E ... siamo in campagna elettorale
Durante una conferenza stampa di oggi pomerigio Raffaele Lombardo non ha risparmiato nessuno.
Si è soprattutto "riscaldato" contro Ivan Lo Bello, per aver evocato nei giorni scorsi sulle colonne del Corriere della Sera "il commissariamento della Sicilia".
Raffaele Lombardo si e' cosi' espresso: «C’è qualche pseudo-industriale secondo cui io dovrei licenziare 50mila persone, ma non lo farò mai. Piuttosto questo pseudo-industriale vada a morire ammazzato».
Ivan Lo Bello, ha poi diffuso una replica: «Per quanto riguarda l’epiteto ‘vada a morire ammazzato’ voglio sperare che lo abbia detto in un momento di smarrimento, altrimenti sarebbe molto grave tenuto conto delle sue frequentazioni».
Riepilogo
Ribadisce che si dimetterà; attacca gli imprenditori che lo hanno criticato, assicura che non esiste un rischio default per la Sicilia, sostiene che il commissariamento della Regione non è possibile e parla di un colpo di stato. Va al contrattacco Raffaele Lombardo dopo l'ultimatum lanciatogli dal premier Mario Monti. Ma nonostante le rassicurazioni del Governatore, il "caso Sicilia" arriva sul tavolo del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che stamattina ha ricevuto il presidente del Consiglio. Al primo punto nell'agenda del colloquio c'é stata proprio la situazione contabile della Regione che secondo il vice presidente nazionale di Confindustria Ivan Lo Bello sarebbe sull'orlo della bancarotta. Un pericolo però smentito in serata da fonti del governo: "Il problema non è strutturale ma di temporanea mancanza di liquidità ed è stato risolto con trasferimenti per 400 milioni di euro già programmati".
Lo scontro tra Lombardo e Lo Bello domina gran parte della giornata. "Vorrei che taluni imprenditori facessero davvero il bene della Sicilia. Lo Bello - sibila Lombardo - l'ho incontrato alcune volte nel caso di inaugurazione di impianti fotovoltaici, tipo di investimenti che si è visto essere nelle mani dei mafiosi. Perché non fanno le cose positive invece di dire certe cose?".
Nel pomeriggio è nato anche un piccolo giallo su un'affermazione di Lombardo che a qualcuno è sembrata indirizzata a Lo Bello: un "può andare a morire ammazzato" che il governatore ha smentito ma che ha scatenato egualmente una pioggia di reazioni. Lombardo ha precisato di aver voluto criticare uno "pseudo imprenditore secondo cui la ricetta per salvare le casse della Regione è quella di licenziare i dipendenti regionali. Nessun riferimento a Lo Bello".
Ma tra i suoi "nemici" l'inquilino di Palazzo d'Orleans annovera anche l'Udc che proprio domenica scorsa aveva annunciato la presentazione in Parlamento di una mozione per chiedere il commissariamento dell'amministrazione siciliana. Pierferdinando Casini, leader dello scudocrociato rincara la dose: "Sollevando il problema della spesa in Sicilia, che è un grande 'nominificio', Monti ha compiuto un gesto di grande responsabilità istituzionale". Lombardo, fondatore del Mpa, rimanda al mittente le critiche con parole al vetriolo: "l'Udc vuole rimettere le mani sulla Sicilia. Sono pronto a confrontarmi con Casini, anche sui sette anni precedenti ai miei fatti di termovalorizzatori e quant'altro".
Ad alzare le barricate contro un eventuale esborso da parte dello Stato per risanare i conti in rosso della Regione c'é anche la Lega Nord. Il segretario Roberto Maroni lancia un "avviso" a Monti e Napolitano: "non pensate di far pagare ancora una volta al nord i debiti folli della Sicilia: ha già dato, ora basta!".
Accuse respinte da Lombardo che contesta anche l'analisi sulle risorse finanziare della Regione snocciolando alcune cifre: "Il bilancio della Sicilia è di 27 miliardi,
il debito di 5,5 miliardi,
il Pil di 85 miliardi di euro.
Se confrontiamo il nostro Pil con quello nazionale capiamo meglio: lo Stato ha un Pil di 1600 miliardi e duemila miliardi di euro di debito. Inoltre, lo Stato ci deve circa un miliardo".
Dati che stridono con un'analisi resa nota stamane dalla Cgia di Mestre: "La Regione Sicilia ha costi per la politica e per l'acquisto di beni e di servizi, in termini pro capite, circa il doppio rispetto alla media di tutte le altre regioni d'Italia; quelli relativi agli stipendi del personale addirittura più del triplo".
Ma Lombardo allarga le braccia: "Certo il numero dei dipendenti, sono circa 26 mila - è alto, ne basterebbero la metà ma ce li siamo trovati e cosa dobbiamo fare? Sparargli?".
E liquida seccamente chi lo accusa di volere ancora prendere tempo, esorcizzando al contempo l'ipotesi di un 'commissariamento': "Per quanto mi riguarda è come se mi fossi dimesso ieri. Non voglio però che la Sicilia diventi merce di scambio, in caso di elezioni contemporanee con le politiche, per un ministero in più. Si deve votare prima".
Chi non sembra proprio accorgersi di una Sicilia sull'orlo del fallimento, sono gli stranieri. Emanuele Spurny, un giovane turista austriaco in coda per visitare la Cappella Palatina all'interno di Palazzo dei Normanni, sede del più antico parlamento d'Europa, domanda: "Siete davvero ad un passo dal default? Vista da fuori la situazione non sembra così drammatica".
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