Il 17 giugno i greci tornano a votare.
Sara' per loro come un "referendum": stare in Europa e quindi votare i partiti che hanno la cultura europeista ovvero iniziare percorsi alternativi ?
Il partito della sinistra radicale, sorto dalla costola socialista che non vuole sopportare la terapia di Bruxelles dice di accettare l'Europa ma non la medicina amara. E' come dire vogliamo gli aiuti ma non la cura della malattia. E' come dire vogliamo i benefici dell'euro ma non intendiamo pagare il biglietto.
Vediamo cosa puo' accadere il 17 giugno.
Scenario
1) ripudio del piano di salvataggio
Se Syriza (la sinistra radicale, uscita dal pasok) vince le elezioni e decide di non onorare il piano di salvataggio ma di mantenere l'euro, l'Unione europea potrebbe sospendere la concessione dei prestiti, pur sapendo delle gravissime ripercussioni che ricadrebbero negli anelli debboli dell'Unione: Spagna e Portogallo.
Atene, senza nuovi prestiti, già da luglio non pagherebbe più i propri debiti (interni ed esterni) ma allo stesso tempo non potrebbe più ricapitalizzare le banche secondo il piano concordato con l'Ue.
La Banca centrale europea (Bce) impedirebbe alla Banca greca di stampare euro imponendole un forzoso ritorno alla dracma.
I cittadini potrebbero (come gia' stanno facendo in queste ore) però muoversi d'anticipo prelevando dai conti correnti euro (valuta che ovviamente varrebbe ben di più di della dracma). Per evitare ciò, il governo greco potrebbe imporre la chiusura delle banche reintroducendo di forza la dracma.
Il partito Syriza in pratica si sta caricando con la sua linea (euro sì ma senza salvataggio) della responsabilita' del fallimento del paese, di fare della Grecia un paese da terzo mondo, nel vecchio continente.
2) rinegoziazione del piano di salvataggio
Se i partiti pro-euro che vorrebbero una rinegoziazione del piano di salvataggio (ossia una medicina meno amara) vincono con larga maggioranza alle elezioni, e' necessario che l'atteggiamento politico di Germania, Finlandia e Norvegia che da tempo spingono sulla linea del rigore, diluiscano su tempi piu' lunghi, nel lungo periodo, il debito.
3) il piano di salvataggio viene rispettato
Questo scenario prevede che qualunque governo vada al potere, Atene voglia accettare di proseguire a testa bassa sull'attuale linea del rigore, condizione per cui l'Unione europea possa elargire finanziamenti alla Grecia.
E' la medina amara ma necessaria che contempla l'inasprimento delle misure di austerity su salari e pensioni con il gravissimo rischio che l'economia greca (in recessione da cinque anni, nel 2011 a -7,5%, nel primo trimestre 2012 a -6,2%) rimanga imballata ancora a lungo con cittadini strozzati da una qualità della vita sempre più precaria. Sempre piu' precaria ma migliore di quella che accadra' di dover affrontare fuori dall'euro.
Insomma, da qualunque angolo la si guardi, l'economia greca è intrappolata. Colpa dei governi imbroglioni, piu' imbroglioni di quelli italiani, che hanno taroccato i conti del paese.
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