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giovedì 18 gennaio 2024

Il Regno di Sicilia. Dal XIV al XVI secolo (6)

Dal Vespro siciliano ai Peralta-Cardona

Lo Stato federiciano (ci riferiamo a Federico III)  non era strutturalmente fondato solamente sulla realtà socio-economica feudale. Esisteva in quella Sicilia post-Vespri pure una realtà abbastanza decisiva, tanto quanto quella baronale-feudale, ed era la questione delle città demaniali. Alla stessa situazione per cui i baroni, i conti ed i feudatari in generale venivano rappresentati nel Parlamento di Palazzo dei Normanni, pure le città demaniali, dipendenti direttamente dalla corte regia, erano li’ rappresentate da baroni, e come era accaduto in seguito alla repressione post vespri erano, nei loro Municipi e sui territori, rimasti privi di ordinati organi di autogoverni municipali. La Costituzione federiciana non dedico’, per questa ragione, alcuno spazio alla nascente borghesia che iniziava a spuntare proprio nelle città. Manco’ in Sicilia, contrariamente a quanto accadeva nelle città del Nord Europa, l’iniziale rappresentanza della borghesia e delle realtà cittadine. Rappresentanza che avrebbe potuto assolvere al ruolo di contrappeso allo strapotere baronale-feudale. In questo passaggio storico gli storici e gli economisti individuano i germi dell’arretratezza che caratterizzerà l’Isola ed il meridione italiano fino alle soglie del XX secolo. 

La monarchia costituzionale di Federico III ammette -in buona sostanza- la sussistenza di un Parlamento, a differenza di quelle assolute, e però non consente alla parte più dinamica della società (la borghesia) rappresentanza in Parlamento. Questa -inevitabilmente- finirà per non assolvere al ruolo di equilibrio generale della società. E capiterà, proprio per questa ragione, che la feudalità-baronale perdurerà in Sicilia, e nel Meridione, sino a … ieri, sino a metà del Novecento, rispetto al post rivoluzione francese quando ad affermarsi in buona parte del Continente europeo sarà la visione liberale-borghese.

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