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giovedì 6 marzo 2014

Politici ladroni, corruzione ed etica pubblica e privata (n. 2)

Abbiamo introdotto un  tema: l'intreccio fra ciò che è bene ed è male  che non risolveremo ma su cui è giusto che riflettiamo un poco. 
I politici rubano, gli imprenditori evadono (almeno così dicono i dati), i medici (ovviamente non tutti) sono collusi con le case farmaceutiche, gli sportivi ricorrono al dopping ...
Tutto ciò ha a che fare con l'etica, la morale, i valori.

Un bravo giornalista e scrittore dei nostri giorni ha scritto che oggi l'etica consiste nel "diffidare dell'etica. E' la nostra etica, l'etica del principio di responsabilità, la morale dell'eleganza, della relatività che impone la conoscenza ed il rispetto dei codici, ma non la loro supina e acritica adorazione".
Cosa intende dire lo scrittore ?
Che ciascuno di noi -ai nostri giorni- si costruisce, da sè, un codice sulla propria misura. 
E verosimilmente possiamo pure tentare di mettere in ordine un lungo elenco di fatti a sostegno (e distacco) della tesi tratteggiata.
1) Silvio Berlusconi ha un suo codice etico a cui scrupolosamente si attiene: egli fa coincidere  i suoi interessi personali con quelli del Paese.
E' questa una modalità di vita che già ai primordi della società capitalistica il grande Adam Smith teorizzava. Allora quando un individuo ricco, un produttore di ricchezza (oggi diremmo un imprenditore) si adoperava ad accumulare si era convinti che "accumulare per sè" era una ricchezza per la nazione.
2) Quando Fassino, a telefono, dice. "allora, abbiamo ... una banca !" non pensò affatto a se stesso. Nella concezione di certa sinistra l'impegno nel sociale è un progetto sì idealistico ma al contempo materialistico, sacrosanta struttura di interessi reali a disposizione dell'apparato.
3) L'etica di tanti finanzieri d'assalto di cui i giornali sempre ci descrivono le imprese è quella dei saltatori di ostacoli, del "prendi e fuggi". Per essi sarebbe inettitudine, un delitto non sapersi staccare da terra. Così è infatti per i tanti finanzieri, magari un De Benedetti che trasferisce il domicilio fiscale in Svizzera o un Marchione che porta il domicilio fiscale della Fiat oltre confine, a cui l'interesse del proprio Paese non interessa per nulla; per essi ogni loro atto costituisce un comportamenti eticamente ineccepibili nel mondo degli operatori economici. Si è gentiluomini dell'economia e si entra nella loro cerchia se si possiedono quelle doti che le masse, il popolo di una nazione, non possiede ed anzi avversa.

Continueremo con altre casistiche, però ci pare di avere dato già una elencazione sufficiente per affermare che nel mondo contemporaneo ciascun soggetto della "nuova questione morale" è, in realtà, irreprensibile dal punto di vista della propria etica. Fassino è divenuto sindaco di Torino, Berlusconi si dibatte non tanto per avere violato regole etiche bensì per avere combinato ben altro, Marchione e De Benedetti sono padri riveriti della stampa italiana e non solo di essa.
Berlusconi, tanto refrattario delle regole lo abbiamo visto (per apparire irreprensibile) scombinare e ricombinare leggi dello Stato per ricondurle alla sua etica personale. Come abbiamo visto la volta scorsa pure Enrico VIII per ricondurre tutto alla sua etica personale della "discendenza regia maschile" adattò le regole di Stato alla sua visione (religione di stato, separazione -o ripudio o assassinio- delle mogli).

Tornando all'etica della politica ci accorgiamo che per i politici della prima repubblica (... anche per politici di prima grandezza stranieri: Helmut Kohl) gestire fondi neri del proprio partito era opera che solo i grandi personaggi potevano fare. 
Grandi in che senso ?  Essi conducevano una vita spartana, irreprensibile. Lo stesso Craxi o Kohl  non vissero assolutamente come nababbi e non lasciarono ai familiari nulla di ciò che non rientrasse nelle loro conosciute disponibilità legali.
Il codice etico di Craxi (o di Kohl) era il suo partito che egli voleva rendere più forte di altri e alla maniera di Enrico VIII (che aveva se stesso come codice etico e si riteneva l'anima dell'Inghilterra) identificava (magari errando) le sue aspirazioni con quelle del paese.

Durante la prima repubblica (non esisteva ancora Berlusconi-politico) la vita dei politici veniva condotta nella massima parsimonia. Moro, Fanfani, Andreotti, Forlani pur essendo stati, ciascuno per la propria parte, inventori della corruzione nella Pubblica Amministrazioni, conducevano una vita modesta, viene da dire da piccoli burocrati. Essi pur artefici della corruzione del sistema burocratico italiano non venivano comunque considerati "immorali". Avevano un loro codice etico personale, possedevano dei valori. Anche l'etica filo-mafiosa di Andreotti trova una spiegazione nell'anticomunismo assoluto che lo caratterizzava. Costoro avevano, ripetiamo, un loro codice etico specifico.
(segue)  

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