Il Ghetto

Il ghetto (che diventò la denominazione del quartiere ebraico costituito e delimitato in modo ufficiale) oltre che in Italia fu istituito anche in Germania e nelle principali città della Polonia.
Nel resto dell'Europa orientale veri e propri ghetti sorsero solo nelle città in cui risiedeva il vescovo, ma la maggior parte degli Ebrei viveva raggruppata in piccoli paesi o in villaggi.

All'interno del ghetto la comunità ebraica formava uno stato nello stato. I suoi rappresentanti, regolarmente retribuiti, avevano pieni poteri per agire giuridicamente e politicamente a suo nome.
La comunità era amministrata da un ristretto consiglio che aveva, tra l'altro, il compito

-di provvedere al funzionamento della sinagoga,
-di assistere i poveri,
-di sorvegliare il cimitero
-e di pagare i funzionari, come il custode, il rabbino, il macellaio rituale e lo spazzino.
Accanto alla sinagoga, o alle sinagoghe -in presenza di comunità di rito diverso ne esisteva più di una-, sorgeva abitualmente la scuola per l'insegnamento dell'ebraico e per l'istruzione religiosa.

Nel ghetto, che era un microcosmo in cui si riproducevano le forme della vita esteriore, si sviluppò un modello di organizzazione comunitaria -la vita collettiva prevalse su quella del singolo- quasi identico nella maggior parte delle città europee.
Questa istituzione, che, secondo le località, rimase in vigore dai due ai tre secoli, influì profondamente sul giudaismo: da una parte, tenendo separata la minoranza ebraica dalla maggioranza cristiana, il ghetto favorì e consolidò la conservazione dell'identità ebraica; dall'altra impedendo agli ebrei di mantenere il confronto con la cultura moderna creò un abisso fra cultura ebraica e quella non ebraica.

In alcuni casi, però, forse fu all'origine di apporti culturalmente innovativi da parte di intellettuali ebrei; un nome per tutti: Freud.
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