Il Feudo in Sicilia
ante Riforma Agrari
Paolo Balsamo, lo studioso settecentesco che per qualche tempo ci proponiamo di seguire, sostiene che il quadro socio-economico e terriero della Sicilia di fine settecento corrispondeva, nella sostanza, al regime feudale instaurato dai Normanni fra il 1061 e il 1194.
Lo studio del prof. Orazio Cancila, che ci servirà da guida, evidenzia che nell'ambito delle giurisdizioni feudali gravitavano detentori di proprietà libere. All'interno di uno stesso feudo potevano sussistere delle tenute (borgesati) in mano a privati: costoro non pagavano censo alcuno ed avevano il diritto di pascolare gratuitamente negli erbaggi del feudo a cui erano aggregati un numero di capi di bestiame pari al numero di salme (salma= ha. 2,23) che costituivano il borgesaggio. Su quest'aspetto avremo modo di chiarire il ruolo che i Cardona assegnarono al fondo di Serradamo, che peraltro si sostanziava in una sorta di enfiteusi.
Il prof. Cancila sottolinea che nei casi di enfiteusi generalmente esistevano delle prescrizioni quale quella di lasciare annualmente la terza parte del lotto incolto (-vacante-), perché il feudatario e gli altri borgesaggieri potessero a loro volta esercitarvi il diritto di pascolo. Il mancato rispetto delle condizioni comportava la perdita del diritto al pascolo gratuito del feudo e inoltre il pagamento della copertura sulla parte utilizzata oltre il consentito, ossia un canone in natura equivalente (in linea generale) per ogni salma di terra coltivata in più.
(Segue)
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