Si fanno sempre meno figli un po’ ovunque nel mondo. I media ci informano che le donne e gli uomini del ventunesimo secolo si stanno comportando in modo diverso; non solo fanno molti meno figli dei loro genitori, ma anche meno di quanto ci si aspettasse qualche anno fa.
Il rapidissimo declino delle nascite, il controllo crescente delle scelte riproduttive sono i fenomeni più importanti del secolo e riguardano Paesi di ogni tipo: laici, religiosi e teocratici, moderni, in transizione e tradizionalisti, ricchi e in via di sviluppo, grandi e minuscoli.
L’aggiornamento dei dati della UN Population Division (ONU) mostra che l’umanità sta smettendo di espandersi. Nell’ultimo secolo e mezzo lo aveva fatto in modo esponenziale. Eravamo un miliardo e mezzo nel 1900, due e mezzo nel 1950, sei miliardi nel duemila e siamo circa otto miliardi oggi. E finalmente la curva sta per flettere: si invertirà, ne sono certi gli studiosi di demografia. Le domande sul consumo eccessivo e la disponibilità scarsa di risorse, che ci inseguono dalla fine del diciannovesimo secolo (dopo i primi studi Malthus nell’Ottocento), lasceranno il posto a domande su chi produrrà risorse per un genere umano che invecchia.
Nell’arco di un decennio, due terzi della popolazione mondiale vive in Paesi nei quali il numero di nascite per abitante è sotto ai livelli necessari a mantenere la popolazione stabile. Stando agli studi dell’economista e demografo spagnolo Jesús Fernández-Villaverde, della Penn University, dopo il Covid-19 il genere umano potrebbe già avere una fertilità sotto al “tasso di sostituzione”: quei 2,1 figli per donna che occorrono perché l’età media non aumenti sempre di più e alla lunga la popolazione non cali.
Fernández-Villaverde sostiene che il numero degli abitanti della Terra inizierà a calare fra 29 anni, visto che le nascite stanno declinando regolarmente più in fretta di quanto avessero previsto i demografi dell’Onu (i quali invece fissano il punto di svolta fra un sessantennio). Oggi sono scesi o sono sul punto di scendere sotto la soglia di 2,1 figli per donna già’ nei Paesi insospettabili, in quelli molto lontani dal benessere e dagli stili di vita occidentali che credevamo essere il contesto del controllo delle nascite e del rinvio delle scelte di procreazione.
Alcuni esempi:
=== l’Iran. Contava 6,63 figli per donna nel 1980, ai primissimi anni della rivoluzione khomeinista, mentre oggi si è a 1,68 (un quarto sotto ai livelli necessari a stabilizzare la popolazione) e soprattutto è quasi un quarto di secolo che l’Iran viaggia sotto i due figli per donna.
=== Gli Emirati Arabi Uniti contavano 6,5 figli per donna nel 1965, due volte e mezzo le medie europee, ma nel 2022 erano già scesi a 1,15: sotto ai livelli dell’Italia, che pure resta fra i Paesi meno fertili del mondo avanzato. Alla lunga gli Emirati dovrebbero praticamente raddoppiare le nascite per mantenere stabile la popolazione senza dover ricorrere ad immigrati.
=== Quasi tutti i Paesi latino-americani conoscono un declino delle nascite che va oltre qualunque previsione: in Cile meno di un figlio per donna, ma anche Argentina, Uruguay, Perù, Brasile o Colombia registrano rapidissimi cali e sono ben sotto i due figli per donna.
=== In India, il Paese più vasto al mondo per abitanti, per la prima volta nella storia negli ultimi tre anni le nascite sono scese sotto il tasso di sostituzione.
=== La Russia di Putin ha perso cinque milioni di abitanti da quando si è formato dalle ceneri dell’Unione Sovietica. Praticamente da mezzo secolo non fa abbastanza figli per riuscire a stabilizzare la popolazione, senza neanche parlare del milione circa fra esuli e morti in guerra dal 2022.
Cosa ci può essere da temere?
Lo stato di dipendenza di troppi anziani da troppo poche persone in età di lavoro può generare conflitti sociali sulla distribuzione della ricchezza; i Paesi in futuro possono entrare in conflitto fra loro non per respingere, come oggi, ma per attrarre l’immigrazione più qualificata.
Nessun commento:
Posta un commento