I libri di Storia evidenziano che nella nostra isola la superstizione è antichissima. Ad essere stati superstiziosi non sono stati solamente gli uomini primitivi ma gli stessi Greci ed i Romani nella loro religione facevano sfoggio di simboli, amuleti, formule, riti con presunte virtù incantatorie.
Il Medio Evo della Cristianità non fu da meno rispetto alla disperazione degli umili sfruttati e abbandonati nell'ignoranza.
La "magara" nel Medi Evo siciliano era la qualifica che la Chiesa romana attribuiva a chi si allontanava dalla religione cristiana.
Nel XV e XVI secolo venivano istruiti processi de malo et peximo cristiano contro coloro che percuotevano i familiari, infamavano il prossimo e non frequentavano i sacramenti.
Il disordine di questo modo di vivere veniva riferito ad un unico complesso e continuato delitto.
Il Sinodo di Siracusa del 1553 confuse e punì in una unica disposizione e con pene ad arbitrium, gli incantatori, i malefici, gli eretici e coloro che conducevano una pessima vita e non si confessavano.
La parola strega nella Sicilia Medievale fu usata solamente dalla Santa Inquisizione nel corso dei processi da essa attivati, di contro il popolo e gli stessi tribunali delle curie vescovili designavano le malefiche come magare.
Un episodio
La Curia Vescovile di Siracusa il 25 ottobre 1597 emise una sentenza (riportata nell'apposito Registro) da cui si evince che una serie di addebiti contenuti nella denuncia vengono riassunti in un unico titolo di "magarie".
Mattea Lapardera, della terra di Palatioli, ex quo ufficium gessit malae cristicolae, fu condannata a stare, in giorno di domenica, durante la messa cantata, davanti la porta della cattedrale di Siracusa, con la museruola o freno da bocca (cum mordacibus) con la mitra in testa e un epitaffio sul petto, tenendo una candela accesa nella mano e un cofano pieno di paglia davanti il petto.
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