Alcuni modi, espressioni, personaggi per intendere cosa significhi
Cultura,
Per questa pagina abbiamo attinto
spunti e percorsi da un recente libro di Alessandra Tarquini,
storica alla Sapienza di Roma e
autrice di numerosi libri.
Secondo Benedetto Croce "Ogni storia è storia contemporanea" dal momento che ogni problema storiografico anche lontanissimo nel tempo stimola domande attuali e riesce a vivere, ri-vivere, oggi nell'animo di chi lo esplora attraverso lo studio.
L'approccio che deve aversi verso la Storia, intende dirci Croce, deve essere sempre "serio", mai però deve condividersi la violenza del Potere.
Seguendo la tesi della storica Tarquini, proveremo per qualche tempo ad interpretare come nel dopoguerra la cultura italiana ha giudicato il fascismo. Avremo modo anche di percorrere l'Illuminismo e quanto ad esso è seguito fino ai nostri giorni. Se, ovviamente, ci sarà dato il tempo di poterlo fare.
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Nel dopoguerra le chiavi di cultura per interpretare l'operato del regime fascista erano tre.
--Vi era l'interpretazione liberale,
--Quella radical-socialista
--Quella socialista-marxista,
I liberali, sulla scia di Benedetto Croce, ritenevano che il fascismo era semplicemente stato un fenomeno passeggero, una malattia conseguente all'irrazionalismo che aveva contaminato la cultura. Una fase negativa del cammino storico dell'uomo.
I socialisti/democratici, sulla scia di Piero Gobetti, delimitavano l'insorgere del fascismo ai primi decenni del Novecento e lo ritenevano conseguenza dei tanti problemi non risolti del paese, In pratica una anomalia, un incidente, della storia italiana,
I socialisti ed i comunisti di formazione marxista ritenevano il fascismo come un fenomeno di reazione e di contrasto rispetto al risveglio delle coscienze delle fascie lavoratrici.
Sostiene la Tarquini che queste tre visioni avverse all'affermarsi del fascismo erano unite nella descrizione del fascismo come regime che si serviva della violenza e del terrore, Non riconoscevano al fascismo nessuna particolare "ideologia".
Norberto Bobbio, filosofo espressione nel dopoguerra del movimento Giustizia e Libertà (radical-socialista), valutò il fascismo privo di una sua propria cultura. Riferendosi al filosofo Giovanni Gentile, ministro nei primi anni di governo mussoliniani, sostenne "quando scriveva da fascista diventava gonfio, retorico, riempiva di parole altisonanti il vuoto dei concetti", Ancora negli anni '70 Bobbio scriveva che "gli intellettuali integralmente fascisti erano per la maggior parte intellettuali di mezza tacca". Sostanzialmente il movimento di Mussolini violento e diffusore di terrore creò la sua immagine nell'essere un movimento "antidemocratico, antisocialista, antibolscevico, antiparlamentare, antiliberale, antitutto".
Bobbio portava in sé il pensiero di Gaetano Salvemini, Carlo Rosselli, Benedetto Croce, Piero Gobetti, i quali tutti ritenevano che il fascismo fosse figlio dell'irrazionalismo e dell'attivismo (malattie morali della cultura europea).
Dobbiamo allora andare alla fonte della cultura.
(segue)
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