Perché la festa
della Madonna della Favara è celebrata dal clero greco?
Contessa è stata
fondata dai “greci” o dai “latini?
Quanti sono i “greci” ed i “latini a
Contessa?
“greci” o “latini” si nasce o si diventa?,
Quali sono gli
episodi di dialogo e quali i momenti di maggior contrasto tra “greci” e “latini”?....?
Per
dare una risposta a queste e ad altre
domande occorre chiarire preliminarmente il significato generale o specifico
che a Contessa si attribuisce alle parole “arbëreshë” e “liti” ovvero “greci” e “latini”.
Le
due parole “greco” e “latino” vengono usate a
Contessa Entellina per indicare l’appartenenza di ogni membro ad una delle due
componenti, che costituiscono la locale comunità italo-greco-albanese.
Nell’antica lingua albanese, ancora parlata a Contessa
Entellina, i “greci sono chiamati “arbëreshë” ed i “latini” “litì”.
In
generale “arbëreshë” sono i “contessioti”
e “liti” sono i “non contessioti”.
Per l’aspetto etnico però il termine “arbëreshë” indica specificatamente i discendenti
delle famiglie greco-albanesi, che ripopolano e ricostruiscono il casale di
Contessa, dalla seconda metà del secolo XV, mentre il termine “liti” indica i discendenti
delle famiglie delle località limitrofe o di altra provenienza, che dal
secolo XVII ad oggi vivono stabilmente a Contessa.
Contessa fondata
dagli “arbëreshë” o dai “liti”?
Gli
“arbëreshë” sostengono di essere i fondatori di Contessa, mentre i “liti” affermano che Contessa esisteva
già
prima dell’arrivo dei Greco-Albanesi.
Le
due tesi hanno entrambe una base di verità. L’esistenza del casale di Contessa
è infatti documentato già dal secolo XII (Diploma del re Guglielmo II del
1178), quindi il villaggio medioevale,
denominato prima “Vinea Comitissae
(vigna della Contessa) e poi casale di Contessa, è fondato e popolato
da “siciliani” ma, rimasto
abbandonato e disabitato per qualche tempo (secoli XIV e XV), viene
ricostruito e ripopolato da famiglie greco-albanesi dalla seconda metà del
secolo XV. Gli “arbëreshë” sono quindi i fondatori di Contessa dell’Era Moderna, che
si sviluppa significativamente dopo il 1500, quando i Cardona-Peralta
concedono, prima in affitto (1517) e poi in enfiteusi, ai Greco-Albanesi
(1520-1521) due feudi (Contesse e
Serradamo).
I contessioti
cattolici di rito romano e di rito bizantino
A
Contessa le parole “arbëresh” e “litì” hanno inoltre un significato
religioso ed ecclesiastico peculiare, perché indicano l’appartenenza o alla
comunità parrocchiale di rito bizantino o alla comunità parrocchiale di rito
romano. Infatti a Contessa operano due parrocchie, una di rito romano ed una di
rito bizantino, perché i fedeli, pur essendo tutti cattolici, testimoniano la
fede cristiana, alcuni secondo la tradizione orientale (greci) ed altri secondo la tradizione occidentale
(latini).
Può
risultare utile sinteticamente chiarire e precisare a questo punto il
significato dei riti presenti ed ancora oggi praticati nella Chiesa Cattolica
Italiana.
“Il rito é il
patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare, distinto per
cultura e circostanze storiche di popoli, che si esprime in un modo di vivere
la fede, che é proprio di ciascuna Chiesa sui juris” (Can. 28, comma 1 del
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali).
Il rito romano
- proprio della città di Roma - fu
esteso alle diocesi italiane (tranne Milano, che ha mantenuto il rito detto "ambrosiano"), poi si diffuse
per tutta l'Europa, sostituendosi ai riti particolari delle Gallie e della Spagna,
e divenne il rito universale delle chiese evangelizzate da Roma mediante
l'attività missionaria.
Il rito greco e bizantino - proprio del Patriarcato di Costantinopoli,
delle Chiese di lingua greca e di quelle che da loro ricevettero
l'organizzazione ecclesiastica (Bulgaria, Serbia, Russia, Romania, Melchiti e
Ortodossi del Medio Oriente) - fu
praticato in Italia dalle colonie
italo-greche (dal secolo VII) ed é ancora fedelmente mantenuto da alcune
comunità italo-albanesi (dal secolo XV).
“Arbëresh” o “litì” si nasce o si diventa?
Nella
identità di un “litì” o di un “arbëresh” non sempre sono presenti le tre caratteristiche sopra citate (origine
etnica, rito di appartenenza e lingua parlata), perché, a seguito di
vicende personali, familiari o socio-culturali, si è determinata anche una identità “mista”:
alcuni contessioti, “arbëreshë” per l’origine etnica (Lala, Clesi, ecc.), sono
“liti” per il rito, cioè fedeli della parrocchia latina,
ed alcuni “liti” (Lo Jacono, Liuzza, ecc.) per l’origine etnica invece
sono “arbëreshë” per il rito, cioè fedeli della parrocchia greca. Leonardo
Lala, il noto poeta scrittore popolare di Contessa (“Narduci”), diceva di essere un “arbëresh”-“litì”, cioè
discendente da famiglia di origine albanese, quindi “arbëresh”, passato però
dal rito greco al rito latino, quindi anche “litì”. Può risultare al riguardo
significativo ricordare inoltre la posizione di due noti sacerdoti di Contessa:
il canonico Atanasio Schirò, pur appartenendo a famiglia arbëreshe, è stato parroco latino, perché
la sua formazione culturale ed ecclesiastica è avvenuta in istituzioni di rito
latino (Seminario di Monreale), mentre papas Jani Di Maggio, pur
appartenendo a famiglia di origine “litì”, è stato parroco greco, perché la
sua formazione religiosa ed ecclesiastica è avvenuta in istituzioni di rito
bizantino (Seminario greco-albanese di Palermo e Pontificio Collegio Greco di
Roma). Da quanto sopra considerato si può dedurre che “arbëreshë” o “litì” non solo si nasce ma anche si diventa, secondo
la formazione religiosa e culturale assimilata nel contesto familiare, sociale
e istituzionale in cui si vive e si opera.
“Greci” e “latini” a Contessa in numeri
I
”greci”, maggioranza a Contessa fino alla prima metà del secolo XVII, come
risulta dai cognomi delle famiglie di seguito riportate, sono progressivamente
diventati minoranza nei decenni e nei secoli successivi. Secondo i dati
rilevati dal vicario curato latino don Michelangelo Musacchia nell'anno 1765
i latini sono 1721 e nell’anno 1773 sono 1887, mentre i greci nel 1765, secondo
il vicario curato greco don Giovanni Musacchia, sono 1114 e nell’anno 1773
sono 1099. Nel 1863 inoltre i
latini sono 1900 mentre i greci sono 1491.
Con riferimento al rito, non all’origine etnica, i latini sono quindi in
netta maggioranza sia nel secolo XVIII sia nel secolo XIX. Una accurata
verifica dei registri parrocchiali può rivelare quanti contessioti sono oggi di
rito greco e quanti di rito latino (si presume 50% circa per parrocchia).
Cognomi
“arbëreshë” e “liti” di Contessa nei secoli XV, XVI e XVII
Sono riportati di seguito i cognomi rilevati da documenti
ufficiali del XV, XVI e XVII secolo e
riguardanti le famiglie residenti a Contessa. Confrontando questi cognomi con
quelli delle famiglie oggi residenti a Contessa si può rilevare che alcuni
cognomi sono rimasti, altri sono scomparsi ed altri nuovi si sono aggiunti nei secoli successivi.
Cognomi dei capifamiglia albanesi, che, a nome dell’intera
comunità, firmarono l’atto di gabella (31 onze di affitto annuale) per i feudi
Serradamo e Contesse (atto notaio Florena di
Chiusa del 12 dicembre 1517): Palumbo d’Ermi, Giorgio Carnesi, Luca
Carnesi, Giovanni Busicchi, Anastasio Schirò, Nicola Zamandà, Giovanni
Busicchi, Giacomo Musacchi, Giovanni Caglexera, Antonio Schillitti, Nicolò
Musacchi, Antonio Carnesi, Lorenzo Casesi, Giorgio Carnesi minore, Giovanni
Lala, Teodoro Musari, Bartolomeo Rabetta.
Cognomi dei capifamiglia albanesi riportati nei capitoli del 2
dicembre del 1520: Palumbo d’Ermi, Paulo Zamandà, Luca Cernesi, Theodoro Schirò,
Francisco Chiesa, Paolo Cavalcanti, e Ianni Zimandà (gente venuta dal
Peloponneso), sottoscrivono l'atto di concessione dei feudi di Serradamo e
Contesse "per comune a tutti li abitaturi della Contessa presenti e futuri".
Cognomi tratti dall’atto di vassallaggio del 18 settembre 1521(
albanesi venuti dall’isola di Andros): Sagali Curbi senior, Antonio Lopes,
Pietro Lopis, Giovanni Curbi, Michele Musacchi, Nicola gerbinus, teodoro
Nicolosi, Giovanni Petta, Pietro
Musacchi, Sagali Curbi junior, Dimitri Serveja, Giorgio Lopis, Angelo Petta
junior, Nicola Lala, Oietro Lopis minor, Giorgio Lopis, Tommaso Manali,
Demetrio Lopis, Agrlandus Musachi, Angelo Curbi, Demetrio Curbi, Giovanni
Custagliorsi, Francesco Casesi, Paolo Zamandà, Palumbo d’Ermi.
Cognomi tratti dal Rivelo del 1593 (riportati
una sola volta anche riguardanti più famiglie):
Barbakja - Barcia - Barcja - Barghia -Bello -Braylla - Brepa - Burleshi - Calivà - Camaza - Carnesi
-Casesi - Cavalcanti - Chetta -Chiulla -
Clepa - Clepia - Cuchja - Lesi - Comizi
- Conti -Crpia -Dara - Dorsa - Dragotta
- Dulchi - Dulci - Flocca - Franco
-Girbira - Grassia - Grignuri - Guidera - Guguna - Ingrignera - Lala - Lamsza -
Licursi - Macaluso -Manali - Masi - Masza -Motira- Musacchia -Musacchi - Mustacchio - Parrino - Pirchi - Popada - Ribetta -Scariano
- Schirò -Sciambra - Scurdilj- Taglotta
- Tharma - Trapezano - Vedria - Vitagliotta - Zamandà .
Nel secolo XVII giunsero a Contessa altre famiglie albanesi,
anche se poche (Kiaftalia, Criscia, Ferliti, Raviotta, Bilesci, Graviano,
Rezza, Forti o Foti, Prailla, Brila, Pepi, Sgroppa, Prefesa, Crispi, Buccoli,
Kalmi, Colca, Costantini, Zalapì, Suli, Crapis, Franco, Brignani, Chiarché,
Ragolia,Stassi, Spriferi) ed inizia anche l’immigrazione
di famiglie latine, che diventano sempre più numerose (Rizzuto, Romano,
Gargano, Vaccaro, Ferina, Montalbano, Cannella, Oddo, Di Martino, Liuzza,
Salvato, Barone, Traina, Tardo, Lo Cascio, Genuisi, Provenzano, Pizzo,
Migliore, Restivo, Tripoli, Cusmano, Catalanotto, Lo Iacono, Ragusa, Mulé,
Bruno, Cacioppo, Di Liberto, Sacco, Rabbito, Guzzardo, Cicio, Ciaccio, Vallone,
Marciante, Castrogiovanni, Di Benedetto, Graffagnino, Montaleone, Greco, Aleo,
Raineri, Schilleci, Grisafi, Maniscalco).
Unità della fede
nella diversità dei riti
La
presenza delle due parrocchie, ciascuna con fedeli e clero propri, dalla fine
del secolo XVII avviò un nuovo corso nei rapporti tra “greci” e “latini”, la
cui diversità etnica, linguistica e religiosa, nei secoli successivi, incise su
vari aspetti della vita della comunità locale
e quindi sulla storia di Contessa.
La
diversità sociale, economica, culturale
e religiosa (più esattamente del rito) delle due componenti della comunità contessiota, espressa a volte in
passato con momenti di particolare vivacità, si è attenuata, ed oggi appare
estranea alla maggior parte dei contessioti, anche se sopravvive ancora qualche
trascurabile episodio di insofferenza per alcune tradizioni “arbëreshë”,
celebrate da sempre dal clero bizantino-greco nella chiesa della festa della
Madonna della Favara (festa otto settembre, Paraclisis dal primo al 15 agosto,
canto della Resurrezione a Pasqua). Sembrano infatti relegate ad un ricordo
lontano nel tempo le polemiche ed i contrasti emersi tra le due parrocchie nell'estate del 2009,
per il trasferimento dei due parroci e la nomina di due nuovi amministratori
parrocchiali, impegnati a testimoniare la piena comunione ecclesiale tra tutti
i fedeli di Contessa in un clima di attiva collaborazione.
Nonostante gli occasionali vivaci confronti, la diversità delle
due tradizioni é stata comunque occasione di arricchimento reciproco culturale
e religioso per tutti i contessioti (“greci” e “latini”).
I discendenti dell’originario nucleo di soldati e profughi civili albanesi, che ripopolarono
Contessa, dopo parecchi secoli di convivenza con i siciliani, provenienti dai
paesi vicini, si sono infatti perfettamente integrati nel contesto politico,
sociale, economico e culturale italiano, pur conservando il loro peculiare
patrimonio culturale.
Questa unità nella
diversità della comunità contessiota è sempre espressa in modo forte e signficativo in occasione
della festa principale del paese (otto settembre), quando, come efficacemente espresso con le
parole del parroco latino Atanasio
Schirò, “la devota pietà e religiosa attenzione hanno sempre formato della mista
popolazione di Contessa un sol popolo santamente tenero ed entusiasta per
culto e venerazione speciale alla
benedetta Madre del Signore”.
Infatti ognuno può constatare che tutti i
contessioti, sia residenti sia emigrati,
dimenticando le diversità etniche, linguistiche e di rito degli antenati,
partecipano uniti e numerosi alle funzioni religiose dell’otto settembre, in
particolare alla processione, per confermare la loro profonda devozione verso la Madonna della Favara, che, per le
caratteristiche iconografiche, può essere definita “Odigitria della Favara”, come meglio già descritto nel testo
pubblicato il 18 febbraio 2014: l’unità
nella diversità dei contessioti, trova una significativa espressione anche
nella statua-icona della Madonna, in cui la diversità dei riti (romano e
bizantino) e delle tradizioni religiose e artistiche si fondono nell’unità
della fede cristiana.
(arbëreshë” e “liti” a Contessa -
continua)
shumë interesant, i dashur kushëriu i dytë.
RispondiEliminashumë interesant, i dashur kushëriu i dytë
RispondiEliminaPrandaj, sot mosnjeri kuntisiot duhet te ndihet shumë pak siçilljan përçë arbëresh apo shumë pak arbëresh përçë siçilljan përçë tek nganjeri rrojën bashkë vëlesat të shpirtshëm dhe civil të ndarë(ndajtur) bashkë. Oggi nessun contessioto deve quindi sentirsi meno siciliano perché albanese o meno albanese perché siciliano , perché in ciascuno convivono valori spirituali e civili unanimemente condivisi. Citim nga" Contessa Entellina nel XX secolo. - autor Calogero Raviotta.
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