Riflessione
Viviamo i tempi dei media. Tutto ciò che facciamo, crediamo, celebriamo, appartenga alla vita privata o alla vita pubblica, lo riportiamo su facebook o su altri canali mediatici.
Sia che facciamo adempimenti connessi al nostro lavoro, alla vita professionale o di impegno e vita pubblica lo riportiamo sui media quasi a voler riscuotere consenso ed applausi (like).
In passato accadeva tutto il contrario. Quando si assolveva al proprio dovere, alla propria funzione pubblica, ad una opera doverosamente o liberamente di bene, la si faceva e basta. Assolvere sopratutto ai propri doveri era un dovere.
Ai nostri giorni gli uomini pubblici, sopratutti, e gli altri pure, hanno tre o quattro profili (siti) in rete e non cessano mai di mostrarsi e di far sapere l'ultima iniziativa e opera in cui si sono impegnati. È un trambusto di trombette e tromboni quasi a voler esigere medaglie, lodi e applausi (like).
Anni fa, in terza o quarta elementare, insegnavano -come regola di vita- che quando si è brava persona, quando si assolve al proprio dovere e/o si fa comunque del bene, si viene riconosciuti perché non ci si fa riconoscere.
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