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sabato 18 ottobre 2014

Hanno detto ... ...

MASSIMO FRANCO, editorialista del Corriere della Sera
Un’imprudenza. Tale è stata considerata la pubblicazione della relazione seguita alla prima settimana di Sinodo: quella che conteneva le aperture a divorziati risposati e omosessuali. Quando ha visto i testi su Osservatore romano e Avvenire, il Papa ha espresso subito la sua preoccupazione per l’impatto che avrebbero avuto. Timore fondato. L’impressione trasmessa a vescovi e cardinali è stata che non si trattasse di un documento da studiare e discutere, ma di un’anticipazione dell’esito dell’assemblea. Il «Sinodo di carta» ha finito così per allungare un’ipoteca sul «Sinodo reale», dandone un’immagine distorta. E sono scattate le reazioni. L’idea che la riunione straordinaria voluta da Jorge Mario Bergoglio potesse concludersi con un referendum tra «innovatori» e «conservatori», e con la vittoria dei primi, si è rivelata velleitaria e fuorviante. Le resistenze affiorate in sette delle dieci commissioni (i cosiddetti «Circoli minori») contro le tesi aperturiste propugnate dal cardinale tedesco Walter Kasper, sono state un segnale esplicito. Hanno confermato quanto sia complessa e diversificata la realtà della Chiesa in materia di famiglia; e come i tentativi di piegarne gli indirizzi debbano fare i conti con episcopati refrattari a salti e a dosi di novità troppo massicce. Si è rivelata riduttiva e dunque inadeguata la stessa divisione tra «vecchio» e «nuovo». Il tentativo del cardinale Lorenzo Baldisseri, scelto da Francesco come segretario del Sinodo, di evitare che le relazioni dei «Circoli» fossero rese pubbliche, ha fatto emergere per paradosso ancora di più i malumori.

OSCAR GIANNINO, giornalista
ll giudice dimissionario Tranfa e' un devoto alla Oscar Luigi Scalfaro.

PAOLO RUSSO, giornalista
Tra i governatori in rivolta per i tagli alla sanità qualcuno è più arrabbiato di altri. Perché quei tre miliardi che più o meno dovranno sottrarre dal budget per Asl e ospedali rischiano di colpire indiscriminatamente tutti. Chi la spending review in questi anni l’ha fatta e chi ancora deve iniziarla a fare. Che le cose stanno così ce lo dice la mappa degli sprechi di «sanitopoli». Dove il Sud sperpera quasi sempre più del Nord. Ma non senza eccezioni.  
Nel meridione per ogni dipendente di Asl e ospedali si spendono in media 15mila euro in più che al Nord, come certifica il Ceis dell’Università Tor Vergata di Roma. Cosa faccia spendere in media 74 mila euro per un dipendente in Calabria e solo 49mila euro in Friuli resta un mistero, visto che la differenza è inversamente proporzionale alla qualità dei servizi offerti.  
Il Veneto, che è una delle regioni considerate virtuose, è andata a fare le pulci ai prezzi con i quali altre amministrazioni acquistano beni e servizi. Le differenze sono abissali. Per bende e garze c’è chi spende il 650% in più, per steli femorali cementati il 530%, per gli stent coronarici nudi il 200% in più. 
Se ci spostiamo sui servizi non sanitari, roba come mensa o pulizia, le cose non cambiano. Esempi? Al Cardarelli di Napoli ci si può evidentemente specchiare nei pavimenti. Camere, bagni e corridoi dovrebbero luccicare come in una reggia visto che a posto letto il servizio di pulizia costa ben 17.583 euro contro i 6.518 del Sant’Orsola di Bologna. E che dire delle spese telefoniche? A spulciare i dati del Ministero della Salute viene il sospetto che al De Lellis di Catanzaro i malati si curino solo telefonicamente visto che si spende il triplo rispetto agli altri ospedali italiani: 2.782 euro, contro la media nazionale di 910. E vai a capire perché al Careggi di Firenze si spendono per l’elettricità 6.737 euro a posto letto. Dieci volte tanto i 604 del Niguarda di Milano che è grande uguale. 

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