La guerra in Ucraina e la conseguente inflazione che sta inalberando in ogni angolo del pianeta il costo della vita (inflazione) in conseguenza dei costi energetici, dei costi del grano e ... ovviamente della speculazione, ci ha fatto ricordare quando, nei secoli andati, la Sicilia era esportatrice di grano e a speculare sul prezzo -fra le nazioni- erano i baroni.
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Nella Sicilia cinquecentesca le entrate statali (del Regno) erano raggruppabili in due categorie:
-entrate tributarie
-entrate extratributarie
Le prime consistevano nei "donativi" concessi dal Parlamento al sovrano: si trattava di introiti doganali e altri cespiti, fra cui quelli del commercio del grano.
Spettava però al Secreto del Regno (una sorta di primo ministro) governare e sovrintendere alle dogane di terra e di mare, imporre le imposte sulle "produzioni" sui trasferimenti di beni e sui consumi. Dal Secreto del Regno dipendevano le secrezie locali (=le amministrazioni locali) che erano tenute a riferire a lui sulla vita sociale ed economica dei vari centri dell'Isola.
Tutti i portolani dell'Isola avevano il loro riferimento finanziario nel "Tesoriere del Regno" il cui titolato era di fatto la figura che all'interno del Regno costituiva il raccordo di tutte le entrate ed uscite dell'amministrazione regia.
La Monarchia sicula di allora, attraverso la notevole rilevanza economica del grano esportabile dall'Isola, non esitava ad usare la leva dell'esportazione del grano siciliano nel gioco politico e negli equilibri fra lee potenze che si affacciavano nel Mediterranee. Non esistevano ovviamente gli immensi silos che oggi sorgono nel porto di Odessa, in Ucraina, ma la politica di allora -nel Cinquecento- non era inferiore quanto a ricatti e "cattiveria umana" nell'uso del "potere" rispetto a quella dei nostri giorni.
Esiste una vastissima letteratura, che nel tempo potremo -in sintesi- riportare sul blog.
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