europa». Rachel Donadio, l’inviata newyorkese, non credeva
ai suoi occhi. Due dei nove vigili delegati a gestire un traffico inesistente
se ne stavano seduti al bar: «Vedi, stiamo seduti qui e aiutiamo l’economia
locale». In chiesa stavano celebrando un matrimonio e un po’ di macchine erano
parcheggiate in sosta vietata. «Perché non li multate?» chiese la giornalista.
««Evitiamo. Qui ci conosciamo un po’ tutti, è una città così piccola...».
Un’altra giunta, dal Cile al Kamcatka, avrebbe dato le dimissioni. Nino
Contino, il sindaco di destra che aveva accumulato quella massa di impiegati
(14) e precari in attesa di essere stabilizzati (51) spiegò all’«Arena» di
Massimo Giletti che no, non era imbarazzato affatto: «So bene che 65 lavoratori
comunali in una città di poco meno di mille abitanti sono molti. Ma se non gli
avessimo offerto un lavoro, queste persone sarebbero emigrate, magari in
America». E i soldi per mantenere questi esuberi? Spallucce: «La città non
paga: sono lo Stato e la Regione che lo fanno. I dipendenti sono pagati solo
per il 10% dal Comune».
i ragazzi delle medie in crociera: 35
mila euro
L’anno dopo, mentre Mario Monti faceva stringere la cinghia a tutti gli
italiani, ne inventò un’altra. E anziché sistemare i tombini o togliere le
erbacce, spese 35 mila euro recuperati in Regione più un’altra decina di
migliaia delle casse municipali per mandare in crociera una trentina di anziani
e una quindicina di ragazzi di III media: «È un modo per festeggiare il loro
primo traguardo e non potevamo che farlo approfittando di questa opportunità
economica legata alla crociera». All’arrivo delle nuove elezioni, obbligato
dalle regole sul limite dei mandati, restò fuori. Ma fece vincere i suoi: otto
consiglieri contro quattro. Con la più alta quota planetaria di dipendenti
pubblici. Merito di una leggina che consente a ogni dipendente dello Stato
eletto a una qualsiasi carica pubblica d’essere trasferito dal luogo in cui sta
(Imperia o Pordenone, Sassari o Cuneo) a quello dove deve svolgere il mandato.
Risultato: su dodici membri del consiglio comunale attuale ci sono a Comitini
un poliziotto, un sottufficiale dell’esercito e sei agenti di custodia. Sei!
Imposto come sindaco, però, Felice Raneri, un ex ferroviere che (caso più unico
che raro) aveva lasciato il posto fisso per metter su una aziendina di prodotti
edili, si è via via sganciato: «I conti erano catastrofici. Tantissimi debiti
fuori bilancio. Una massa di fornitori non pagati. Cinque dirigenti a fronte di
nove dipendenti semplici (ho dovuto declassare anche mia moglie Concetta) più
cinquantatré precari in attesa di assunzione definitiva dopo anni di lavoro e
promesse. Per un totale di 67. Due in più rispetto a quando ci avevano sbattuti
sulNew York Times come esempio di cattiva
amministrazione. Non so se mi spiego».
«Fatture senza l’impegno di spesa»
Non bastasse, un diluvio di «fatture senza l’impegno di spesa. Più quelle
di tre avvocati palermitani, anche di grido, assunti dal mio predecessore (che
non si rassegna a mollare l’osso) per vincere in tribunale le penultime
elezioni comunali dato che avevo preso un solo voto (uno solo e
contestatissimo) in più del suo avversario. Per capirci: per restare sindaco
lui prese degli avvocati pagati da tutti i cittadini». Non bastasse ancora,
mesi fa è scoppiato un piccolo inferno: «C’erano dei raccomandati imboscati in
questo o quell’ufficio a non far niente. Essendo stati presi quasi tutti come
addetti al verde pubblico, ho cercato di mandarne una dozzina per le strade.
Non l’avessi mai fatto! Mi hanno denunciato perché non era mai stata fatta loro
la visita medica. Vero, ma non per colpa mia: nessuno ci aveva mai pensato». A
farla corta, a un certo punto Raneri, sempre più nel mirino della destra che
l’aveva eletto, ha scelto di allearsi con la minoranza di centro-sinistra:
«Adesso siamo cinque contro cinque, più due “fluttuanti” che un giorno stanno
con noi e un giorno con gli altri. Ma è inutile parlare di destra e sinistra.
Qui siamo tutti cugini, parenti, cognati… E ormai è una guerra tutti contro
tutti». Impossibile approvare il bilancio: «Fanno mancare sempre il numero
legale». Niente bilancio, niente soldi. Niente soldi, niente stipendi. E sempre
più Comitini si consolida come il paese-metafora di un Sud che si trascina i
problemi, le furbizie e le tragedie di sempre…
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