Chi son i padrini del neoliberismo ?
Wlater Lippmann, famoso giornalista e saggista americano,
Friedrich von Hayek,
Wilhelm Röpke,
Ludwig von Mises,
Michael Polanyi,
Raymond Aron ed altri ancora
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
L’essenza del neoliberismo:
Dalla fine degli anni Settanta le “dottrine” economiche e
politiche neoliberali hanno occupato “tutti gli spazi essenziali nelle
università e nei governi, sino a divenire uno dei più
potenti corpi di conoscenza della nostra epoca”.
L’essenza del neoliberismo è racchiusa nella:
liberalizzazione dei movimenti di capitale;
superiorità fuor di discussione del libero mercato;
categorica riduzione del ruolo dello Stato” ed altro ancora.
Due
caratteristiche segnano l’egemonia del neoliberismo sulla cultura e la prassi
economico-politica delle economie capitalistiche, a partire dagli anni Ottanta.
1)
La prima sarebbe la prevalenza pressoché indiscussa su ogni altra corrente del
pensiero economico; grazie a questa egemonia, uno dei principi del “pensiero
unico” neoliberista, quello della
liberalizzazione dell’economia, per sottrarla all’incombente presenza dello
Stato, avrebbe determinato la primazia del sistema finanziario sulla politica,
non meno che sull’economia.
2)
La seconda caratteristica sarebbe invece la pressoché inscalfibile cultura
economica liberista diffusasi con l’attività e l’impegno degli accademici
travestiti da tecnici; inscalfibilità che ha resistito alle molte critiche per
gli insuccessi ai quali sono andate incontro le “ricette” di politica economica
neoliberiste attuate negli ultimi tempi, come starebbero a dimostrare le
politiche di austerità che gli economisti neoliberali hanno imposto ai Paesi
dell’Unione Europea, senza per questo consentire che venisse superata la crisi
subita dall’intera Unione per effetto del crollo dei mercati immobiliari
americani.
XXX
Come
sono andate le cose nel neutralizzare l’Europa socialdemocratica e keynesiana ?
Le “dottrine” neoliberiste sono
state elaborate anteriormente al 1947, dopo il famoso “Colloquio di Parigi”, un
convegno svoltosi nel 1938 per iniziativa del sociologo ed economista tedesco
Alexander Rüstow, che per primo ha coniato il termine neoliberismo.
Al
“Colloquio” hanno partecipato, oltre a Wlater Lippmann, famoso giornalista e
saggista americano, Friedrich von Hayek, Wilhelm Röpke, Ludwig von Mises, Michael Polanyi, Raymond Aron ed
altri ancora. Il “Colloquio” è stato finalizzato a formulare una nuova visione di
liberismo economico, meno incline al laissez-faire, ma pur sempre schierata a sostegno della teoria
economica liberale.
Gli scopi dei partecipanti al
“Colloquio” consistevano nel ridiscutere il pensiero liberale, per acquisirne
una visione compatibile con una regolazione del mercato, al fine di garantire
un suo funzionamento più razionale.
Si puntò a predisporre validi
presidi dei principi liberali in economia, contro la forte ascesa degli
statalismi del dopoguerra, ispirati dal keynesismo scialdemcratico;
quest’ultimo sosteneva infatti la necessità di una correzione da parte statale
del sistema economico, per dare vita a forme di economia mista, utile a rimuovere i vari casi di fallimento di
mercato.
Gli accademici neo liberisti puntarono
a trasformare, all’inizio degli anni Ottanta, il neoliberalismo in una “costola
della globalizzazione”, fino a conformarlo ai principi ispiratori degli
obiettivi perseguiti dalle politiche conservatrici di Ronald Reagan e di
Margaret Thatcher.
Al di là delle vicende che hanno
caratterizzato l’evoluzione del pensiero neoliberale a partire dal 1938, la sua
confluenza nella logica della globalizzazione è il risultato dell’accettazione
delle “ricetta” che Friedman ha formulato nell’opera Capitalismo e libertà;
tale ricetta è fondata su tre principi (deregulation, privatizzazione e
riduzione delle spese sociali) e rappresenta la “mappa” di riferimento per le
politiche che hanno dominato il mondo a partire dagli anni Ottanta.
---Con la deregulation, Friedman,
riprendendo la teoria di Ricardo sull’abolizione dei dazi doganali, e più in
generale delle tasse protezionistiche, ha proposto l’annullamento di tutte
quelle regole e norme che limitavano l’accumulazione del profitto;
---con la privatizzazione,
partendo dal dogma della maggiore efficienza dei privati rispetto al pubblico,
egli ha auspicato la sostituzione dei servizi pubblici nel campo della sanità,
delle poste, della scuola, ecc., con servizi privatizzati.
---con la riduzione delle spese
sociali, infine, al fine di “ripulire” l’economia inquinata dall’attività dello
Stato, Friedman ha proposto di ridurre drasticamente le spese sociali,
attraverso il taglio dei fondi per il sistema pensionistico, l’assistenza
sanitaria, il salario di disoccupazione ed altro ancora.
La ricetta, che passerà nell’immaginario collettivo come
“dottrina neoliberista”, è stata presentata da Friedman e dai suoi seguaci come
una vera e propria “scienza esatta”.
Qui sta il clamoroso successo di una pratica economica,
risultata smentita dall’esperienza e dalla verifica empirica: presentare, con
la pretesa dell’“imparzialità scientifica”, ipotesi di politica economica del
tutto prive di coerenza con la realtà, ma di straordinario beneficio per i
gestori dei settori più dinamici della finanza e della imprenditorialità
mondiale.
Che
impatto hanno avuto le politiche neoliberiste sulle società occidentali?
Ancora ad oggi non esiste una risposta univoca; da un lato,
perché non si è ancora adeguatamente indagato su quali siano state le cause
della genesi di una stagione politica ed economica, che ha conosciuto il suo apice
in Gran Bretagna e Stati Uniti negli anni Ottanta, condivisa e sorretta, oltre
che dal pensiero conservatore, da quello progressista; dall’altro lato, perché
non è stato ancora adeguatamente chiarito come, sul piano politico ed
economico, le forze riformatrici abbiano potuto accettare di adeguarsi alle
politiche conservatrici di Reagan e della Thatcher, che hanno condotto
all’attuazione di un progetto politico e economico talmente stravolgente da
comportare altissimi ed ingiustificati costi sociali.
Nessun commento:
Posta un commento