Riceviamo e pubblichiamo
Un mio
“coevo”, ottantasettenne come me, Antonio Micalizzi, mi scrive una lunga
lettera raccontandomi, quasi un bisogno di esternare i ricordi irripetibili di
chi, adolescente, ha vissuto gli anni del conflitto nell’oasi di un convitto
indenne dalla catastrofe della guerra:
“La mia
infanzia, dal 1942 fino ad Agosto del ‘45, la trascorsi a Cividale del Friuli,
in un collegio per orfani di Camicie Nere (mio padre, già volontario nella
guerra di Spagna, era caduto in Africa Orientale, a Gondar, nel 1941). Vi
frequentai la 3°, 4° e 5° elementare. L’Istituto, su una superficie di 13
ettari, comprendeva diversi fabbricati destinati a scuole elementari, medie,
professionali, piscine, teatro, cinema, campi sportivi ed un Istituto Tecnico
per l’Agricoltura che oltre alle coltivazioni curava allevamenti di mucche ed
altro. Eravamo in 1100, con maestri, professori, assistenti, educatori e
personale specializzato che ci seguiva in tutte le necessità. Come cibo avevamo
la stessa razione dei soldati al fronte, per cui nessuno ebbe mai a lamentarsi.
Il 26 Agosto del ’45 a guerra ormai finita, noi messinesi
(eravamo in 9 ) accompagnati da un affidabile civile, con lo zaino fornito di
provviste, salimmo su un Dodge accodato ad una lunghissima colonna americana.
Dopo 9 giorni lungo le strade disastrate, raggiungemmo il porto di Piombino
da cui, imbarcati sull’incrociatore Garibaldi, potemmo, finalmente,
raggiungere casa. Avevo appena 11 anni”. Ed io, cosa posso fare per
ringraziarlo di quell’istruttivo racconto se non affidarlo a “Tempo di Guerra”,
come generosa liberazione delle indimenticabili vicende di un adolescente. Ma
non manco di fargli notare la “fortuna” avuta nel non essere coinvolto, proprio
lì, a Cividale, contigua alla Jugoslavia di Tito, nelle stragi dei “partizan”
titini, innanzi tutto, e a quelle, non meno feroci, dei partigiani comunisti
italiani che, a guerra finita, dove vedevano fascisti, specialmente se
innocenti, o figli di fascisti, ancor più innocenti e, spesso, anche partigiani
non comunisti, come quelli della “Osoppo”, nella non lontana Malga Porzus, dove
furono assassinati insieme col fratello di Pier Paolo Pasolini. E poi, sembra
niente aver attraversato indenne, grazie alla presenza americana, il “triangolo
della morte” Ferrara, Reggio Emilia, Bologna, infestato da cani rabbiosi
assetati di sangue, senza nemmeno...un graffio”.
Grazie, Micalizzi, per essere sopravvissuto, e grazie per
il bel racconto.
Ernesto SCURA
NOTA : I Partigiani operanti nel Nord-Est, quelli comunisti della “Garibaldi”e quelli non comunisti della “Osoppo” avevano ricevuto ordini dal CLN di dare precedenza alla liberazione di Trieste. E i comunisti della Garibaldi cosa fecero ? Fecero ...”fuori” quelli della Osoppo che non vollero seguire le disposizioni della Garibaldi che davano ordine di inquadrarsi nelle truppe del IX Corpus degli Slavi Titini e, invece di correre a liberare Trieste, corsero a “liberare “Lubiana. E Trieste, lasciata alla mercé della furia titina, visse 40 giorni d’inferno quando la città, ”liberata” dai titini, fu sottoposta al terrore che ebbe come scopo preminente l’infame “Pulizia etnica” a furia di infoibamenti
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