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mercoledì 10 gennaio 2024

Il Regno di Sicilia. Dal XIV al XVI secolo (4)

Dai Vespri siciliani ai Peralta-Cardona

 Nella precedente pagina dedicata alla vicenda storica di Federico III abbiamo elencato alcuni blocchi legislativi varati sotto il suo regno. Era, quello di Federico, ancora tempo del Medio Evo e l’intero blocco legislativo rispecchiava la società del tempo e con essa la normativamente sancita diseguaglianza degli uomini:

1) le ancora numerose popolazioni saracene dell’Isola dovevano portare, di traverso sul petto, un segno di colore rosso lungo un palmo  e largo due dita;

2) gli ebrei non potevano occupare ruoli pubblici, né esercitare la professione medico-sanitaria. Non potevano abitare nei quartieri delle città destinati ai cristiani;

3) i cristiani non potevano, su loro iniziativa, prestare sostegni o aiuti di qualsiasi genere a mussulmani e/o ebrei dal momento che entrambi i gruppi erano “servi della Regia Camera”, ossia parte del patrimonio e del demanio regio e ogni decisione che li riguardasse competeva esclusivamente alla corte regia.

Effettivamente con Federico III  ha inizio la politica antiebraica, fortemente limitativa dei diritti della “persona”. Fino ad allora gli ebrei, sotto le precedenti monarchie (normanne, sveve ed altre) non erano stati mai, nel Regno di Sicilia, considerati “servi della Regia Camera”. 

Nelle linee generali politico-economico, la legislazione siciliana di Federico III pur seguendo alcune linee tipicamente aragonesi fece sostanzialmente proprio l’impianto feudale precedente di impronta normanna e quello svevo, rigettando solamente aspetti di quello angioino.

 Caratteristica propria di impronta aragonese fu invece la figura regia, vista come signoria assoluta del Regno, seppure costituzionale con un parlamento riunito una volta l’anno che delibera congiuntamente col re. In pratica la legislazione non sarebbe stata più potestà esclusivamente regia, ma congiunta del re e col patteggiamento dei baroni riuniti in Parlamento.    

Il primo discorso in Parlamento di Federico III recita:

I re regnano per volere divino, e Dio, che creò il mondo dal nulla e lo governa con legge immutabile, elesse, prima ancora della costituzione del mondo medesimo, i rettori dei popoli, i re e i principi che avrebbero dominato attraverso le alterne vicende della storia, predisponendo infallibilmente  ogni mutamento in alto e in basso. Alla fine della carriera mortale, i re debbono rendere conto a Dio del proprio operato. Collocato sul trono dalla bontà divina, Federico ha il dovere di non lasciare un pollice del territorio del suo regno sottoposto all’oppressione nemica.Egli è pronto a misurarsi in campo aperto con i nemici, fidando nella clemenza divina e nella giustizia della causa, sicuro di conquistare con la fatica di pochissimi giorni un lungo periodo di pace.

(Segue)

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