«Il presidente del Consiglio Mario Monti, facendosi interprete delle gravi preoccupazioni riguardo alla possibilità che la Sicilia possa andare in default a causa del proprio bilancio ha scritto una lettera al presidente della Regione, Raffaele Lombardo per avere conferma dell'intenzione, dichiarata pubblicamente, di dimettersi il 31 luglio».
Lo rende noto palazzo Chigi, spiegando che «le soluzioni che potrebbero essere prospettate per un'azione da parte dell'Esecutivo non possono non tener conto della situazione di governo a livello regionale, ma anzi devono essere commisurate ad essa, in modo da poter utilizzare gli strumenti piu efficaci e adeguati»
La Regione siciliana corre come un folle verso il dissesto con un presidente, voluto dal pd, che continua a nominare dirigenti e a proporre rimpasti di giunta quando mancano solo due settimane al 31 luglio (giorno delle dimissioni), e con i partiti di maggioranza e d'opposizione già proiettati verso la campagna elettorale mentre la nave imbarca acqua da tutte le parti.
Il conto di tesoreria è a secco: in cassa ci sono 3 milioni soltanto. Il denaro per gli stipendi comincia a mancare. Le imprese fornitrici non vengono pagate.
Le spese continuano vorticosamente a crescere nonostante le entrate fiscali crollino. La giunta ha un fabbisogno di cassa di 3,7 miliardi ma non può contrarre nuovi mutui.
L'assemblea regionale ha approvato lo stesso bilancio di previsione che era stato bocciato. Il rendiconto al 31 dicembre 2011 presenta un avanzo di gestione fittizio (perchè non dirlo ? FALSO) di 8,2 miliardi determinato da una massa di crediti accertati ma non riscossi, e per la maggior parte non esigibili, per 15,7 miliardi (i cosiddetti residui attivi).
La legge costituzionale per ridurre a 70 il numero dei deputati regionali, contro gli attuali 90, è ancora all'esame del parlamento nazionale.
Il banchetto è finito, ma nessuno ha il coraggio di tagliare le spese, perché in Sicilia tutti i partiti campano di clientele, indistintamente. L'assessore Armao, digiunmo di finanza pubblica, ha dichiarato che la spending review in Sicilia non serve perchè non esistono sprechi. La politica dei favori non è né di destra né di sinistra, è sistemica e gli ex-pci arrivati all'arrembaggio non riescono a togliersi la fame di lunghi manni di digiuno. Lombardo si accinge a lasciare la Regione in mutande giocando allo scaricabarile, nel tentativo di addossare le proprie colpe a chi verrà dopo.
Recitando lo stesso copione, Diego Cammarata qualche mese fa ha rassegnato le dimissioni da sindaco di Palermo dopo aver portato il Comune vicino alla bancarotta.
Per gli imprenditori e i sindacati non c'è altro da fare, a questo punto, che commissariare Palazzo dei Normanni. E senza perdere tempo, perché l'isola è una polveriera.
Confindustria Sicilia in testa, insieme a Cgil, Cisl e Uil, hanno indirizzato una lettera al prefetto di Palermo, Umberto Postiglione, «a fronte dell'aggravamento della drammatica situazione economica, sociale ed occupazionale della Sicilia». Si vuole che il rappresentante dello Stato attivi subito il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il premier, Mario Monti, «per sottoporre alla loro attenzione l'urgenza di interventi diretti, mirati e straordinari nei confronti della Regione siciliana».
Un evento senza precedenti dall'emanazione dello statuto autonomista (1946).
La richiesta d'intervento è motivata da fatti eccezionali: «Dall'insostenibile crisi finanziaria della Regione ancora più evidenziata dall'incertezza legata alla vicenda del bilancio 2012; dall'assenza di strategie e politiche mirate al risanamento; dall'assenza di una efficace programmazione per l'utilizzo dei fondi strutturali e delle poche risorse disponibili per arginare gli effetti della recessione; dalla consapevole preoccupazione che l'attuale classe politica continui a mostrare inadeguatezza e mancanza di responsabilità».
Gli imprenditori temono, si legge nel documento, «che il clima pre-elettorale alimenti un ulteriore saccheggio delle nostre risorse pubbliche, portando la Sicilia in una condizione di fragilità maggiore rispetto ad altre Regioni, senza prospettive e in una situazione di oggettivo default».
La Regione siciliana corre come un folle verso il dissesto con un presidente, voluto dal pd, che continua a nominare dirigenti e a proporre rimpasti di giunta quando mancano solo due settimane al 31 luglio (giorno delle dimissioni), e con i partiti di maggioranza e d'opposizione già proiettati verso la campagna elettorale mentre la nave imbarca acqua da tutte le parti.
Il conto di tesoreria è a secco: in cassa ci sono 3 milioni soltanto. Il denaro per gli stipendi comincia a mancare. Le imprese fornitrici non vengono pagate.
Le spese continuano vorticosamente a crescere nonostante le entrate fiscali crollino. La giunta ha un fabbisogno di cassa di 3,7 miliardi ma non può contrarre nuovi mutui.
L'assemblea regionale ha approvato lo stesso bilancio di previsione che era stato bocciato. Il rendiconto al 31 dicembre 2011 presenta un avanzo di gestione fittizio (perchè non dirlo ? FALSO) di 8,2 miliardi determinato da una massa di crediti accertati ma non riscossi, e per la maggior parte non esigibili, per 15,7 miliardi (i cosiddetti residui attivi).
La legge costituzionale per ridurre a 70 il numero dei deputati regionali, contro gli attuali 90, è ancora all'esame del parlamento nazionale.
Il banchetto è finito, ma nessuno ha il coraggio di tagliare le spese, perché in Sicilia tutti i partiti campano di clientele, indistintamente. L'assessore Armao, digiunmo di finanza pubblica, ha dichiarato che la spending review in Sicilia non serve perchè non esistono sprechi. La politica dei favori non è né di destra né di sinistra, è sistemica e gli ex-pci arrivati all'arrembaggio non riescono a togliersi la fame di lunghi manni di digiuno. Lombardo si accinge a lasciare la Regione in mutande giocando allo scaricabarile, nel tentativo di addossare le proprie colpe a chi verrà dopo.
Recitando lo stesso copione, Diego Cammarata qualche mese fa ha rassegnato le dimissioni da sindaco di Palermo dopo aver portato il Comune vicino alla bancarotta.
Per gli imprenditori e i sindacati non c'è altro da fare, a questo punto, che commissariare Palazzo dei Normanni. E senza perdere tempo, perché l'isola è una polveriera.
Confindustria Sicilia in testa, insieme a Cgil, Cisl e Uil, hanno indirizzato una lettera al prefetto di Palermo, Umberto Postiglione, «a fronte dell'aggravamento della drammatica situazione economica, sociale ed occupazionale della Sicilia». Si vuole che il rappresentante dello Stato attivi subito il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il premier, Mario Monti, «per sottoporre alla loro attenzione l'urgenza di interventi diretti, mirati e straordinari nei confronti della Regione siciliana».
Un evento senza precedenti dall'emanazione dello statuto autonomista (1946).
La richiesta d'intervento è motivata da fatti eccezionali: «Dall'insostenibile crisi finanziaria della Regione ancora più evidenziata dall'incertezza legata alla vicenda del bilancio 2012; dall'assenza di strategie e politiche mirate al risanamento; dall'assenza di una efficace programmazione per l'utilizzo dei fondi strutturali e delle poche risorse disponibili per arginare gli effetti della recessione; dalla consapevole preoccupazione che l'attuale classe politica continui a mostrare inadeguatezza e mancanza di responsabilità».
Gli imprenditori temono, si legge nel documento, «che il clima pre-elettorale alimenti un ulteriore saccheggio delle nostre risorse pubbliche, portando la Sicilia in una condizione di fragilità maggiore rispetto ad altre Regioni, senza prospettive e in una situazione di oggettivo default».
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