LUOGHI CELEBRI E CARATTERI DEI SICILIANI
di
Patrick Brydone
Nota: come già fatto per i precedenti autori del Grand Tour della Sicilia, frazioneremo pure l'Opera di Brydone in più puntate.
Il testo che proponiamo è sostanzialmente un romanzo epistolare, composto da lettere (fittizie) che l’autore avrebbe mandato a William Beckford di Somerley. In realtà, è una rielaborazione degli appunti del viaggio compiuto realmente dallo scienziato scozzese in Sicilia e a Malta tra il 15 maggio e il 29 luglio 1770.
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L'ascensione dell'Etna
Il 27 all'alba ci mettemmo in cammino per la nostra visita all'Etna, venerabilissima genitrice di montagne. La base e le falde immense del vulcano sono cosparse della sua numerosa progenie, poiché ogni grande irruzione produce un nuovo monte, e forse dal loro numero è possibile accertare, meglio che con qualunque altro metodo, quante siano state le eruzioni e quale sia l'età stessa dell'Etna.
La montagna è divisa in tre regioni distinte chiamate la Regione culta o Pedimontanese, ossia zona coltivata , la regione Sylvosa o Nemorosa, ossia boschiva e la Regione boscosa o scoperta, ossia sterile.
Per il loro clima e per i prodotti, le tre parti differiscono l'una dall'altra altrettanto che le tre zone della terra, e sarebbe altrettanto appropriato denominarle la Zona Torrida, la Temperata e la Fredda. La prima regione cinge il piede del monte e costituisce la più fertile contrada del mondo, in tutta la sua estensione fino all'inizio della regione boschiva, per un tratto cioè di quattordici o quindici miglia. E' costituita quasi esclusivamente di lava, un tipo di roccia che col passare dei secoli finisce per trasformarsi nel più fertile dei terreni.
A Nicolosi, che si trova a dodici miglia dal piede del monte, trovammo che il barometro era a 27, 1 1/2, mentre a Catania segnava 29, 8 1/2. Benché l'altezza di Nicolosi non sia rilevante, non più di tremila piedi probabilmente, il clima era completamente cambiato. A Catania la mietitura era già finita, ed il caldo insopportabile, qui invece la temperatura era moderata ed in molti posti il grano ancora verde. A percorrere queste dodici miglia si trova la peggiore strada che io abbia mai visto, tutta tracciata su vecchi strati di lava e fra i crateri di vulcani spenti, ora trasformati in campi di grano, vigneti e frutteti.
Le frutta di questa regione sono considerate le migliori della Sicilia, specialmente i fichi, di cui ci sono molte varietà: fra le altre, dei fichi grossissimi stimati superiori a tutti gli altri per il sapore squisito, che dicono siano propri soltanto dell'Etna.
Gli strati di lava, che come ho detto formano questa zona della montagna, traggono origine da un numero infinito di montagnole di vaghissimo aspetto sparse ovunque nell'immenso declivio dell'Etna. Sono tutte di forma regolare, conica e semisferica, e tranne pochissime sono coperte di begli alberi e vegetazione rigogliosa. Ogni eruzione forma di regola una di queste montagnole. Poiché infatti il grande cratere dell'Etna si eleva ad enorme altezza al di sogna delle regioni più basse del monte, è impossibile che il fuoco interno, che infuria cercando uno sfogo anche alla base del vulcano e senza dubbio ad un livello molto più basso, possa raggiungere l'altezza di dodici o tredicimila piedi che è più o meno quella della cima dell'Etna. Di solito dunque accade così, che il fuoco, dopo avere scosso la montagna ed i dintorni per un certo tempo, finalmente prorompe dai suoi fianchi: questa è quella che si chiama un'eruzione. Dapprima esce fuori soltanto un fumo denso, poi prorompe una pioggia di ceneri che devasta le campagne vicine, seguono subito dopo sassi arroventati e macigni di gran mole, che vengono lanciati in aria a grandi altezze. Ricadendo in basso insieme alle ceneri scaricate contemporaneamente in grandi quantità, queste pietre finiscono per formare le montagnole sferiche e coniche di cui ho parlato. Talvolta il fenomeno si esaurisce entro pochi giorni, altre volte dura per dei mesi, come avvenne durante la grande eruzione del 1669 che formò una montagna di grandi dimensioni. Alcuni di questi vulcani minori hanno un giro di non meno di sette o otto miglia, e raggiungono un'altezza di mille piedi; altri non superano le due o tre miglia di circonferenza e i trecento o quattrocento piedi di altezza.
(Segue)
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