L'argomento identità degli italiani secondo molti scrittori e saggisti viene collegato ai valori, simboli, miti, personaggi, comportamenti, luoghi dell’immaginario, cibi, gesti, situazioni che, soprattutto all'estero, identificano con l’essere italiani.
Va posto comunque, anche volendo pigliare per congrui questi riferimenti, l'interrogativo su cosa resta oggi immutato di una certa italianità del passato e che cosa invece sia cambiato, e forse notevolmente, sotto l’impatto
- dell’integrazione europea,
- dell’arrivo di milioni di immigrati
- e dei processi di globalizzazione della politica e dell’economia fra i paesi dell'Occidente, e non solo fra essi.
Esiste uno “zoccolo duro” della nostra identità nazionale che continua a permanere nonostante le influenze esterne così numerose e cosi invasive?

Come possiamo descrivere l'identita' dei contessioti, sempre che essi siano riusciti da cinquant'anni in qua' a conservare una propria identita' rispetto al resto dei siciliani, in mezzo ai quali geograficamente convivono ?
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“Il primo passo che occorre compiere è esattamente quello di uscire da una logica puramente identitaria ed essere disposti a compromessi e condizioni che inevitabilmente indeboliscono le pretese solitarie, tendenzialmente narcisistiche e autistiche dell’identità.
Uscire dalla logica identitaria significa essere disposti a riconoscere il ruolo formativo, e non semplicemente aggiuntivo o oppositivo, dell’alterità”.
Il rischio e' che forse deluderemo gli emigrati andati via da Contessa cinquant'anni fa', che magari hanno fatto fortuna in Australia e continuano a pensare -con nostalgia- la Contessa Entellina popolosa, contadina, arbëresh, solidale nella "gjitonia" “Kush ë pa shpi, ë pa gjitoni” (“Chi è senza casa, non ha vicinato”) , custode della propria diversità rispetto ai "busacchinara", etc.
Di quel mondo resta ben poco.
Poco non per colpa del terremoto '68, ma perche' in cinquant'anni davvero l'Italia (ed il mondo) sono cambiati.
Parlarne sara' comunque bene, soprattutto come testimonianza.
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