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mercoledì 3 febbraio 2016

San Giuseppe Patriarca e Artigiano. Chiese, statue, culto e tradizioni a Contessa Entellina e altrove ... ... di Calogero Raviotta

Premessa
Il 3 febbraio nella chiesa parrocchiale greca inizia l’annuale celebrazione speciale dedicata a S. Giuseppe, nota come “Sette mercoledì di S. Giuseppe”. In tale occasione può risultare interessante conoscere il culto dedicato a S. Giuseppe sia a Contessa che in altre località.
S. Giuseppe é conosciuto e venerato in tutto il mondo, dove é viva la tradizione cristiana. Non vi é città, paese o piccolo villaggio, che non abbia una chiesa, una cappella, una nicchia dedicata a S. Giuseppe.
Il nome Giuseppe inoltre é diffuso in tutto il mondo, anche in alcune comunità di tradizione non cristiana, e molte località (città contrade, ecc.) portano il suo nome.
Molte sono inoltre le istituzioni, con finalità culturali, religiose, di solidarietà ed anche commerciali, intitolate a S. Giuseppe (associazioni, confraternite, cooperative, comunità, ecc.).

Iconografia e festa liturgica
Ancor oggi nelle case di molte famiglie, fedeli alla tradizione religiosa popolare, si possono notare appese alle pareti immagini di Gesù, della Madonna e dei santi. Solitamente S. Giuseppe, nell’iconografia devozionale popolare, non é rappresentato da solo, ma con la Madonna e Gesù Bambino (Sacra Famiglia). Una volta una immagine della Sacra Famiglia (bassorilievo in gesso, dipinto o stampa incorniciata) era sempre presente tra i regali di nozze e veniva collocato su una parete della stanza degli sposi, dietro il lettone in alto, (chiamato “capezzale” per questa collocazione).
S. Giuseppe viene raffigurato anche con Gesù Bambino in braccio, mentre  con l’altra mano regge un bastone, che solitamente termina a forma di fiore (giglio).
S. Giuseppe Artigiano, solitamente con la Madonna e con Gesù Bambino, invece viene rappresentato con qualche attrezzo tipico del falegname (sega, martello, tenaglia), vicino al banco di lavoro.
S. Giuseppe nel calendario liturgico di rito romano e ambrosiano é riportato sia il 19 marzo sia il primo maggio (S. Giuseppe artigiano).
Nel calendario liturgico di tradizione bizantina é ricordato la domenica dopo il Santo Natale.
In alcuni paesi la festa liturgica (19 marzo) non coincide con la festa popolare (processione, sagre, manifestazioni folcloristiche, giochi pirotecnici, banda musicale, ecc.), che viene celebrata in altre date  (solitamente una domenica fissa da maggio a settembre), per favorire una maggiore partecipazione (per la buona stagione e perché tempo di ferie e di vacanze) sia alle funzioni religiose (messa, vespri, triduo, processione, ecc.) sia alle iniziative culturali, sportive, ricreative, ecc., organizzate in tale occasione.

Devozione popolare e preghiere
S. Giuseppe viene comunemente invocato aggiungendo al suo nome l’appellativo “Patriarca”. Durante le processioni, i portatori della statua ripetono più volte ad alta voce l’invocazione “Evviva il patriarca S. Giuseppe”.
In alcune comunità la devozione a S. Giuseppe si esprime nella pratica dei “sette mercoledì di S. Giuseppe”: appuntamento settimanale, con celebrazione della S. Messa, recita del “Rosario di S. Giuseppe”, benedizione e distribuzione di pane e pasta, offerti da uno o più fedeli. Alcune famiglie, da parecchie generazioni, continuano a praticare questa tradizione devozionale per S. Giuseppe.
Il “Rosario di S. Giuseppe” é strutturato come il rosario della Madonna: l’invocazione “gloria al Padre, al Figlio...”  é sostituita con “San Giuseppuzzu, fustivu patri, fustivu virgini comu la matri, Maria la rosa, Giuseppi lu gigghiu, datini aiutu, riparu e cunsigghiu. Patriarca immaculatu, di Gesù custodi amatu, caru spusu di Maria, prutiggiti l’anima mia; a li fini di mia morti vui sariti la mia sorti; e nell’ultima agonia, vui salvati l‘anima mia”, segue quindi, ripetuto dieci volte, l’invocazione del solista “San Giuseppuzzu unnabbannunati nda li bisogni e nicissitati”, ed il coro continua con “e sempre lodatu sia lu nomu di Gesù, Giuseppi e Maria”. Esistono varie versioni, in italiano o in dialetto, del “Rosario di S. Giuseppe”, che non viene recitato ma cantato con una melodia recitativa, ripetuta come una cantilena.
Durante le processioni, ad ogni sosta, i portatori della statua di S. Giuseppe, accompagnati dalle note della banda musicale, cantano le lodi di S. Giuseppe: composizioni in versi che descrivono, la vita e le virtù del Santo. Esistono varie versioni locali in lingua italiana o in espressioni dialettali.
Molto suggestiva e originale a Mezzojuso (PA) l’antica tradizione del Transito glorioso di S. Giuseppe”, invocato come avvocato della buona morte.
All’imbrunire del 18 marzo, all’Angelus Domini, mentre i fedeli pregano in chiesa e sul sagrato suona la banda musicale, per tutto il paese si diffonde un festoso scampanio, che termina con sette lunghi rintocchi del campanone, che annunciano il transito di S. Giuseppe. Durante i rintocchi una atmosfera di raccoglimento avvolge misteriosamente tutto il paese e tutto si ferma, tutti si inginocchiano ovunque si trovano e pregano S. Giuseppe, perché conceda loro una buona morte: “Giuseppi n’aiuta, in quell’ora estrema. Lucifaru trema, putiri non ha. Giuseppi ci assiste, in punto di morte, padrone più forte non ce ne sarà”. Dopo il settimo rintocco ricomincia lo scampanio festoso e le note della banda, che annunziano la gloria celeste di S. Giuseppe.
I fedeli della tradizione bizantina, sia cattolici che ortodossi, si rivolgono a S. Giuseppe con la seguente antichissima preghiera (domenica dopo il S. Natale): “Annunzia, o Giuseppe, al divino progenitore David le meraviglie: hai veduto una Vergine partorire, con i Pastori hai inneggiato, con i Magi hai adorato, da un angelo sei stato istruito. Prega Cristo Dio che salvi le anime nostre”.

“Tavolata o altare” di S. Giuseppe
S. Giuseppe viene invocato anche come “Padre della Provvidenza” ed alla sua intercessione si affidano fiduciosi molti fedeli per chiedere particolari grazie, nei momenti più tribolati della vita., promettendo di fare (voto), per uno o più anni, l’“altare” o la “tavolata”, originali mense, imbandite in occasione della festa liturgica, il 19 marzo, nelle case private, sulle strade, sulle piazze sul sagrato e recentemente, per valorizzare le tradizioni locali, anche a scuola.
Chi ha promesso a S. Giuseppe di fare la “tavolata”, ma non ha mezzi sufficienti, chiede umilmente un contributo alle varie famiglie, facendo il giro del paese con un quadro della Sacra Famiglia (atto penitenziale) e ricevendo solitamente offerte in denaro (una volta prodotti naturali: olio, frumento, farina, frutta secca, ecc.).
Per la “tavolata” fatta in casa viene utilizzata la stanza più facilmente accessibile, adornata come un grande altare, che sembra un palcoscenico: le tre pareti, ornate con rami di alloro e di ulivo e con coperte colorate e ricamate, creano uno stupendo scenario, che sovrasta  meravigliosamente  il ripiano,  una   vasto   tavolo  da   pranzo essenzialmente colmo di pane e pasta, destinati ai poveri del paese, e spesso arricchito con tipiche delizie gastronomiche.
Sulla mensa vengono esposti infatti pani (a forma di scala, croce, uccelli, alberi, angeli, ostensorio, bastone, ecc.), vari tipi di pasta, vassoi con verdure cotte e crude (finocchi, borragine, coste, asparagi, cardi, carciofi, ecc.), vassoi di dolci (cassata, cannoli, paste e biscotti di vari tipi, torrone di mandorle e miele, frittelle, ecc.).
In alcune località della Sicilia, vengono considerati piatti rituali: il “maccu di S. Giuseppe” (fave, fagioli, lenticchie, ceci, ortaggi vari, aromatizzati con finocchietto selvatico e conditi con olio di oliva), gli spaghetti conditi con mollica di pane fritto, i “cucciddati”. Il pane esposto nella “tavolata” viene unto con l’uovo, che rende brillante la sua superficie.

Pranzo della Sacra Famiglia e dei Santi
I commensali principali della “tavolata” di S. Giuseppe, per antica tradizione, prendono il nome di un membro della Sacra Famiglia o di un santo. Tutto quello che é stato preparato per le mense di S. Giuseppe (pane, pasta, dolci, verdure, ecc.)  deve essere consumato dagli invitati e quanto rimane viene distribuito a parenti, amici, visitatori, famiglie del vicinato, poveri del paese, ecc. Secondo la tradizione, tutti il giorno di S. Giuseppe devono mangiare almeno un pezzetto di pane dell’“altare”.
I membri della ‘Sacra Famiglia” (Gesù Bambino, Madonna e S. Giuseppe) ed i “Santi” hanno il posto riservato nella “tavolata”, contrassegnato dai grandi pani (variante da otto a dieci chilogrammi) a forma circolare (Cucciddata), ciascuno dei quali ha un simbolo (sempre fatto di pane): mondo con sopra una crocetta (Gesù), lettera M tutta ornata (Madonna), barba o bastone con giglio (S. Giuseppe), piattino con due occhi (S. Lucia), panino (S. Nicola), giglio (S. Antonio di Padova), chiavi (S. Pietro), cerva (S. Calogero), spighe o mucca (S. Isidoro).

S. Giuseppe a Contessa Entellina
Quanto sopra descritto in gran parte si rinnova ogni anno anche nella tradizione ancora viva a Contessa.: alcuni devoti fanno "l'altare di S. Giuseppe", molto numerosa la partecipazione alle preghiere nei "mercoledì di S. Giuseppe", è noto e recitato il "rosario di S. Giuseppe", ogni anno viene celebrata la festa (vespero, messa, processione, banda musicale, giochi pirotecnici).
La Congregazione di S. Giuseppe, con circa 250 soci, opera a Contessa dal 1923. La Congregazione ha una cappella dedicata a S. Giuseppe nel cimitero comunale.
Nella chiesa parrocchiale greca, nella cappella laterale dedicata al Santo, è custodita la statua di S. Giuseppe, che ogni anno è portata in processione il 19 marzo.
Una piccola chiesetta dedicata a S. Giuseppe si trova nel "Parco delle rimembranze": costruita nel 1927, è stata recentemente restaurata ed ogni anno vi si svolge la commemorazione dei caduti in guerra (4 novembre).
La vigilia di S. Giuseppe, la sera il parroco, accompagnato dai cantori, visita tutti gli "altari di S. Giuseppe" e dopo la benedizione tutti cantano le lodi di S. Giuseppe in dialetto siciliano. Anche altri gruppi di cantori, accompagnandosi con strumenti musicali, visitano gli "altari" e cantano le lodi. Gli "altari" possono esseri visitati da tutti. A Contessa il nome Giuseppe risulta tra i più diffusi sia tra gli uomini sia fra le donne.
Infine può risultare interessante conoscere quanto rimasto nella memoria popolare in merito ad alcune espressioni del parroco di Contessa, che, nella sua omelia durante la solenne celebrazione della S. Messa, per mettere in risalto l’importante posizione di primo piano riconosciuto a S. Giuseppe tra i santi in paradiso, ha richiamato l’attenzione dei fedeli con queste parole: ”…. guardando la statua di S. Giuseppe, esposta qui davanti, pronta per la processione, voi vedete un vecchietto curvo appoggiato al suo bastone, con Gesù Bambino in braccio, un uomo ormai avanti negli anni, ignorato come tanti anziani. Vi sbagliate! Quando per le vie del paradiso passa S. Giuseppe, tutti mostrano grande rispetto e timore, perché la sua parola là conta molto”.
Si tramanda che il parroco avesse usato un linguaggio molto più colorito delle frasi sopra riportate in italiano (verso la metà del XIX, il parroco predicava nella lingua albanese parlata a Contessa).
Nota – Il testo sopra riportato fa parte della collana di monografie dedicate dall’Associazione “Nicolò Chetta” alle varie espressioni del patrimonio culturale locale di Contessa (contessioti noti e meno noti - S. Giuseppe - Chiesa S. Rocco - Festa dell’otto settembre -  S. Michele arcangelo l’otto maggio -  La Madonna della Favara è un’odigitria -  Parrocchia di Piano Cavaliere - Cappella S. Rosalia - La vara della Madonna della Favara - La Valle dei mulini -  Cimitero e confraternite -  Poeti, scrittori e artisti locali – Icone, iconografi e iconostasi a Contessa - ecc.)



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