Brevi notazioni sulla Divina Commedia
Per gli studiosi la grande opera fu scritta a glorificazione di Beatrice, e ciò pone la Divina Commedia sulla scia letteraria delle visioni allegoriche, opere diffusissime lungo tutto il Medio Evo.
Dante cita in vista del viaggio ultraterreno prospettatogli da Virgilio i suoi timori e dubbi e si ritiene indegno per l’impresa che fino ad allora era stata intrapresa solamente da Enea e da San Paolo: “Io non Enea, io non San Paolo sono” (In. II, 32). Sarà comunque Virgilio a rincuorarlo e a indurlo al “viaggio”.
Alla base dell’Opera stanno sicuramente l’Eneide e i Testi Sacri. Dante, in particolare, coglie la continuità fra il pensiero degli antichi e quello dei cristiani, fra la moralità dei Romani ( virtù civili) e l’etica cristiana, pervenendo ai principi che sono ancora oggi alla base della civiltà occidentale. Nell’Epistola a Cangrande della Scala, a cui dedica il Paradiso, Dante chiarisce perché ha definito “Commedia” l’intero Poema: è scritto in volgare ed in stile “comico”, ossia modesto; il linguaggio illustre e lo stile alto -sostiene- si addicono alla “tragedia” e ai personaggi illustri, mentre egli si è proposto di parlare di persone di poco conto e della cronaca dei suoi giorni. In realtà la Commedia dantesca ha uno stile molto vario e tratta sia del “comico” che del “tragico” del vivere umano, e ci si imbatte sia nel plebeo che nel colto.
(segue)
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