La statua della Madonna della Favara, sotto l'aspetto
artistico, merita uno spazio particolare perché rappresenta una testimonianza rarissima,
forse unica, di fusione della tradizione artistica sacra orientale (icona) con
quella occidentale (statua), come emerge chiaramente dalla perfetta rispondenza
(espressione, dimensioni, posizione delle mani, ecc. della Madonna e del
Bambino) delle tre immagini delle opere d’arte (statua, icona e mosaico), riportate
ad integrazione del presente testo: la statua, tipica immagine sacra
dell’Occidente romano, riproduce la
Madonna della Favara con le tipiche sembianze dell’Odigitria (icona-mosaico).
Lo sapete che la
Madonna della Favara è un' Odigitria e che….
Il
titolo del presente testo è anche il titolo di una monografia di Calogero
Raviotta, realizzata nell’ambito del progetto culturale “Kuntisa, hora e gluha
jonë” (Contessa Entellina, il nostro paese e la nostra lingua)
dell’Associazione “Nicolò Chetta”, presentata il 17 dicembre 2008 al Centro
Culturale Parrocchiale. Il testo integrale della monografia può essere
consultato alla sede del Centro, dove sono esposte anche le fotografie di
riferimento.
La Madonna
della Favara, venerata dai contessioti, secondo quanto risulta dalla memoria
popolare, da documenti ecclesiastici e da altre fonti, è anche nota con le
seguenti definizioni: Odigitria di Calatamauro, Madonna del Muro, S. Maria
della Fonte, Shën Mëria e Kroit, Shënbria e Favarës, Odhghtria
ths phghs, S. Maria delle Grazie, Maria SS. della Favara.
Oggi a Contessa la Madonna Odigitria è nota in tre immagini,
riportate di seguito ad integrazione del presente testo) artisticamente diverse
ma uguali nell’espressione:
- Odigitria
di S. Luca (icona su legno dipinta da papas Nino Cuccia, sec.XIX),
solitamente esposta nella chiesa
parrocchiale greca e, durante il canto della "Paraclisis" nella
chiesa della Madonna della Favara, da primo al 14 agosto)
- Odigitria di Calatamauro (icona-mosaico
portatile, scuola costantinopolitana, opera di artisti di tradizione bizantina dell’area messinese.
sec. XIII)
- Madonna
della Favara (statua, scolpita da Benedetto Marabitti, 1652)
Il
mosaico “VERGINE con BAMBINO di
Calatamauro”, conosciuto anche come “Madonna Odigitria di Calatamauro” oggi
conservato presso la Galleria Regionale della Sicilia (Palermo, via Alloro),
secondo la prof.ssa Maria Andaloro “risale
al secolo XIII, seconda metà, ed é opera di maestranze bizantine: pura
testimonianza della pittura bizantina di ambito protopaleologico, con grado di
maturazione stilistica e di padronanza dei processi tecnico-esecutivi del tutto
eccezionali. Eseguito da mosaicisti greco-costantinopolitani di cultura affine
a quelli che a Messina compirono i mosaici già nella chiesa di S. Gregorio.
Frammento musivo con tessere di materiale differente: foglie d’oro, pasta
vitrea opaca, pasta vitrea trasparente, lapideo”.
Questa
icona-mosaico presenta le
inconfondibili caratteristiche della “Odighitria” (“Colei che indica la via”),
secondo la tradizione dipinta da S. Luca: la mano destra della Madonna indica
Gesù Bambino, seduto sulla sua mano sinistra, Gesù con una mano benedice (“alla
greca”) e con l’altra tiene il rotolo.
Nel
1652 da Benedetto
Marabitti viene scolpita la statua della Madonna della Favara secondo le aspettative
dei fedeli, cioè con le sembianze della Madonna del Muro (Odigitria), il
mosaico trovato nella contrada Muzgat, tra le rovine dell'antica masseria che
ivi sorge e travolta da una frana.
Gli
studiosi concordano prevalentemente sulla datazione del mosaico (ultimi decenni
del sec. XIII - arte costantinopolitana) e sulla sua provenienza (area
messinese).
Ma
chi porta nel territorio di Calatamauro un mosaico dalla Sicilia orientale, tra
la fine del secolo XIII e l’inizio del secolo XIV?
Come riportato nella relazione “L’Odigitria di
Calatamauro” (Mariella Nannipieri, (Atti del convegno di studi “L’Abbazia di S.
Maria del Bosco di Calatamauro, tra memoria e recupero” , 17-18 aprile 2004,
pubblicazione della Provincia Regionale di Palermo, anno 2006), è documentato che nel secolo XIV alcuni
membri della comunità religiosa di S. Maria del Bosco sono di origine
messinese: fra’ Marco da Messina è
presente nel 1310, mentre nel 1318 sono presenti fra’ Matteo e fra’ Nicolò da Messina
(quest’ultimo priore dal 1362 al 1366).
Trattandosi
non di un mosaico staccato da una parete ma di una icona mosaico portatile (82x50 cm), l’immagine della Madonna
probabilmente è portata nel territorio di Calatamauro dai monaci messinesi, che
fanno parte dei primi eremiti e religiosi di S. Maria del Bosco, i quali
espongono al culto l’immagine della Madonna in una cappella del territorio
circostante, già aperta al culto, in attesa che sia costruita la cappella della
comunità religiosa. Nel vicino casale di Contessa, nel 1308 infatti sono aperte
al culto due chiese, affidate ad un cappellano
di nome Benedetto.
Una
delle due chiesette rurali, dedicata a S. Nicola, si trova nella contrada attualmente
denominata Musiche, attraversata dal torrente Favara, dove forse viene provvisoriamente custodito il mosaico in
attesa di trasferirlo nella cappella di S. Maria del Bosco, ancora in
costruzione. Purtroppo una enorme frana, testimoniata anche oggi dalla conformazione
del terreno, cancella chiesa e abitazioni circostanti nella contrada Musiche
e tale evento rimane vivo fino ad oggi
anche nella memoria popolare (sentire il suono delle campane della contrada
Musiche è segno premonitore di disastri).
Madonna
della Favara
Dopo
l’arrivo degli Albanesi, che ricostruiscono il casale di Contessa, viene
trovata una “lastra di pietra con l’immagine della Madonna” nelle vicinanze
della fontana “Favara” o comunque nelle vicinanze del torrente Favara, che scorre
appunto nella contrada interessata dalla frana sopra citata. Questo evento può essere annoverato
tra le cause che determinano l’abbandono del casale di Contessa nei primi
decenni del secolo XIV fino a quando è ricostruito e ripopolato dagli Albanesi
nella seconda metà del secolo XV.
Mediante
contratto redatto dal notaio Pietro Schirò di Contessa, il 10 settembre 1651 da
un comitato di Contessioti (Simone Zamandà, Pietro Xammira, Luca Vitagliota,
sac. Don Leonardo Rizzo, Simone Schirò, Marco Dulci, Mario Mustacchia, Domenico
Lala, Francesco Lombardo, sac. Domenico Diamante, Gaspare Ferlito, e Bartolomeo
Mustacchia) viene affidato allo scultore di Chiusa Sclafani Benedetto Marabitti
l’incarico di scolpire una statua con le sembianze della Madonna del Muro,
venerata da tempo nella cappella della Madonna della Favara. Il contratto
stabilisce la data di consegna della statua e le sue principali
caratteristiche: alta sei palmi e mezzo, tutta dorata, legno di salice, da
consegnare entro il 30 giugno 1652, costo 32 onze. In un altro contratto precedente
dello stesso notaio (20 marzo 1650) risulta che l’intagliatore Giuseppe Di
Lorenzo, artigiano di Chiusa Sclafani, su incarico dei Contessioti Antonino
Musacchia, Aloisio Vitagliotta, Giovanni Chetta, Pietro Chetta, Andrea Schirò,
Biagio Xiamira e Giovanni Franco, fornisce una grata di legno di noce, alta
nove palmi per proteggere l’immagine della Madonna della Favara, la citata
Madonna del Muro (non la statua che verrà scolpita due anni dopo).
Dall’analisi
comparata dei vari riscontri documentali emerge sempre più chiaramente il legame storico, artistico e religioso delle
tre immagini sacre della Madonna Odigitria, che completano il presente testo,
(Icona su legno, icona mosaico, statua) e conseguentemente da qualche anno
tra gli studiosi trova crescente condivisione l’opinione che l’ Odigitria di
Calatamauro sia la “Madonna del Muro” di Contessa Entellina, l’icona-mosaico, trovata vicino alla sorgente
Favara, conservata e venerata dai contessioti in una chiesetta fino all’inizio
del secolo XIX, quando, come scrive
Atanasio Schirò nella sua monografia su Contessa, fu trafugata da ignoti.
La Madonna
della Favara, venerata a Contessa Entellina, può essere invocata quindi
con i vari titoli, sopra riportati, di
cui è stato trovato riscontro diretto e indiretto sia nella tradizione popolare
sia nei documenti elencati di seguito nel paragrafo dedicato alla bibliografia.
Bibliografia più
significativa
- Spiridione Lo Jacono “Memoria sull’origine e fondazione della Comune di
Contessa,
Colonia greco-albanese di Sicilia” (Tipografia Virzì, Palermo 1880)
- Atanasio Schirò, “Il Monastero di S. Maria
del Bosco di Calatamauro in Sicilia”
(Tipografia e legatoria del Boccone del
Povero - Palermo, 1894)
- Atanasio Schirò , “Memorie storiche su
Contessa Entellina" (Palermo, 1904
,
opera postuma a cura del canonico Nicolò
Genovese)
- Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e
XIV relative alla Sicilia (Ed. Pietro
Sella, Studi e Testi n.112 - Città del
Vaticano, 1944): al n.1487, p.111
- Calogero Raviotta in Atti
del convegno 3° centenario di istituzione della
parrocchia latina di Contessa Entellina
1698-1998 “La Madonna della Favara
a
Contessa Entellina: immagine, chiesa, congregazione, processione,
parrocchia, vara), (Grafiche Renna,
Contessa E., 2000).
- A. G. Marchese in Città
Nuove, anno XIV, N° 1 marzo 2004, Pandora, Corleone
2004,
p. 9.
- Calogero Raviotta , “Shën Kolli te Muzgat - La Chiesa di S. Nicola nella
contrada
Musiche”, (Associazione Culturale “Nicolò Chetta”, 2008)
- Giorgia Pollio “Madonna con Bambino”, Tav.19
del libro-Calendario 2009 (La Casa di Matriona)
della Fondazione Russia Cristiana (Milano, via Ponzio 44)
- Mariella
Nannipieri, “L’Odigitria di Calatamauro”
Relazione al convegno di studi “L’abbazia di
Santa Maria del Bosco di Calatamauro”, 17-18 aprile 2004 (Atti pubblicati dalla
Provincia Regionale di Palermo,
2006)
- Calogero
Raviotta , “Origini e storia di Contessa Entellina”, (Comune di Contessa Entellina, 2008)
- “Presenze
bizantine a Contessa”, tesi di laurea di Antonella Giocondo (Relatore prof.ssa
M. A. Lima, Università di Palermo,
Facoltà di Lettere e Filosofia, luglio 2009).
(Patrimonio
culturale negli edifici di culto 4 - Chiesa della Madonna della Favara III
- continua)
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