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mercoledì 23 maggio 2012

20 anni dalla strage. Nulla è cambiato in meglio fra noi

 "Si muore generalmente perche' si e' soli o perche' si e' entrati in un gioco troppo grande. 
Si muore spesso perche' non si dispone delle necessarie alleanze, perche' si e' privi di sostegni. 
In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non e' riuscito a proteggere"
Giovanni Falcone 

Giovanni Falcone e Francesca Morvillo
Giovanni Falcone nasce a Palermo il 20 maggio 1939. Muore nella strage di Capaci il 23 maggio 1992 quando la mafia ha fatto saltare in aria un tratto dell'autostrada A29 (Mazara-Palermo) uccidendo, oltre al magistrato, anche la moglie, Francesca Morvillo, e gli agenti di scorta, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. E' un eroe, medaglia d'oro al valor civile in quanto pur "consapevole dei rischi cui andava incontro quale componente del *pool antimafia*, dedicava ogni sua energia a respingere con rigorosa coerenza la sfida sempre piu' minacciosa lanciata dalle organizzazioni mafiose allo Stato democratico", come riportato nella motivazione. Si e' laureato in giurisprudenza nel 1961 ed e' entrato nell'ordine giudiziario tre anni dopo. Viene assegnato alla pretura di Lentini e poi al tribunale di Trapani, dove svolge il ruolo di pubblico ministero per dodici anni. Nel 1978 viene assegnato alla sezione fallimentare di Palermo. Chiede quindi di essere assegnato all'ufficio istruzione allora guidato da Rocco Chinnici. Questi lo chiama nel maggio 1980 e gli assegna un fascicolo di rilievo: "Rosario Spatola". Una inchiesta sul traffico di droga Palermo-Usa che coinvolgeva le famiglie Inzerillo e Gambino. Un fascicolo che era costato la vita al Procuratore Gaetano Costa, trovatosi solo a a firmare i mandati di cattura. Falcone lavorando su questo fascicolo scopre la grande importanza che possono rivestire le "indagini patrimoniali". Cosi' sul finire del 1980, ha in mano tutte le distinte di cambio di valuta estera dal 1975 in poi e scopre un assegno di centomila dollari scambiato in una banca palermitana che prova come Michele Sindona si trovasse in Sicilia, smontando la storia del sequestro del bancarottiere. Delineati i contorni di una organizzazione enorme, Falcone si teca in Usa, dove incontra Victor Rocco, assistente del distretto est di New York. Con l'arrivo a Palermo di Antonino Caponetto, Falcone diventa la punta di diamante del "pool antimafia" e chiama a lavorare con se' Paolo Borsellino; Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta si uniranno al gruppo. La svolta arriva con l'arresto e l'estradizione di Tommaso Buscetta, che si decide di collaborare con la giustizia e chiede di parlare proprio con Falcone. Il primo interrogatorio, avvenuto a Roma, mette in campo che dopo le dichiarazioni rese, il conto che il magistrato aprira con 'cosa nostra' si chiudera' con la morte. Falcone dispone dei blitz e la mafia capisce che Falcone fa sul serio; vengono nel breve volgere di tempo due suoi collaboratori, Ninni Cassara' e Beppe Montana. In questo contesto Falcone e Borsellino vengono condotti nell'isola dell'Asinara al fine di completate il lavoro istruttorio del maxiprocesso a Cosa Nostra. La Corte d'assise accoglie la tesi accusatoria di Falconi e piovono 360 condanne per oltte duemila anni di carcere. Nel 1987 Falcone si candida per dirigere l'ufficio istruzione. Ma il CSM gli preferisce Antonino Meli. E' una doccia fredda per il magistrato, ma anche una frattura resa pubblica all'opinione del paese del fronte antimafia. E' segno che l'operato del magistrato non e' condiviso all'interno della magistratura di governo. Meli si insedia a Palermo e procede allo scioglimento del pool antimafia. Falcone subisce inoltre la delusione di vedere preferito Domenico Sica alla guida dell'Alto Commissariato per la lotta alla mafia. Conclude l'inchiesta con Rudolph Giuliani, procuratore distrettuale di New York. Il 21 giugno 1989, mentre si trova nella sua villa all'Addaura (Palermo), viene scoperto un borsone pieno di tritolo pronto a scoppiare. Il magistrato ospita i colleghi svizzeri Carla Dal Ponte e Claudio Lehmann. La bomba non scoppia ma Falcone ne resta preoccupato.   
Falcone e Borsellino
A Palazzo di giustizia scoppia la stagione dei "veleni" con le lettere anonime del "corvo" che mirano a screditare il magistrato. Ma il veleno non si ferma a Palazzo di giustizia. Nel 1990 il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, intervenendo alla trasmissione "Sammarcanda", denuncia Falcone - gia' divenuto procuratore aggiunto - di aver "tenuto nei cassetti" le carte sui grandi delitti di mafia. Ormai il fronte antimafia e' definitivamente spaccato e Falcone viene pure ostacolato a diventafe consigliere del CSM. Esistono forti dissensi col procuratore Giammanco e in simile quadro Falcone accoglie la proposta di Claudio Martelli di dirigere l'Ufficio Affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia. Inizia contro di lui una ulteriore stagione di attacchi per essersi allineato al socialista Martelli. Egli comunque lavora alacremente sulla predisposizione della legge per l'istituzione della procura nazionale antimafia, per favorire il pentimento degli uomini di Cosa nostra e per inasprite le condizioni carcerarie dei boss di mafia. Nell'ottobre 1991 il CSM lo chiama a dare ragione delle accuse mosse dal sindaco Orlando. Viene candidato, nonostante l'ostracismo di tanti colleghi magistrati, a dirigere la SuperProcura antimafia. Una delle sue ultime testimonianze la rende alla giornalista Marcelle Padovani: "Si muore generalmente perche' si e' soli o per he' si e' entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perche' non si dispone delle necessarie alleanze, perche' si e' privi di sostegni. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non e' riuscito a proteggere". 
E cosi e'. 
Alle 17,58 del 23 maggio 1992 Falcone salta in aria sull'autostrada Palermo-Mazara del Vallo. 
testo estrapolato dal libro 
"La mafia dalla A alla Z" di Angelo Vecchio

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