Armistizio.
Dopo 1'8 settembre i nazisti catturarono 650mila soldati italiani.
Ben 5Omila morirono nei lager. Finalmente un database rende disponibili foto e vicende
I volti e le storie di una deportazione
Umberto Agudio, classe 1906, maggiore della Regia Aeronautica si era
laureato in ingegneria industriale presso la Regia Scuola di ingegneria di
Torino dopo aver frequentato il corso di perfezionamento in armamento
aeronautico presso il Regio Politecnico di Torino nel 1938. Appartenente al
Ministero dell'Aeronautìca-Ufficio Studi ed esperienze, fu arrestato il 3 marzo
del 1944 in Italia «per motivi di sicurezza e resistenza attiva» si legge nel
suo foglio matricolare (nella foto). Deportato ed internato nel campo di
Mauthausen, mon ad Hartheim il 25 novembre 1944, per causa che «si sconosce».
Una sorte diversa, ma non meno drammatica toccò a Domenico Sassone, soldato del
333° Reggimento fanteria, originario di Cosenza, classe 1922. Fu catturato dai
tedeschi il 9 settembre 1943 sul fronte greco. Poi internato negli Stalag XIII
D e ÕØ Ñ. Trovò la morte a Rothenburg per malattia. Alla sua scheda sono
allegate le rare immagini del suo funerale. Due storie, quella di Agudio e
Sassone, che l'Associazione nazionale reduci dalla prigionia (Anrp), in
esclusiva per Avvenire, ha riportato alla luce attingendo dal corposo database
che sarà presentato mercoledì 7 ottobre al Senato della Repubblica alla
presenza del presidente Pietro Grasso. I nomi, i volti, le tappe della prigionia,
le date e i luoghi in cui furono deportati e trovarono la morte oltre 50 mila
soldati italiani catturati dai tedeschi nei vari fronti di guerra dopo 1'8
settembre 1943 saranno finalmente disponibili. Si tratta dell'Aito degli
Internati Militari Italiani caduti nei lager nazisti 1943-1945, realizzato
dall'Associazione nazionale reduci dalla prigionia (Anrp) con il contributo
della Repubblica Federale di Germania (Fondo italo-tedesco perii futuro) in
stretta collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri italiano. Il
database, in lingua italiana e tedesca «colma una grave lacuna storica» spiega
ad Avvenire Enzo Orlanducci, presidente dell'Anrp, sottolineando «la valenza
culturale e antropologica del fenomeno Imi, che va oltre il semplice conteggio
numerico relativo al tributo di vite umane nel travagliato recupero della
libertà del nostro Paese». L'armistizio dell'8 settembre '43 tra l'Italia e gli
angloamericani comportò la cattura di circa 650 mila militari italiani che
furono disarmati dalle truppe tedesche in Francia, Grecia, Jugoslavia, Albania,
Polonia, Paesi Baltici, Russia e Italia, imprigionati, caricati su carri
bestiame e trasferiti nei lager del Terzo Reich sparsi in Europa e in
particolare in Germania, Austria e Polonia. Si aprì il tragico capitolo degli
Imi, definizione decisa con un provvedimento arbitrario del 20 settembre 1943
da Hitler per sottrarre i soldati italiani, considerati dai nazisti
«traditori», alle «tutele» della Convenzione di Ginevra del 1929 e poterli
destinare come forza lavoro per l'economia del Reich. Poco più che ventenni gli
Imi furono quei soldati del Regio Esercito che dissero "no" a
qualsiasi forma di collaborazione con il nazifascismo. Una Resistenza pagata
con sofferenze, torture, privazioni. Decine di migliaia di Imi persero la vita
nel corso della prigionia per malattie, fame, stenti, ucci- siom. Sempre per
ordine del Führer, d'accordo con Mussolini, il 12 agosto 1944 gli Imi furono
trasformati in «lavoratori civili», ma solo formalmente liberi. Tra febbraio e
i primi di maggio del 1945 finalmente la liberazione, che per ciascuno dei
sopravvissuti avvenne in momenti differenti. Il rimpatrio si svolse soprattutto
nell'estate e nell'autunno del 1945 e da Germania, Francia, Balcani e Russia
gli Imi fecero rientro in Italia. Nel Dopoguerra la loro storia fu dimenticata
e solo verso la metà degli anni Ottanta ripresa e studiata da storici e
ricercatori. «Oggi, grazie alla mult
imedialità e alle nuove tecnologie, la storia dei 50 mila Imi morti nei
lager del Reich dopo 1'8 settembre 1943 finalmente potrà essere letta e
conosciuta dal grande pubblico» afferma Orlanducci. L'Albo sarà disponibile nel
sito www.alboimicaduti.eu, che raccoglie alcune schede corredate da foto
risalenti al tempo di guerra e da documentazioni originali che l'Anrp, per
rispetto e cautela, si riserva di fornire solo ai familiari, ai ricercatori e
agli interessati su motivata richiesta. «Dall'esperienza di vita degli Imi,
evinta consultando oltre 200 mila documenti negli archivi in Italia e all'estero,
dalle testimonianze e da altra documentazione acquisita e registrata nell'Albo
- spiega Orlanducci -, si potranno trarre considerazioni utili non solo al di
battito sulle conseguenze del nazifascismo, ma anche alla riflessione sui temi
dei diritti umani, della libertà e della democrazia, valori fissati nella
nostra Costituzione repubblicana e sui quali è nata e si fonda la Costituzione
dell'Unione Europea». «Un progetto - aggiunge lo storico Luciano Zani, membro
del Comitato scientifico - che l'Anrp intende portare avanti nel tempo
coinvolgendo anche altri soggetti pubblici e privati, nazionali e intemazionali
con l'obiettivo di mantenere e ampliare il database. Una ricerca che sarà essa
stessa moltiplicatore di memoria e di stimolo a ulteriori ricerche». L'Albo
degli Internati militari italiani caduti nei campi nazisti fra il 1943 e il
1945 è stato realizzato dall'Associazione nazionale dei reduci dalla prigionia
in collaborazione con la Germania e la Farnesina. In lingua italiana e tedesca
viene presentato mercoledì al Senato
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