"Crea l'unità fra tutti noi che comunichiamo
all'unico pane e al calice, nella comunione dello Spirito Santo"
La volta scorsa abbiamo svolto il tema della Luce, tema a cui la Chiesa orientale è legata in modo del tutto particolare, con ovvi riflessi sulla vita interiore e sull'esperienza dei credenti.
E' opportuno intrattenerci ancora un poco su questo tema.
La seconda settimana della Grande Quaresima è definita "settimana della Luce". In verità tutto il periodo quaresimale è ricco di insegnamenti liturgici ed è volto verso il fine stesso della vita che è indicato proprio in termini di Luce.
Nella domenica si legge un brano della prima lettera di s. Pietro dove ...gli angeli restano stupiti per la volontà divina di inviare agli uomini il vangelo dello Spirito Santo.
Ecco perchè nelle icone gli angeli si velano il volto.
Un personaggio russo del primo Novecento di grande spessore filosofico, teologico, scientifico e spirituale, Pavel A. Florenskij, fucilato nei campi di sterminio staliniani, asserisce nei suoi innumerevoli scritti che indipendentemente dall'oggetto di ricerca, dalla pluralità dei contenuti, dalla pluralità dei significati e dai differenti codici linguistici, ogni realtà umana deve poter accogliere -per essere intesa in pienezza- anche la presenza del divino, del celeste. Solo affiancando, ai significati umani dei fatti e delle vicende, l'intento ultimo, con gli ovvi colori del relativo, la creatura umana riesce a dipingere l'assoluto.
Questa intuizione di Florenskij, definito per la sua poliedricita' culturale, il Leonardo del Novecento, non e' altro che lo stesso dinamismo e la stessa tensione polare tra l'umano e il divino, il terrestre ed il celeste, il visibile e l'invisibile, l'istante e l'eterno che percorre dall'inizio alla fine la Divina Liturgia bizantina.
Restando ancora sul pensiero di questo martire della violenza stalinista c'è da aggiungere che per lui vita e pensiero, fede e ragione, cristianesimo e cultura laica, invenzione scientifica e creazione artistica costituiscono una unica indissolubile realtà, una unica totalità organica. Coltivava infatti la visione integrale del mondo e l'unità della conoscenza al di là delle specifiche aree di ricerca.
La vita arrecata dallo Spirito, per lo scienziato-filosofo-sacerdote russo, è da intendere come una vita nuova, che raramente si interroga su Dio (che mai nessuno ha visto) e punta a scoprire nella vita e nelle vicende dell'uomo la presenza del divino (divinizzazione= theosis).
La teologia e la Liturgia bizantina, prive entrambi di speculazioni astratte che di contro abbondano in Occidente, puntano su un culto luminoso attinto direttamente dall'economia divina (Vangelo) così come sperimentata, vissuta e celebrata nella tradizione viva della Chiesa.
Da questo punto in poi ci occuperemo della Divina Liturgia nei suoi contenuti.
Premesso che il termine "chiesa" vuol dire assemblea e che "riunirsi in chiesa" significa costituire l'Assemblea, è conseguente che il primo atto, l'inizio della prima parte della Divina Liturgia è costituito dal raccogliersi in chiesa (inteso come edificio) dei fedeli.
La finalità del raccogliersi in chiesa (ovvero del costituire l'Assemblea) è la preghiera dei fedeli che partecipano alla Liturgia eucaristica per far doni al Signore.
Liturgia come sacramento dell'Assemblea.
Premesso che il termine "chiesa" vuol dire assemblea e che "riunirsi in chiesa" significa costituire l'Assemblea, è conseguente che il primo atto, l'inizio della prima parte della Divina Liturgia è costituito dal raccogliersi in chiesa (inteso come edificio) dei fedeli.
La finalità del raccogliersi in chiesa (ovvero del costituire l'Assemblea) è la preghiera dei fedeli che partecipano alla Liturgia eucaristica per far doni al Signore.
Liturgia come sacramento dell'Assemblea.
L'espressione "quando vi radunate in Chiesa" (1 Cor. 11,18) non si riferisce, quindi, all'edificio della chiesa ma alla formazione di una riunione, di una assemblea.
Lo scopo dell'assemblea è quello di formare e realizzare la chiesa.
Se nessuno si presenta all'Assemblea, in chiesa, il sacerdote non celebra -nel rito bizantino- la Divina Liturgia. Non così nel rito romano.
La Divina Liturgia si fonda sulla reciproca interdipendenza tra chi presiede (il papàs) ed i fedeli. Il legame tra celebrante e popolo (ossia i partecipanti all'assemblea) si sostanzia nella "concelebrazione".
La riunione dei fedeli precede quindi l'ingresso di colui che presiede. (Qui sta la motivazione del perchè l'Eparca bizantino fa il suo ingresso in chiesa quando l'Assemblea è costituita e si veste dei paramenti posati sull'altare davanti al popolo).
La riunione dell'assemblea, nel Cristianesimo delle origini, aveva carattere eucaristico, consisteva nel rievocare la "cena del Signore", da qui la triplice unità:
-Assemblea
-Eucarestia
-Chiesa.
La Teologia bizantina spiega:
L'Assemblea consiste, esprime la forma iniziale dell'eucarestia; è il fondamento
della chiesa. L'eucarestia, che nel rito romano è un dei sette sacramenti, nel rito bizantino è il "sacramento dell'assemblea".
La mancata formazione dei fedeli ha portato, pure nelle comunità cattolico-bizantine oltre che in quelle "romane" alla convinzione che l'eucarestia sia un atto di pietà liturgica del tutto individuale e personale. Chi si comunica, in realtà non comunica con gli altri; non fa esperienza viva della tradizione liturgica concreta ma si astrae dalla realtà del vissuto dal resto dell'assemblea.
La teologia occidentale, accademica e poco ecclesiale, procede da presupposti intellettualistici e studia l'eucarestia (come a volerla scindere dall'assemblea) come fatto in sè, come categoria dello svolgimento del rito, dove esisterebbero parti importanti e parti secondarie.
Poco -sembra- importi il contesto liturgico che, invece, dovrebbe dare contenuto.
Il quadro tracciato rende ovviamente difficile intendere l'epiclesi di S. Basilio:
"Crea l'unità fra tutti noi che comunichiamo
all'unico pane e al calice, nella comunione dello Spirito Santo"
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