Cosa è la Storia?
una pagina dello storico italiano Massimo L. Salvadori
ripresa da la Storia, La Biblioteca di Repubblica
Nel momento stesso in cui compie una serie di atti nella sua vita, ciascuno di noi “scrive” un capitolo della propria “storia”. E capisce quasi istintivamente di essere, nel presente in cui vive, il risultato di un complesso intreccio di azioni compiute, di condizionamenti familiari, di influenze derivanti dall’essere nato e cresciuto in un determinato paese, in un gruppo sociale, in un ambiente piuttosto che in altri. Quando poi costruiamo progetti per il futuro, siamo naturalmente portati a tirare bilanci. E perciò siamo spinti a guardare indietro, a riflettere sui nostri passi, a valutarli criticamente. Chi non sappia farlo, finisce per non sapere chi sia. Mentre guardiamo all’indietro, lo facciamo inevitabilmente sotto gli stimoli degli interrogativi che la vita ci pone in concreto nel presente: in maniera selettiva, con l’interesse più per taluni aspetti che per altri. Poi nuovi bisogni inducono a ripensare ancora, con l’attenzione verso momenti prima trascurati. Cosi la nostra coscienza e il nostro spirito elaborano, ricostruiscono continuamente la nostra “storia” personale. Il che ci rende tutti “storici” di noi stessi. Ma nessuno vive isolato in una chiusa cerchia personale o familiare. Quel che è accaduto e accade nel mondo esterno determina in modo essenziale la nostra condizione e il nostro destino. Anche qui il passato è presupposto del presente e del futuro E perciò occorre orientarsi, per darsi orientamenti politici, compiere scelte in base ai propri valori, costruire un mondo che risponda alle nostre aspettative.
Gli storici di professione, che scrivono le storie delle città, delle regioni, degli Stati, della scienza, della tecnica, delle culture, delle religioni, delle grandi personalità ecc. non sono mossi da esigenze diverse da quelle che stimolano i comuni individui a pensare il loro passato. Lo fanno soltanto con tecniche e metodologie più rigorose, sulla base dei documenti che la storia ha depositato e accumulato attraverso una selezione volta ad accettarne l’attendibilità e a stabilirne l’importanza. Scrivono le loro storie, e quando nuovi documenti appaiono o nuove prospettive si impongono, le riscrivono. Questo scrivere e riscrivere costituisce ciò ciò che si definisce “la storia della storiografia”. Cosi è avvenuto dal padre della storiografia Erodoto, che scrisse le sue Storie nel V secolo a.C., fino ad oggi.
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Cicerone definì la storia magistra vitae, maestra della vita. Bisogna capirsi. Il lettore può chiedere alla storia di aiutarlo a conoscere meglio il passato, ma non deve pensare che uno storico gli comunichi delle “verità“ da recepire passivamente e dogmaticamente. Quel che lo studio della storia può fare e’ fornirgli materia per capire, analizzare, riflettere; e’, insomma, trasmettergli il cumulo delle esperienze che le generazioni hanno compiuto: “nel bene e nel male”. Poi ciascuno è chiamato a tirare le proprie somme, a farsi “un’idea del mondo”. Il che nessuno ne’ può né deve fare per lui. Oggi il mutamento storico corre rapido come mai prima, e perciò occorre conoscere il passato per decidere che cosa della realtà che sta alle nostre spalle vogliamo conservare e che cosa cambiare. La democrazia si nutre di conoscenza dei fatti e consapevolezza dei problemi: la storia offre ai cittadini strumenti essenziali per acquisirle.
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