Chi domenica voterà NO alla riduzione del numero dei parlamentari non lo farà perchè ritiene congruo l'attuale numero e nemmeno perchè ritiene quel numero immodificabile. Tante forze politiche nel passato hanno presentato disegni di legge per la rimodulazione della Costituzione immaginando, su uno sfondo organico, la riduzione dei seggi.
Tutte le forze presenti in Parlamento sono peraltro favorevoli alla diversificazione dei compiti fra Camera e Senato; alcune propongono l'abolizione del Senato o comunque la sua trasformazione sostanziale. Il tutto però lo si vuole in un disegno organico che non faccia correre rischi al sistema istituzionale.
Nessuna forza democratica intende
imboccare, in buona sostanza, e nemmeno alla lontana, una parvenza di
democrazia populista che somigli alla piattaforma Rosseau.
La Costituzione può e verosimilmente deve essere modificata ma nel rigore e con le garanzie degne di un paese occidentale.
I populisti dei nostri giorni hanno presentato la modifica sottoposta a referendum nei termini di un taglio secco e basta! almeno per intanto. E solamente questo finora conosciamo.
Sfugge ai populisti, o forse no, che una simile modifica avrebbe dovuto implicare, prima e non dopo, una legge di riordino più complessivo del sistema istituzionale vigente, a cominciare dalla nuova legge elettorale che ri-disegni i collegi territoriali e faccia conoscere il tipo di sistema elettorale (con preferenza o meno). Non averlo fatto in precedenza mette a rischio gli equilibri fra i vari poteri e pure la rappresentanza per più territori. Mette a rischio il sistema "democratico", la nostra democrazia.
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