La Sicilia sta
male. Dalla politica non arriva alcun segnale di possibili inversioni di
tendenza tali da consentire un reale cambiamento.
Tutti gli indicatori economici vedono la Sicilia occupare posizioni di coda nelle graduatorie nazionali. Mi riferisco all’occupazione, alla deindustrializzazione dell’isola,ai finanziamenti che non si è capaci di spendere, ai fatti di mala amministrazione denunciati anche dalla Corte di Conti.
Tutti gli indicatori economici vedono la Sicilia occupare posizioni di coda nelle graduatorie nazionali. Mi riferisco all’occupazione, alla deindustrializzazione dell’isola,ai finanziamenti che non si è capaci di spendere, ai fatti di mala amministrazione denunciati anche dalla Corte di Conti.
La crisi c’è
ovunque. E’ vero. La gente soffre al nord come al sud. Ma qui si ha
l’impressione che nessuno sia in grado di trovare il bandolo della matassa. Si
vive in una condizione di crisi politica permanente. I partiti paiono
sfasciati, divisi su tutto. Capita che uno stesso partito sia
contemporaneamente all’opposizione e al Governo. In questa situazione a poco
valgono i viaggi a Roma per trovare una quadra, che riesca a compattare questa
maggioranza. La soluzione va trovata a Palermo. Siamo di fronte ad una crisi
ormai cronica sia della funzione di governo, che della funzione di
rappresentanza; una crisi che sta portando al disfacimento delle istituzioni.
MASSIMO FRACARO, giornalista
Accade spesso, anzi
troppo spesso che, per esigenze di bilancio, si decida di spostare all’indietro
le lancette dell’orologio. E introdurre così aumenti delle tasse
con effetto retroattivo. Un vizio comune a tutti i governi degli ultimi anni e
che ha contagiato lo stesso Parlamento. Un giochetto (di prestigio) che
consente, in pratica, di concedere sgravi a qualche contribuente,
penalizzandone, però, altri. O di tappare, per questa via, improvvise falle nei
conti pubblici.
L’ultimo esempio è
quello dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Nella legge di Stabilità è
appena stato deciso di alleggerirla per chi farà nuove assunzioni, soprattutto
con contratti a tempo indeterminato, con una riduzione dell’aliquota dal 3,9 al
3,5%. Peccato che ci sia l’altro lato della medaglia: per tutti gli altri
imprenditori, che non assumeranno, non perché sono cattivi ma perché non
possono, l’imposta torna al livello precedente, al 3,9%. Da quando? Non
dall’entrata in vigore della legge di Stabilità fissata per gennaio 2015 —
dopo, probabilmente un estenuante dibattito parlamentare e la stesura di un
maxi emendamento —, ma da gennaio scorso.
Sì, da gennaio 2014, con dodici mesi
d’anticipo.
Gerhard Ludwig Muller cardinale (si sarebbe rifiutato di salutare Papa Francesco al termine della messa di beatificazione di Paolo VI in segno di protesta contro l’attuale pontefice)
“Il
Papa ha salutato soltanto alcuni di noi, quelli che stavano nelle prime file.
Io stavo più indietro e comunque avevo parlato con lui già il giorno prima”.
Nessun commento:
Posta un commento