Ciò che
incuriosisce non poco della questione “Sicilia” è la diffusa certezza nell’opinione
pubblica che il Governo nazionale possa decidere, in presenza di
motivate esigenze di carattere finanziario (rischio default)
di commissariare una Regione.
Tale
convinzione viene alimentata da dichiarazioni di autorevoli esponenti nazionali
sia del mondo politico che di quello imprenditoriale. Pure i media continuano a
scrivere del potere sostitutivo di cui disporrebbe eccezionalmente il Governo
nazionale.
L’Italia è
tuttavia uno Stato di diritto, ed esistono cose che si vogliono fare e cose che
si possono fare. Col sostegno di qualche testo di “Diritto Costituzionale”
vediamo se sia o meno sostenibile l’ipotesi di commissariamento della Regione
Sicilia, regione a Statuto speciale e per la quale vige il principio
di competenza che, “di regola, non tollera deroghe, essendo preordinato,
oltre che alla compiuta affermazione del principio di legalità, anche al buon
andamento ed alla imparzialità dell’azione amministrativa, ex art. 97 Cost.”
Il 1° comma dell’art. 8 dello Statuto
siciliano così recita: “Il Commissario dello Stato di cui all’art. 27 può
proporre al Governo dello Stato lo scioglimento dell’Assemblea regionale per
persistente violazione del presente Statuto”.
1) Se lo
Statuto riconosce al Commissario di Stato la facoltà di proposta,
implicitamente si riconosce al Governo nazionale la facoltà di
accogliere, o meno, detta proposta decretando lo scioglimento dell’A.R.S.
previa delibera dei due rami del Parlamento, come prescrive il successivo comma
2°. Rimane di capire se il Governo nazionale possa disporre lo scioglimento
dell’A.R.S. nell’ipotesi di persistente violazione dello Statuto anche in
assenza della proposta del Commissario dello Stato.
2) La norma,
ratione temporis, disciplina lo scioglimento dell’A.R.S. e non anche
del Presidente e della sua Giunta. La sopravvenuta elezione diretta del
Presidente della Regione pone inevitabilmente un problema interpretativo di non
facile soluzione che non potrebbe essere facilmente superato, atteso che in
materia di compressione di diritti politici, che trovano alimentazione, tra gli
altri, nell’art. 51 della Costituzione, l’interpretazione non può che
essere restrittiva.
La citata
disposizione statutaria non è sicuramente idonea a soddisfare l’esigenza di un
commissariamento della Regione Sicilia non solo perché sciogliendo l’A.R.S.
rimarrebbe in carica il Presidente e gli Assessori dallo stesso nominati, ma
perché non sarebbe affatto facile, se non impossibile, dimostrare la
persistente violazione dello Statuto.
Il 5° comma
dell’art. 8 dello Statuto siciliano recita invece così: “Con decreto
motivato del Presidente della Repubblica e con l’osservanza delle forme di cui
al secondo e al terzo comma è disposta la rimozione del Presidente della
Regione, se eletto a suffragio universale e diretto, che abbia compiuto atti
contrari alla Costituzione o reiterate e gravi violazioni di legge. La
rimozione può altresì essere disposta per ragioni di sicurezza nazionale”. In
questo caso due sono le riflessioni da fare:
1) Detta
disposizione si presenta decisamente più lungimirante, perché prospettando
l’ipotesi di una elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della
Regione, fornisce all’ordinamento una disciplina ad hoc.
2) Il
potere di disporre della rimozione del Presidente della Regione non è rimesso
nelle mani del Governo ma del Presidente della Repubblica, la cui decisione
è subordinata alla sola deliberazione dei due rami del Parlamento.
Questa è la
disposizione più idonea all’ipotesi del
commissariamento quale conseguenza della rimozione del Presidente della
Regione, tuttavia non è così facile configurare lo scenario motivazionale che
giustifica il provvedimento Presidenziale di rimozione. Infatti, fuori dalle
improbabili questioni connesse alla sicurezza nazionale, quali atti contrari
alla Costituzione sono stati adottati dal Presidente della Regione Sicilia?
E quali gravi e reiterate violazioni di legge sono state dallo stesso
commesse?
Un
ancoraggio costituzionale potrebbe individuarsi anche nell’art. 120 della
Costituzione, riscritto dall’art. 6 della L. cost. n. 3/2001, che così
recita: “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città
metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di
norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di
pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo
richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare
la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge
definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano
esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale
collaborazione”.
La necessità
motivazionale di imputare alla Presidenza della Regione Sicilia una delle
previsioni contenute nel citato art. 120 della Costituzione per giustificare il
provvedimento sostitutivo, evidenzia la non immediata applicabilità della
disposizione costituzionale in questione nell’ordinamento siciliano, infatti
i principi dell’art. 120 Cost. non sono in astratto applicabili alle Regioni a
Statuto speciale. Infatti fino a quando le norme di attuazione non saranno
state approvate, la disciplina dell’art. 120, comma 2, Cost. resterà priva di
efficacia, non essendo idonea a produrre alcuna violazione delle loro
attribuzioni costituzionali, e nelle
more, si farà applicazione della specifica disciplina del potere sostitutivo
contenuta nell’illustrato art. 8 dello Statuto siciliano.
Per
concludere, in presenza di una forma di
governo presidenziale della Regione Sicilia caratterizzata dall’attribuzione al
suo Presidente di “forti e tipici poteri per la gestione unitaria
dell’indirizzo politico e amministrativo della Regione (art. 9 dello Statuto) è
incontestabile che una simile opzione sia indice della maggiore forza politica
del Presidente”.
Pertanto, le annunciate e confermate
dimissioni del Presidente Lombardo, determinando, ai sensi dell’art. 10,
comma 2, dello Statuto, la nuova elezione dell’A.R.S. e del Presidente,
rendono immediatamente applicabile nella specie solamente l’art. 8-bis,
comma 3, dello Statuto così consentendo lo svolgimento dell’ordinaria
amministrazione a cura del Vice Presidente, peraltro già formalmente
delegato a tale compito.
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