La trasparenza
La trasparenza dei partiti politici è oggetto di dibattito parlamentare da più legislature, forse da sempre.
Con la legge 9 gennaio 2019, n. 3 sono state introdotte misure per la trasparenza dei partiti e dei movimenti politici e delle fondazioni ad essi vicine, con particolare riferimento al loro finanziamento.
E' in corso in questi giorni una polemica fra i partiti italiani del centro-destra, quelli usciti vincitori dalle urne, probabilmente strumentale nella fase di costituzione del nuovo esecutivo, a conquistare più o meno spazio nelle stanze dove si può in vista della formazione del nuovo governo. Però non mancano -ad arricchire la polemica- allusioni, che, per chi vuole usare malizia, può ricordare la, cosi definita, Prima Repubblica sulla riccattabilità o meno degli uomini politici.
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Ogni paese dispone di bagagli culturali e di concezioni proprie della "cosa pubblica", radicate nella Storia e nel vivere civile.
Il modo svedese
Nel 1995 capitò in Svezia un fatto che coinvolse la Vice Prima Ministra e che indignò l'intero paese nordico. Mona Sahlin utilizzò la carta di credito ministeriale per un piccolo acquisto prettamente personale (non previsto dalla legge) di appena 35 dollari. Verosimilmente lo fece senza né malizia né intenzione. Quando i funzionari governativi verificarono gli estratti conti, secondo le procedure e la coscienza civica del paese, resero pubblica la circostanza. La Vice Premier fu obbligata, dai giornali e dalla coscienza pubblica di quel paese, a dimettersi e a non dedicarsi alla vita pubblica per un decennio.
Mona Smith dopo un anno dalle dimissioni scrisse un libro con cui chiedeva il perdono dei suoi concittadini. Qualcuno nell'episodio, lontanissimo dalla coscienza italica, vi intravede l'etica luterana di quel paese.
In Italia giornalmente, da cittadini veniamo a conoscenza -persino con resoconti giornalistici- di assessorati regionali e non che dopo la timbratura mattutina si svuotano per tornare a riempirsi poco prima della timbratura all'orario di uscita. Da noi nessuno si indigna, nessuno si scusa e raramente veniamo a conoscenza degli esiti giudiziari relativi.
A noi italiani il danno comunitario non suscita indignazione, come invece capita nei paesi nordici.
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