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giovedì 28 luglio 2022

Oriente Cristiano. Dal numero Speciale dedicato al Venerabile Giorgio Guzzetta (4' testo)

(da pag.21
a pag. 31)


 PAOLO MARTI 

 LA VENERABILITÀ 

La parola venerabile (dal latino venerabilis) ha differenti usi linguistici come aggettivo. Così può significare: degno di venerazione, di rispetto; persona di riconosciuta virtù; titolo per riferirsi a dignità ecclesiastica; e infine il primo titolo che concede la Chiesa cattolica a chi muore con fama di santità, al quale segue comunemente quello di beato, e per ultimo quello di santo. 

 Quest’ultima accezione è quella che ci interessa; Venerabile è un titolo che forma parte del processo di beatificazione e canonizzazione di un fedele battezzato. 

 L’importanza dei processi di canonizzazione deriva dal fatto che manifestano la realtà della santità nella Chiesa; durante la storia della Chiesa, in ogni sua tappa, ci sono stati santi. Ciò significa che si può essere eroici, straordinari ed eccezionali nella pratica delle virtù che caratterizzano la vita ordinaria.

 D’altra parte, l’origine della beatificazione e canonizzazione si incontra nella dottrina cultuale cattolica di invocazione e intercessione dei santi. 

 Come insegna Sant’Agostino d’Ippona i cristiani che in senso stretto adorano Dio, onorano i santi per i doni divini soprannaturali che hanno meritato loro la vita eterna, e attraverso i quali regnano con Dio nel cielo come suoi amici scelti e fedeli servitori. In altre parole, i cristiani onorano Dio nei suoi santi come l’amorevole dispensatore dei beni soprannaturali. 

 Come si sviluppa questa tappa del processo di canonizzazione? Una volta introdotta la causa, si inizia l’investigazione sopra la vita e gli scritti del servo o serva di Dio, che si concluderà con la dichiarazione di venerabile se il parere è positivo. 

 L’obbiettivo di questa parte del processo è stabilire se il servo o serva di Dio ha vissuto in forma eroica le virtù cristiane e la sua fama di santità; perciò si esamina la sua vita e si cerca di verificare, attraverso i fatti della sua esistenza, il suo modo di vivere le virtù teologali – fede, speranza e carità – e quelle cardinali – prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. 

 Si noti che importano poco i fatti straordinari che si sono verificati nella vita del servo o serva di Dio; una causa nella quale il postulatore (chi si occupa delle pratiche necessarie dal processo diocesano fino alla proclamazione della venerabilità) abbia riportato solo fatti straordinari senza prove in cui il servo o serva di Dio abbia vissuto le virtù, difficilmente risulterà.


Esiste la pratica di considerare che si sono vissute le virtù eroiche se il servo o serva di Dio ha lottato per viverle almeno gli ultimi cinque anni della sua vita. Tale criterio si è reso più flessibile recentemente nelle cause per i bambini. 

 In primo luogo si sviluppa il processo sulla vita e le virtù del servo o serva di Dio. Una commissione giuridica, designata dal Vescovo diocesano, riceve le testimonianze delle persone che hanno conosciuto direttamente o indirettamente il servo o serva di Dio. Tale commissione diocesana non emette nessun giudizio sulla dichiarazione di santità dei servi di Dio, poiché tale giudizio è riservato alla Congregazione per le cause dei Santi (dicastero romano che si occupa delle cause dei santi). Si realizza, inoltre, un processo agli scritti del servo o serva di Dio. 

 Una commissione di teologi censori, nominati dal Vescovo diocesano, analizza l’ortodossia (purezza di fede, retta credenza) degli scritti del servo o serva di Dio. Una volta terminata la fase probatoria, si redige un documento nel quale si esaminano i dati raccolti (la cosiddetta positio) e si inviano alla Congregazione per le cause dei Santi, terminando così la fase diocesana e cominciando quella romana.

 Ricevuta la causa, si assegna a uno dei relatori della Congregazione il quale prepara le ponenze (tutti i documenti prodotti e ritenuti importanti che si presenteranno ai Cardinali incaricati) sulle virtù del servo o serva di Dio. Tale compito si prolunga per diversi anni, a seconda dell’importanza della causa, determinata principalmente dalla fama di santità del servo o serva di Dio. 

 Per questo se il postulatore vuole dare impulso ad una causa, può raccogliere le testimonianze in favore attribuite all’intercessione del servo o serva di Dio, possibilmente con documentazione che attesti il miracolo, come rapporti medici, dichiarazioni giurate e simili. 

 Sono anche utili altri documenti che attestino la fama di santità, come lettere di fedeli oppure l’inizio di un procedimento su un presunto miracolo. 

 La ponenza sulle virtù si presenta alla commissione di teologi, i quali emettono il loro voto. Se questo è favorevole, si consegna ai Cardinali e Vescovi membri della Congregazione. Se anche il loro voto è favorevole, si presenta al Santo Padre la proposta che si approvi il decreto sulle virtù eroiche del servo o serva di Dio.

 Una volta approvato, il servo o serva di Dio riceve il titolo di venerabile. Le norme liturgiche non permettono di dare nessun tipo di culto pubblico ai servi o serve di Dio dichiarati venerabili, però dal momento della dichiarazione possono cessare i suffragi per le loro anime, poiché la Santa Sede ha giudicato che hanno vissuto in forma eroica le virtù cristiane.


PAOLO VILOTTA paolovilo@yahoo.it 

IL PERCORSO PER CONSEGUIRE 

 LA VENERABILITÀ 

Dopo la morte, la memoria e la devozione verso il Venerabile Giorgio Guzzetta si mantenne viva, particolarmente, nel seminario greco-albanese di Palermo, dove continuarono a operare i discepoli; anche nei paesi siculo-albanesi dove furono mandati per la loro missione pastorale, dopo essere stati formati. In seno all’istituzione vi era chiara intenzione di avviare un Processo di canonizzazione. Infatti, le stesure della biografia di p. Luca Matranga (1727-1781), Preposito dell’Oratorio di Piana, dalle quali il sac. Giovanni D’Angelo trasse, poi, la vita del Servo di Dio, riportano una «Protesta dell’autore» in cui si legge: «A quanto rapportarsi in questa storia non si pretende recare maggiore moneto di quello che merita la fede umana, giusta i decreti della Santa Inquisizione del 13 marzo 1625 e 5 luglio 1634 [sic: 2 ottobre 1625] e del Sommo Pontefice Urbano VIII 5 luglio 1631 [sic: 5 luglio 1634], sottoponendo l’autore, se stesso e tutte le cose sue al giudizio, mente ed autorità della santa Apostolica Romana Sede, qual figlio che si fa piena gloria ad ubbidirle». 

 Il richiamo ai Decreti della Santa Inquisizione del 1625, che hanno dato origine alla dichiarazione del “non culto”, e alla nuova legislazione riguardante la procedura delle cause di canonizzazione dettata da Urbano VIII con il breve Coelestis Hierusalem cives del 5 luglio 1634, costituisce un segno evidente che p. Matranga avesse scritto la Vita per essere destinata all’apertura della Causa di Beatificazione. Tanto è vero che, questa impronta, rimase anche nella biografia edita, come rilevò Vittorio Peri, scrivendo: «Anche se, non detto o espresso chiaramente dal D’Angelo o da altra fonte, che quest’opera era un raccogliere in modo organico le notizie del Padre Giorgio, morto in concetto di santità, per servire a un processo di canonizzazione». 

 Tra la morte del Guzzetta (1756) e la pubblicazione della Vita del D’Angelo (1798) intercorsero 42 anni, dovuti non al calo di interesse verso la sua persona e l’opera, ma alla volontà di elaborare una vita in cui si evidenziassero, con grande scrupolo e puntigliosa erudizione, anche le virtù. Non risulta mai esplicitamente menzionata la paternità del Matranga, ma la si desume con certezza da una lettera del 20 novembre 1771, in cui il Preposito della Congregazione dell’Oratorio di Palermo p. Girolamo Castelli, di fatto, sollecitava p. Luca a procedere nel lavoro: «Credo che il degnissimo Padre Luca ‒ scriveva ‒ avrà dato principio al ripulimento della vita di Padre Giorgio e potrà di libretto in libretto mandarmi quelle che va allestendo per rivederla e così guadagnar tempo». Il Matranga, sicuramente, continuò a lavorare fino a quando intervenne la sua morte nel 1781. La lettera del 1796 di p. Francesco Ferrara a p. Girolamo Castelli confermò che la biografia era sempre in elaborazione da parte del Castelli: «Ho differito a rimettere a V. E. R.ma le notizie ricercatemi, con le rispettive giustificazioni in rapporto alla vita del nostro P. Giorgio Guzzetta, non per mancanza di attenzione, ma per rinvenire i lumi relativi dalle pubbliche carte. Per quanto, dunque, ho potuto ricavare da alcuni scritti che si ritrovano in più volumi, conservati in questa nostra Maggiore Chiesa, posso dire a V. E. R.ma che le controversie che si agitavano nel 1718 nella Sede Apostolica, non riguardavano propriamente i riti Greci, ma piuttosto alcuni punti di disciplina che si praticavano allora in questa e, tuttora si osservano, e che vengono vietati dalla Bolla di Clemente VIII che comincia “Perbrevis Instructio”, emanata ad istruzione degli Italo - Greci. Questi si raggiravano principalmente sulla proibizione della Comunione promiscua tra Greci e Latini e sul divieto che le donne Latine, unite in matrimonio ai mariti Greci, seguitassero il Rito Greco dei loro mariti». 

 Il D’Angelo portò a compimento quanto p. Girolamo Castelli aveva iniziato, mantenendo la stessa struttura, gli stessi contenuti della biografia manoscritta del Matranga e la medesima finalità per «Edificare de’ buoni seguaci di Gesù Cristo, il quale nella sua Chiesa diletta in diversi tempi sa far sorgere de’ virtuosi uomini» e trasmettere «un modello da imitare [...] che in noi sveglia una certa generosa fiamma di emulazione per vivere cristianamente». 

Al notevole ritardo della pubblicazione della biografia del D’Angelo si venne ad aggiungere l’attribuzione della competenza di un eventuale Processo all’Arcidiocesi di Monreale ‒ a causa della morte del Guzzetta a Partinico ‒, ma questa era del tutto disinteressata ad una tale iniziativa. 

 Bisognò attendere il novembre 1906 quando, per la perseveranza di Mons. Paolo Schirò, all’epoca Vescovo ordinante e Rettore del Seminario greco-albanese di Palermo, si giunse al riconoscimento delle spoglie mummificate di p. Giorgio Guzzetta nella cripta della chiesa all’Olivella di Palermo, adibita a sepolcro comune dei Padri dell’Oratorio. Ripresero vigore gli originari propositi del Processo di Beatificazione, cominciando col dare degna sepoltura alla salma che venne posta in un’urna di cristallo e traslata nella chiesa all’Olivella soprastante la cripta, dopo averne fatta la constatazione ufficiale del rinvenimento con atto notarile. 

 Passato del tempo venne chiesta alla Curia Arcivescovile di Palermo dal Vice-Postulatore della Causa l’oratoriano p. Giuseppe Timpanaro, Rettore della chiesa di S. Ignazio all’Olivella, la ricognizione e la traslazione della salma del Guzzetta dal cedente luogo alla chiesa. Lo stesso giorno, 23 novembre 1934, il Card. Luigi Lavitrano, Arcivescovo di Palermo, concesse la facoltà stabilendo fosse sepolto in cornu epistolae sotto la statua di S. Giovanni Evangelista. A tale scopo delegò il Vescovo ordinante Mons. Paolo Schirò e nominò Promotore Mons. Gioacchino Bibbia, notaio Salvatore Carretta; i periti medici prof. Ferdinando Nicoletti e dr. Matteo Gennusa, i quali eseguirono la ricognizione il giorno successivo, 24 novembre, e, il 25, poté essere traslato. L’8 dicembre 1934 il Postulatore Generale della Congregazione dell’Oratorio, p. Carlo Naldi, presentò istanza a Papa Pio XI perché, volendosi iniziare il Processo di Beatificazione del Padre Giorgio Guzzetta, accordasse il permesso che fosse celebrato nella Diocesi di Palermo, dove visse e operò il Guzzetta, e non nella Diocesi di Monreale, nel cui territorio (Partinico), casualmente, morì. Con Rescritto del 19 dicembre 1934, Papa Pio XI accolse l’istanza e conferì la competenza del Processo informativo alla Curia di Palermo, quasi in coincidenza con le manifestazioni tenute per la ricorrenza del 200.mo di fondazione del Seminario greco-albanese di Palermo, che si svolsero a Palermo e a Piana dei Greci in onore del Guzzetta. L’evento suscitò una fiammata di buoni propositi, ma, al rescritto pontificio, non seguì alcuna iniziativa concreta per l’avvio della Causa. Anche presso la Diocesi di Palermo, alla quale il rescritto pontificio aveva trasferito la competenza del Processo Informativo, gli atti continuarono a languire. Nei paesi siculo-albanesi, tuttavia, rimaneva viva la speranza di poter un giorno compiere questo atto dovuto nei confronti del loro venerato benefattore. 

l 26 ottobre 1937, Pio XI istituì la Diocesi di Piana dei Greci, che, il 25 ottobre 1941, divenne Eparchia di Piana degli Albanesi, retta da Mons. Giuseppe Perniciaro (1907-1981), Ausiliare dell’Arcidiocesi di Palermo. La circostanza fu considerata un auspicio favorevole per poter sollecitare a tal fine i dicasteri della S. Sede. Ma scoppiò la guerra. Nelle incursioni aeree del 5 aprile 1943 su Palermo, il sepolcro del Servo di Dio Guzzetta fu danneggiato, tuttavia il corpo mummificato rimase intatto. 

 Il 28 novembre 1952 si poté procedere alla ricognizione e anche alla traslazione temporanea dei resti mortali nel coro della chiesa di S. Ignazio. Il Card. Ernesto Ruffini, però, con il consenso dei Padri Filippini dell’Olivella, ne dispose il trasferimento nella Cattedrale di Piana degli Albanesi. Cosa che avvenne il 30 novembre 1952. Si preparò il sepolcro e, il 20 novembre 1954, alla presenza del Card. Eugenio Tisserant (1884-1972), Segretario della Sacra Congregazione Pro Ecclesia Orientali (1936-1959), si tenne la tumulazione. Nel discorso tenuto da p. Giuseppe Valentini s.j., ufficialmente, si sollecitò il Cardinale a interessarsi alla Causa del Guzzetta; cosa che il porporato non mancò di fare. Infatti, il 15 dicembre 1954, inviò a Mons. Perniciaro una lettera in cui si consigliava come procedere: «Mi sono interessato presso la S. Congregazione dei Riti per sapere se, data l’esistenza di una Eparchia per i fedeli di rito greco e lingua albanese in Sicilia, non sia opportuno che venga svolto, presso il tribunale di tale Eparchia, il desiderato



processo di istruttoria in ordine alla Beatificazione del Servo di Dio P. Giorgio Guzzetta; la cui fama di santità è così viva in mezzo alla popolazione. La S. C. dei Riti mi ha significato che, da parte di essa, non vi sono difficoltà, anzi, sembra naturale, che la causa si svolga presso il tribunale di codesta Eparchia, cui sarebbe appartenuto il P. Giorgio Guzzetta, se fosse stata eretta negli anni della sua vita mortale. E poiché lo svolgimento avvenga nel senso indicato è necessario fare due cose: 
  l) presentare una istanza alla S.C. dei Riti, nella quale si domanda quanto ho significato; 
  2) unire uno scritto dell’Arcivescovo che, stando al C.J.C. [Codice di Diritto Canonico] avrebbe diritto ad iniziare il processo, perché non si ha nulla da eccepire per l’attuazione di tale procedura.
  Nel chiedere la sopra detta dichiarazione V. E. Rev.ma metterà in rilievo che, detta causa, rientra nel numero di quelle dette ‘storiche’; pertanto non vi sarà bisogno di ascoltare dei testi, ma solo di raccogliere documenti». 
  Non si registrarono iniziative per l’avvio del Processo, ma il clero e i fedeli della Eparchia di Piana degli Albanesi si prepararono a commemorare, degnamente, il secondo centenario della morte. Infatti, il 15 settembre 1956, Mons. Perniciaro ne interessò il Tisserant. Il Cardinale, il 24 ottobre successivo, inviò una lettera al Card. Ernesto Ruffini, Amministratore Apostolico dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, in cui partecipava anche la speciale benedizione di Pio XII, che fu riprodotta nel ricco programma dei festeggiamenti. L’anno successivo, un comitato, Vatra arbëreshvet (Il focolare degli italo-albanesi), promosse, a Roma, la commemorazione del secondo centenario della morte del Guzzetta alla Chiesa Nuova, in Corso Vittorio Emanuele, con un discorso del ministro on. Bernardo Mattarella e, alla Chiesa di S. Atanasio, in via del Babuino, con un pontificale di Mons. Perniciaro.

La memoria continuò ad essere viva, ma anche il trasferimento della competenza della causa dalla Diocesi di Monreale alla Diocesi di Palermo nel 1934, non fece registrare alcun progresso effettivo alla Causa. Si dovette attendere il 1984, quando Mons. Ercole Lupinacci, Vescovo dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, richiese alla Conferenza Episcopale Siciliana di introdurre la Causa. Questa, nella Sessione del 9- 11 ottobre 1984, tenutasi a Favara, ne discusse e, il 30 ottobre, diede parere favorevole. Naturalmente, la competenza della Causa era ancora della Diocesi di Palermo; quindi, il 14 novembre 1984, Mons. Lupinacci fece richiesta all’Arcivescovo di Palermo perché la passasse all’Eparchia di Piana degli Albanesi. Il Card. Salvatore Pappalardo diede l’assenso il 19 gennaio 1985. Si chiese alla Postulazione Generale della Congregazione dell’Oratorio di Roma se vi fosse ostacolo a che la Causa fosse patrocinata dall’Eparchia di Piana. Si invitò il Postulatore generale p. Paolo Zanutel dell’Oratorio ad assumerne la Postulazione (14 novembre 1984). Questi, il 2 dicembre successivo, declinò l’invito, e rispose che non vi era alcuna difficoltà da parte della Congregazione dell’Oratorio a che la Diocesi ne assumesse il patrocinio, a condizione, tuttavia, che apparisse sempre specificato, in ogni atto, che il Guzzetta apparteneva alla Congregazione dell’Oratorio. 

 Ai primi di febbraio 1986 Mons. Lupinacci prese contatto con p. Ernesto Piacentini ofmconv. chiedendo di controllare la situazione e lo stato della Causa presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Fu trovato solo il passaggio di competenza da Monreale a Palermo. L’8 ottobre 1986 Mons. Ercole Lupinacci nominò Postulatore della Causa p. Piacentini. Intanto il 27 settembre Mons. Lupinacci, aveva fatto istanza alla Congregazione delle Cause dei Santi per il trasferimento del foro di competenza dalla Diocesi di Palermo a quella di Piana degli Albanesi, avendo già ottenuto il benestare da parte della Conferenza Episcopale Siciliana, dall’Arcivescovo di Palermo e dalla Congregazione dell’Oratorio. Il 23 gennaio 1987 il Card. Pietro Palazzini comunicò l’assenso della Congregazione perché la Causa del Guzzetta fosse istruita dall’Eparchia di Piana. Il tutto pareva prendere la piega giusta quando il 30 novembre 1987 Mons. Ercole Lupinacci fu trasferito all’Eparchia di Lungro in Calabria, e l’iniziativa di avviare finalmente la Causa del Guzzetta segnò una nuova battuta d’arresto. Il nuovo Eparca di Piana degli Albanesi, Mons. Sotìr Ferrara, designato il 15 ottobre 1988 e ordinato il 15 gennaio dell’anno successivo, fu assorbito da impegni diversi, cosicché, solo il 3 novembre 2000, p. Piacentini poté presentargli il Supplice Libello per l’introduzione della Causa. Il Postulatore nominò come collaboratore l’avv. Vito Lo Verde per effettuare le ricerche necessarie e la documentazione da reperire nei vari archivi. Con decreti, emanati il 23 ottobre 2001, Mons. Sotìr Ferrara costituì il Tribunale nominando l’archimandrita Antonino Paratore Delegato Episcopale, l’archimandrita Marco V. Sirchia Promotore di Giustizia, papàs Gjergji Guzzetta e don Porfilio Traficanti a Notaio Attuario e Notaio Aggiunto. Il 26 ottobre costituì la Commissione di Periti in storia composta dall’Avv. Vito Lo Verde Presidente, dal Prof. 

Matteo Mandalà e dal Papàs Giovanni Pecoraro. Quindi emanò, sempre lo stesso giorno, il decreto di introduzione della Causa di Canonizzazione fissando il 21 novembre come data dell’inizio dell’Inchiesta diocesana. Il 21 novembre si tenne la prima sessione di apertura. Per l’occasione il Postulatore si rivolse ai presenti tracciando un quadro di quanto era avvenuto dalla morte del Guzzetta, e cosa si dovesse fare per giungere ad una felice conclusione, evidenziando l’importanza e l’attualità della Causa. Negli anni successivi la Commissione Storica provvide alle ricerche e raccolta degli scritti di e su P. Giorgio Guzzetta, alla compilazione delle fonti bibliografiche, alla raccolta di contributi scientifici, allo studio critico delle fonti archivistiche e alla stesura della relazione finale, consegnata dall’Avv. Lo Verde nell’estate del 2009. Il Tribunale, invece, non si tenne alcuna sessione per l’escussione dei testi relativi alla verifica della continuità della fama di santità. 

 Se è nella perseveranza che tutte le altre virtù danno il loro frutto, proprio in ciò possiamo inquadrare il lungo viaggio e la svolta in cui si inserisce la Causa del Guzzetta. Il nuovo Eparca, Mons. Giorgio Demetrio Gallaro, insediato il 28 giugno 2015, con la ferma volontà di riprendere e di portare a termine l’Inchiesta diocesana, così riferiva alla Congregazione delle Cause dei Santi, motivando il lungo iter della Causa: «Era nell’intenzione dei miei predecessori ‒ Mons. Giuseppe Perniciaro, Mons. Ercole Lupinacci e Mons. Sotir Ferrara, ‒ ma le difficoltà contingenti, quali quelle economiche o di una struttura con competenza tale da poter gestire una causa storica della portata di una personalità eminente, sia dal punto di vista storicoculturale che religioso, ha fatto sì che venisse ritardato e si procrastinasse l’avvio ufficiale della Causa di Beatificazione e Canonizzazione». Dunque proprio nel senso di questa continuità, il 10 dicembre mi nominò Postulatore, dal momento che P. Ernesto Piacentini per motivi di salute non avrebbe potuto più occuparsi della Causa. Insieme con S. E. Mons. Gallaro, abbiamo svolto un’importante ricerca che è stata effettuata direttamente presso l’Archivio della Congregazione delle Cause dei Santi, al fine di verificare se tutte le procedure giuridiche precedenti erano state rispettate e se vi era del materiale documentale. Abbiamo potuto constatare, come anche don Mario Torcivia riporta in maniera dettagliata e precisa, nel capitolo “La Causa di Canonizzazione” della biografia di P. Guzzetta, in che modo per tutto il ‘900 è chiaro e documentato quanto sia stato forte l’interesse di riprendere e valorizzare la figura di p. Giorgio. Durante questa mia ricerca sono emerse alcune problematiche giuridiche che abbiamo subito affrontato e risolto, tra queste, di particolare importanza per il proseguo della Causa, è stato richiedere il cosiddetto “Nulla Osta” alla Congregazione delle Cause dei Santi, affinché si potesse procedere all’Introduzione dell’Inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio Giorgio Guzzetta. Il suddetto “Nulla Osta” consiste nel fatto che il vescovo competente chiede al dicastero delle Cause dei Santi di svolgere le opportune indagini presso tutti i dicasteri della Santa Sede, affinché non ci sia nulla di contrario all’apertura ufficiale della suddetta Inchiesta. Quindi Mons. Gallaro, il 3 dicembre 2015, ha inoltrato questa richiesta alla Congregazione delle Cause dei Santi, la cui risposta positiva è avvenuta il 16 giugno 2016. Successivamente, il 22 gennaio 2016, l’Ordinario si premurò di chiedere nuovamente alla Conferenza Episcopale Siciliana il parere sull’opportunità di riprendere la Causa; cosa che fu accordata il 5 febbraio successivo. 

 Dal momento che l’Avv. Lo Verde era morto, il Vescovo provvide, il 7 marzo 2016, alla conferma del Prof. Matteo Mandalà e di Papàs Giovanni Pecoraro e alla nomina di Papàs Rosario Caruso e del Prof. Gaetano Passarelli a Presidente, per completare e chiudere i lavori della Commissione Storica. A tal proposito, è importante sottolineare come il lavoro di ricerca documentale della Fase diocesana sia avvenuto in una stretta continuità con la prima Commissione Storica, infatti, tutto ciò che era stato raccolto è stato valorizzato al massimo, ricontrollandolo, integrandolo e aggiornandolo. 

 Data la non disponibilità di alcuni membri del precedente Tribunale ecclesiastico per l’escussione dei testi, l’Ordinario, il 29 giugno 2016, procedette alla conferma dell’Archimandrita Antonino Paratore a Delegato Episcopale e di Don Porfilio Trafficanti a Notaio Attuario, e alla nomina di Don Giovanni Stassi come Promotore di Giustizia e di Papàs Giuseppe Di Miceli come Notaio Aggiunto. 

Terminate tutte le sessioni, riguardo l’escussione dei testimoni, raccolta e presentata al Tribunale Ecclesiastico tutta la documentazione storica, il 25 novembre 2017, si è celebrata la sessione di chiusura dell’Inchiesta. 

 Consegnati gli Atti alla Congregazione delle Cause dei Santi e, successivamente, aperti presso il Dicastero, si è proceduto al loro studio, ottenendo la Validità giuridica il 21 settembre 2018. Nel Congresso Ordinario della Congregazione delle Cause dei Santi, del 25 gennaio 2019, venne nominato Relatore della Causa Mons. Maurizio Tagliaferri, a cui la Postulazione ha affiancato come collaboratore il Prof. Gaetano Passarelli, il quale ha magistralmente elaborato la Positio, cioè quel volume che, secondo una rigida e precisa metodologia, sintetizza tutta la documentazione (Istruttoria) che serve a provarne l’esercizio eroico delle virtù. 

 Terminato questo lavoro, si è proceduto ad una prima stampa, avvenuta nel 2020, della Positio, le cui copie, in questa prima fase, sono state rilegate in brossura grigia e, successivamente, sottoposte, il 12 gennaio 2021, all’esame dei Consultori storici. Ottenuto parere favorevole, si è, quindi, stampata, nel 2021, la Positio definitiva, e si è discusso, secondo le procedure, se il Servo di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù cristiane. Il 15 giugno 2021 i Consultori Teologi hanno espresso parere affermativo. I Padri Cardinali e Vescovi, nella Sessione Ordinaria del 9 novembre dello stesso anno, hanno riconosciuto che P. Giorgio Guzzetta in vita ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse, tanto da poter essere indicato come esempio ai cristiani. 

 Il 25 novembre 2021, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Durante l’Udienza, il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Giorgio Guzzetta con il titolo di Venerabile. 

 In conclusione, vorrei sottolineare il forte impulso dato alla Causa di Beatificazione e Canonizzazione di S. E. Mons. Giorgio Demetrio Gallaro. Fin dall’inizio del suo mandato, come vescovo dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, una delle sue priorità è stata proprio quella di portare a termine la Causa in risposta ai tanti devoti che da anni attendevano il riconoscimento della venerabilità del p. Guzzetta.

(Segue)


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