E’ tempo a nostro giudizio che si cominci a far emergere nella discussione pubblica e soprattutto all’interno delle scuole la necessità di prendere coscienza delle radici e delle diverse fasi di ciò’ che è stata la Shoah, di come nacque e si organizzò l’odio e con esso il fanatismo nazionalistico-razziale negli anni quaranta del Novecento. Quell’odio è quel fanatismo lo stiamo purtroppo, ed incredibilmente, vedendo ancora oggi serpeggiare in più punti del pianeta.
La guerra in Medio Oriente, quell’altra in Ucraina e quelle meno enfatizzate dai media e che persistono in più punti dell'Africa, sono tutti incendi ad alto rischio per l’intera umanità. E’ veramente tempo che tutti ci sentiamo vigili e attenti perché quelli che oggi sembrano focolai non incendino via via la Terra tutta.
Per la giornata -27 gennaio di ogni anno- dedicata alla rievocazione di quanto accaduto nel lager di Auschwitz, al conduttore del Blog piace rievocare un’altro, non diverso e non lontano da Auschwitz campo di concentramento, usato da area di raccolta di militari italiani e non, catturati dalle SS all’indomani dell’8 Settembre ‘43: si tratta del campo di Majdanek-Lublin (cosi’ denominato nei carteggi delle SS e conosciuto anche come KL Lublin). Si tratta di un campo in una località situata a circa quattro chilometri ad est della città di Lublino, in Polonia, che al suo sorgere, nel settembre del 1941, i nazisti usarono da subito come «campo per prigionieri di guerra».
per prigionieri di guerra sotto controllo delle Waffen-SS. Passo’ quindi in quel periodo sotto il controllo dell’Ispettorato dei Campi (Inspekteur der KL), diventando Campo di concentramento a pieno titolo entro la fine del 1943 per una estensione - complessiva- di 270 ettari, fermo restando che il cuore del campo, quello destinato alla sofferenza dei prigionieri si estendeva per 30 ettari, a loro volta suddivisi in cinque campi interni, circondati da doppio filo reticolato elettrificato con all’interno di ciascuno 22 blocchi; all’estremità di ciascuno dei cinque campi stava il forno crematorio e la zona delle esecuzioni.
Verso i russi e gli ebrei la strategia era quella dello sterminio sistematico; allo sterminio sistematico finivano pure i prigionieri malati di qualsiasi nazionalità che venivano selezionati in altri lager sparsi sul territorio polacco e poi sterminati a Majdanek, che per i tedeschi era loro territorio della Prussia Orientale.
La persona di Contessa E., il genitore di chi scrive, che trascorse alcuni mesi di gravissimi disaggi, maltrattamenti e soprattutto fame nel campo di Majdanek, era un mugnaio e la sorte volle che due sorelle tedesche i cui mariti erano stati arruolati nell’esercito tedesco lo richiesero per portare avanti il loro mulino nella regione -appunto- che i tedeschi denominavano Prussia Orientale e che gli occidentali chiamavano, e ancora oggi chiamano, Polonia. Ma avremo modo e tempo di soffermarci su di lui, sul mugnaio contessioto, alla luce della più recente documentazione reperita attinente il regime di barbarie vigente nel campo di Majdanek.
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