S.
Giuseppe é conosciuto e venerato in tutto il mondo, dove é viva la tradizione
cristiana. Non vi é città, paese o piccolo villaggio, che non abbia una chiesa,
una cappella, una nicchia dedicata a S. Giuseppe.
Il
nome Giuseppe inoltre é diffuso in tutto il mondo, dove la tradizione cristiana non é più viva e
molte località (città, quartieri, contrade, ecc.) portano il suo nome. Molte
sono inoltre le confraternite intitolate a S. Giuseppe con finalità religiose e
di solidarietà.
Il presente
testo, per motivi di spazio, é stato
limitato alla descrizione sintetica delle tradizioni popolari di alcuni paesi
della Sicilia e di alcune espressioni ancora vive a Contessa.
Iconografia e festa liturgica
Ancor
oggi nelle case di molte famiglie, fedeli alla tradizione religiosa popolare,
si possono notare appese alle pareti immagini di Gesù, della Madonna e dei
santi. Solitamente S. Giuseppe, nell’iconografia devozionale popolare, non é
rappresentato da solo, ma con la Madonna e Gesù Bambino (Sacra Famiglia). Una
volta una immagine della Sacra Famiglia (bassorilievo in gesso, dipinto
o stampa incorniciata) era sempre presente tra i regali di nozze e veniva
collocato su una parete della stanza degli sposi, dietro il lettone in alto.
S.
Giuseppe viene raffigurato anche con Gesù
Bambino in braccio, mentre con
l’altra mano regge un bastone, che solitamente termina a forma di fiore
(giglio).
S. Giuseppe
artigiano, solitamente con la Madonna e con Gesù Bambino, invece viene rappresentato col banco a lavoro
e con qualche attrezzo del falegname (sega, martello, tenaglia).
S.
Giuseppe nel calendario liturgico di rito romano e ambrosiano é riportato sia
il 19 marzo sia il primo maggio (S. Giuseppe artigiano). Nel calendario
liturgico di tradizione bizantina é ricordato la domenica dopo il Santo Natale.
In
alcuni paesi la festa liturgica (19 marzo) non coincide con la festa popolare
(processione, sagre, manifestazioni folcloristiche, giochi pirotecnici, banda
musicale, ecc.), che viene celebrata in altre date (solitamente una domenica fissa da maggio a
settembre), per favorire una maggiore partecipazione (per la buona stagione,
tempo di ferie e di vacanze, ecc.) sia alle funzioni religiose (messa, vespri,
triduo, processione, ecc.) sia alle iniziative culturali, sportive, ricreative,
ecc.
Devozione popolare e preghiere
S.
Giuseppe viene comunemente invocato aggiungendo al suo nome l’appellativo
“Patriarca”. Durante le processioni, i portatori della statua ripetono più volte
ad alta voce l’invocazione “Evviva il patriarca S. Giuseppe”.
In
alcune comunità la devozione a S. Giuseppe si esprime nella pratica dei “sette
mercoledì di S. Giuseppe”: appuntamento settimanale di preghiere dalla fine di
gennaio, con celebrazione della S. Messa, recita del “Rosario di S. Giuseppe”, benedizione e
distribuzione di pane e pasta, offerti da uno o più fedeli. Alcune famiglie, da
parecchie generazioni, continuano a
praticare questa tradizione devozionale per S. Giuseppe.
Il
“Rosario di S. Giuseppe” é strutturato come il rosario della Madonna: l’invocazione
“gloria al Padre, al Figlio...” é
sostituita con “San Giuseppuzzu, fustivu patri, fustivu virgini comu la matri,
Maria la rosa, Giuseppi lu gigghiu, datini aiutu, riparu e cunsigghiu. Patriarca
immaculatu, di Gesù custodi amatu, caru spusu di Maria, prutiggiti l’anima mia.
A li fini di mia morti vui sariti la mia sorti. E nell’ultima agonia, vui
salvati l‘anima mia”, segue quindi,
ripetuto dieci volte, l’invocazione del solista “San Giuseppuzzu unabbannunati nda li bisogni e nicissitati”, ed
il coro continua con “e sempre lodatu sia lu nomu di Gesù, Giuseppi e Maria”.
Esistono varie versioni, in in dialetto, del “Rosario di S. Giuseppe”, che non
viene recitato ma cantato con una melodia recitativa, che si ripete come una
cantilena.
Durante
le processioni, ad ogni sosta, i
portatori della statua di S. Giuseppe, accompagnati da alcuni strumenti della
banda musicale, cantano le lodi di S. Giuseppe, composizioni in versi che
descrivono, la vita e le virtù del Santo. Esistono varie versioni locali dialettali.
Molto
nota, suggestiva e originale a Mezzojuso (PA) l’antica tradizione del “Transito glorioso di S.
Giuseppe”, invocato come avvocato della buona morte.
All’imbrunire
del 18 marzo, all’Angelus Domini, mentre i fedeli pregano in chiesa e sul
sagrato suona la banda musicale, per tutto il paese si diffonde un festoso
scampanio, che termina con sette lunghi rintocchi del campanone, che annunciano
il transito di S. Giuseppe. Durante i rintocchi una atmosfera di raccoglimento
avvolge misteriosamente tutto il paese e tutto si ferma, tutti si inginocchiano
ovunque si trovano e pregano S. Giuseppe, perché conceda loro una buona morte:
“Giuseppi n’aiuta, in quell’ora estrema. Lucifaru trema, putiri non ha.
Giuseppi ci assiste, in punto di morte, padrone più forte non ce ne sarà”. Dopo
il settimo rintocco ricomincia lo
scampanio festoso e le note della banda, che annunziano la gloria
celeste di S. Giuseppe.
I
fedeli della tradizione bizantina, sia cattolici che ortodossi, si rivolgono a
S. Giuseppe con la seguente antichissima preghiera (tropario della domenica
dopo il S. Natale): “Annunzia, o
Giuseppe, al divino progenitore David le meraviglie: hai veduto una Vergine
partorire, con i Pastori hai inneggiato, con i Magi hai adorato, da un angelo
sei stato istruito. Prega Cristo Dio che salvi le anime nostre”.
“Tavolata o altare” di S. Giuseppe
S.
Giuseppe viene invocato anche come “Padre della Provvidenza” ed alla sua
intercessione si affidano fiduciosi molti fedeli per chiedere particolari
grazie, nei momenti più tribolati della vita., promettendo di fare (voto), per
uno o più anni, l’ “altare” o la “tavolata”, originali mense, imbandite in
occasione della festa liturgica, il 19 marzo, nelle case private, sulle strade,
sulle piazze sul sagrato e recentemente, per valorizzare le tradizioni locali,
anche a scuola.
Per
la “tavolata” fatta in casa viene utilizzata la stanza più facilmente
accessibile, adornata come un grande altare, che sembra un palcoscenico: tre
pareti, ornate con rami di alloro e di ulivo e con coperte colorate e ricamate,
creano uno stupendo scenario, che sovrasta meravigliosamente il ripiano, una vasto tavolo da pranzo essenzialmente colmo di
pane e pasta, destinati ai poveri del paese, e spesso arricchito con tipiche
delizie gastronomiche.
Sulla mensa
vengono esposti infatti pani (a forma di scala, croce, uccelli, alberi, angeli,
ostensorio, bastone, ecc.), vari tipi di pasta, vassoi con verdure cotte e
crude (finocchi, borragine, coste, asparagi, cardi, carciofi, ecc.), vassoi di
dolci (cassata, cannoli, paste e biscotti di vari tipi, torrone di mandorle e
miele, frittelle, ecc.).
In alcune
località della Sicilia, vengono considerati piatti rituali: il “maccu di S.
Giuseppe” (fave, fagioli, lenticchie, ceci, ortaggi vari, aromatizzati con
finocchietto selvatico e conditi con olio di oliva), gli spaghetti conditi con mollica di pane
fritto, i “cucciddati”. Il pane esposto nella “tavolata” viene unto con l’uovo,
che rende brillante la crosta.
Pranzo della Sacra Famiglia e dei Santi
I commensali
principali della “tavolata” di S. Giuseppe, per antica tradizione, prendono il
nome di un membro della Sacra Famiglia o di un santo. Il pane, la pasta, i
dolci, le verdure e tutto quello che é stato preparato per le mense di S.
Giuseppe deve essere consumato dagli invitati e quanto rimane deve essere
distribuito a parenti, amici, visitatori, famiglie del vicinato, poveri del
paese, ecc. Secondo la tradizione, il giorno di S. Giuseppe tutti devono mangiare
almeno un pezzetto di pane dell’ “altare”.
I membri della
‘Sacra Famiglia” (Gesù Bambino, Madonna e S. Giuseppe) ed i “Santi” hanno il
posto riservato nella “tavolata”, contrassegnato dai grandi pani (variante da
otto a dieci chilogrammi) a forma circolare (Cucciddata), ciascuno dei quali ha
un simbolo (sempre fatto di pane): mondo con sopra una crocetta (Gesù), lettera
M tutta ornata (Madonna), barba o bastone con giglio (S. Giuseppe), piattino
con due occhi (S. Lucia), panino (S. Nicola), giglio (S. Antonio di Padova),
chiavi (S. Pietro), cerva (S. Calogero), spighe o mucca (S. Isidoro).
Chi ha promesso
a S. Giuseppe di fare la “tavolata”, ma non ha mezzi sufficienti, chiede umilmente
un contributo a varie famiglie, facendo il giro del paese con un quadro della
Sacra Famiglia (atto penitenziale) e ricevendo offerte in denaro (una volta anche
prodotti naturali: olio, frumento, farina, frutta secca, ecc.).
Il culto di S. Giuseppe a Contessa Entellina
Anche
a Contessa S. Giuseppe è molto venerato: Giuseppe è il nome di numerosi contessioti
residenti o emigrati, viene celebrata solennemente la sua festa il 19 marzo, i
più devoti partecipano ai "sette mercoledì di S. Giuseppe", alcuni
preparano le note "mense di S. Giuseppe", una congregazione è
intitolata a S. Giuseppe, sono dedicate a S. Giuseppe una cappella della chiesa
parrocchiale greca ed una chiesetta all'interno del "Parco delle
Rimembranze".
La festa di S. Giuseppe, ogni anno, il 19
marzo, e celebrata solennemente a Contessa sia con le celebrazioni liturgiche
in chiesa e la processione per le vie del paese, sia col rinnovo di antiche
tradizioni popolari (rosario in siciliano, tavolata, mercoledì di preghiera,
ecc.) introdotte nei secoli passati da devoti immigrati, provenienti da
località limitrofe di rito romano.
La vigilia della festa molti vanno a visitare "le mense di S.
Giuseppe"” e gruppi corali, accompagnati dalla banda
musicale o da alcuni suonatori, cantano alcune strofe della tradizionale filastrocca in dialetto
siciliano, che rievoca alcuni momenti della vita di Gesù (nascita, la fuga in
Egitto, ecc.).
La cappella della chiesa parrocchiale
greca, dedicata a S. Giuseppe, fu costruita da papas Filippo Lo Jacono, parroco
dal 1812 al 1834. Nella nicchia è custodita la statua che viene portata in
processione il 19 marzo e rimane esposta davanti all'altare principale, vicino
alla navata sinistra, per il periodo che vengono celebrati i "mercoledì di
S. Giuseppe".
La “Congregazione di S.
Giuseppe” (art. 1 dello statuto) è stata costituita con decreto approvato
dalla Curia Arcivescovile di Monreale in data 17 luglio 1923. Lo statuto
prevede anche di "sorvegliare la manutenzione della tomba della
Congregazione per tenerla sempre in condizione di poter concedere la sepoltura
ai Soci del Sodalizio, nonché alle rispettive famiglie".
A
Contessa, nella contrada Giarrusso, ai contessioti morti in guerra é dedicata
la “Villa dei caduti”, all’interno della quale si trova una cappella dedicata a S. Giuseppe,
costruita nel 1927 col contributo dei contessioti emigrati a New Orlèans (USA)
e restaurata nel 1956. Vi si celebra la S. Messa solitamente in occasione della
festa dei combattenti (4 novembre), con
la partecipazione delle autorità civili, religiose e militari e dei reduci
delle due guerre mondiali. Accanto alla
cappella una lapide di marmo ricorda i nomi dei caduti contessioti.
Concludo
con una curiosità o episodio
apparentemente umoristico, almeno per il linguaggio e la metafora
utilizzati. Si tramanda che, attorno al 1850, il parroco dopo aver presentato le virtù di S. Giuseppe, volendo
far comprendere ai fedeli la posizione privilegiata e di primo piano che il
santo occupa in paradiso, rispetto a tutti gli altri santi, ha terminato
l'omelia con queste parole: "guardando la statua, che noi veneriamo, posta
qui davanti a noi, vedendolo rappresentato con la barba bianca, un po' curvo
per l'età, appoggiato al bastone, col Bambin Gesù tenuto in braccio con fatica,
potremmo pensare che S. Giuseppe sia un povero vecchietto. Invece posso
assicurarvi che in paradiso, quando si muove tra tutti gli altri santi, non
solo gode di massimo rispetto e tutti lo ossequiano, ma quasi se la fanno
addosso, perché è uno che conta, e la sua intercessione vale tanto. Continuiamo
quindi ad essere fedeli devoti di questo grande santo".
P.S.
- Quanti hanno notizie, fotografie, tradizioni, canti, ecc. che riguardano S.
Giuseppe possono segnalarceli e saranno utilizzati per integrare il presente
testo e quindi per far meglio conoscere
il culto popolare dei santi.
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