La Sicilia è
all'ultima spiaggia e si trova di fronte ad un bivio. O si alza il livello
dell'azione regionale o si rischia il default.
GAD LERNER, giornalista
GAD LERNER, giornalista
Leggo che il sindaco e il deputato renziano di Siena addebitano ai
manager di Mps la bocciatura europea. Perdono il pelo ma non il vizio...
PIER CARLO PADOAN, ministro dell'Economia
“La risposta dell’Italia conterrà le indicazioni sulla correzione del
deficit strutturale che saranno ampiamente in grado di rassicurare la
Commissione”
MARCO DAMILANO, giornalista
L'Ottobre
rosso e democratico non ci consegna una rivoluzione, com’è ovvio che sia, ma
un’ipotesi di cambiamento radicale del sistema politico. Non esistono due Pd,
come pigramente si è ripetuto in questi giorni sui media, ha detto bene la
governatrice del Friuli e vice-segretario del partito Debora Serracchiani ieri
alla Leopolda, dopo un violento scontro con Rosy Bindi in tv: «Non ci sono
diversi Pd, ma diversi tempi, luoghi e modi».
Non ci sono due Pd, perché non ci sono alternative alla
leadership di Renzi, padrone assoluto del suo campo. Ma non ci sono due Pd per
un altro motivo, più profondo. Forse di Pd non ce n’è neppure uno già ora. In
un fine settimana che ha mobilitato tra Roma e Firenze centinaia di migliaia di
elettori del Pd non si è vista sventolare neppure una bandiera del partito, né
alla Cgil né alla Leopolda. Come se i due popoli fossero già oltre il Pd. E
quando Renzi ha sfidato la minoranza del partito a costruire «qualcosa di
diverso a sinistra», con cui «sarà bello confrontarsi, per vedere se è di
sinistra la nostalgia o il futuro», quando si è scatenato contro chi usa il
gettone per far funzionare l’I-phone o il rullino per le macchine digitali, si
può immaginare già un nuovo sistema politico, in tempi più ravvicinati del
previsto.
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