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sabato 28 dicembre 2024

Flash sulla letteratura medievale

 Brevi notazioni sulla Divina Commedia

Stando ad alcune letture, pare che esistano circa settecento  manoscritti della Divina Commedia di Dante, alcuni datati, altri databili o di data incerta. Nessuna copia tuttavia è autografa di Dante. La copia più antica risale al 1329, otto/nove anni dopo la morte del poeta.

Per gli studiosi la grande opera fu scritta a glorificazione di Beatrice, e ciò pone la Divina Commedia  sulla scia letteraria delle visioni allegoriche, opere diffusissime lungo tutto il Medio Evo.

Dante cita in vista del viaggio ultraterreno prospettatogli da Virgilio i suoi timori e dubbi e si ritiene indegno per l’impresa che fino ad allora era stata intrapresa solamente da Enea e da San Paolo: “Io non Enea, io non San Paolo sono” (In. II, 32). Sarà comunque Virgilio a rincuorarlo e a indurlo al “viaggio”.

 Alla base dell’Opera stanno sicuramente l’Eneide e i Testi Sacri. Dante, in particolare, coglie la continuità fra il pensiero degli antichi e quello dei cristiani, fra la moralità dei Romani ( virtù civili) e l’etica cristiana, pervenendo ai principi che sono ancora oggi alla base della civiltà occidentale. Nell’Epistola a Cangrande della Scala, a cui dedica il Paradiso, Dante chiarisce perché ha definito “Commedia” l’intero Poema: è scritto in volgare ed in stile “comico”, ossia modesto; il linguaggio illustre e lo stile alto -sostiene- si addicono alla “tragedia” e ai personaggi illustri, mentre egli si è proposto di parlare di persone di poco conto e della cronaca dei suoi giorni. In realtà la Commedia dantesca ha uno stile molto vario e tratta sia del “comico” che del “tragico” del vivere umano, e ci si imbatte sia nel plebeo che nel colto.

(segue)

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