Facile pronostico: la prossima “guerra di religione”, a sinistra, sarà sui voucher. Il referendum della Cgil porterà alla radicalizzazione dello scontro. Se ne farà ragione di feroce divisione tra “amici dei padroni” e un sindacato accusato di vivere sulla luna. Peccato che con i voucher la contraddizione padrone/lavoratore c’entri relativamente poco. La vera contraddizione da mettere a fuoco è, in questo caso, cittadino/burocrazia.
Milioni di italiani (privati cittadini o piccoli imprenditori che diventano datori o prestatori di lavoro occasionali) sarebbero ben disposti a portare “in chiaro” buona parte dell’esorbitante economia “in nero”, se fosse possibile farlo senza impazzire per gli obblighi burocratici, perdendo ore agli sportelli o ascoltando le musichette dei call center o tentando di compilare moduli indecifrabili.
Esiste un’evasione per frode, gravissima, ma esiste un’evasione per sfinimento. Per pagare mezza giornata di lavoro non è possibile che sia richiesta un’altra mezza giornata di stalking burocratico. I voucher, in sé, sono moneta legale (ovvero fiscalizzata) che rimpiazza i loschi rotoli di banconote, pratica quotidiana dell’economia minuta. Se poi qualcuno ne abusa, o li utilizza al di fuori delle restrizioni di legge, sia punito. Ma è colpa sua, non dei voucher. Lo spiegava bene Alessandro De Nicola su Repubblica di ieri. Ma è un articolo pacato e documentato. Non va bene, dunque, per allestire la prossima faida politica.
ANTONIO PADELLARO, giornalista de Il Fatto Quotidiano
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