Tomaso Montanari (1971), professore ordinario di Storia dell’arte moderna all’università di Napoli Federico II.
È editorialista per la Repubblica e vicepresidente di Libertà e Giustizia.
Ha pubblicato un e-book con Micro-Mega per spiegare su n. 8 interventi le ragioni del NO al Referendum del 4 Dicembre.
I° - La Questione Omerica
II° - Il Capo e la Pistola
III° - Decidere o Comandare ?
IV° - La Dittatura della Maggioranza
V° - La Democrazia come Ostacolo
VI° - La Costituzione del Cemento
VII° - TINA TRUMP
I° - La Questione Omerica
II° - Il Capo e la Pistola
III° - Decidere o Comandare ?
IV° - La Dittatura della Maggioranza
V° - La Democrazia come Ostacolo
VI° - La Costituzione del Cemento
VII° - TINA TRUMP
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VIII
RIVOLUZIONE E RASSEGNAZIONE
Possiamo vederla così: siamo sugli spalti di uno stadio, e i giocatori
in campo non ne fanno una giusta.
Non segnano, si menano, corrompono l’arbitro, si vendono
agli scommettitori. Finché, un bel giorno, ci dicono: «Se non riusciamo
a giocare bene non è colpa nostra: è colpa di tutte queste
regole, che ci legano e ci impediscono di correre e di decidere
quando tirare in porta. Ecco, ce le siamo riscritte noi, queste regole:
dovete solo dirci che le approvate, basta un Sì.
E non solo il
gioco finalmente decollerà, ma noi diventeremo migliori. Dimenticheremo
le scommesse, giocheremo solo per voi. Se ci manderete
via, però, nessun altro giocherà: non ci sono alternative. Ah, a
proposito: questo gioco non è una bella cosa, e in fondo non serve
a molto, dunque vi proponiamo di giocare di meno, e in minor
numero».
Ecco, quel pubblico avrebbe due possibilità: fidarsi dei giocatori
e permettere loro di cambiare le regole. Oppure dire di No: e
cambiare i giocatori.
Lo slogan più rivelatore che la campagna del Sì ha sparato sui
muri di tutto il Paese è:
«Cara Italia, vuoi dimiunire il numero dei
politici?»
Naturalmente qua si strizza l’occhio alla ventata di antipolitica
che da tempo cerca di convincerci che non valga la pena
di investire sulla macchina della nostra democrazia. È, questa,
una retorica particolarmente coltivata dal Movimento 5 Stelle, e
Matteo Renzi ha deciso di cavalcarla ventre a terra. Ora, tutti sappiamo
che nella vita politica ci sono molti sprechi (per non parlare
del costo della corruzione!), ma è davvero singolare che un
Paese che – facciamo solo pochi esempi – tollera un’evasione fiscale di 150 miliardi di euro l’anno, permette alla Chiesa cattolica
di non pagare le tasse su uno sterminato patrimonio immobiliare
assai redditizio, e fa ponti d’oro a enormi aziende che, pur essendo
state sostenute da denaro pubblico, decidono di pagare le tasse
in altri paesi (è il caso della Fiat di Sergio Marchionne, ardente sostenitore
del Sì sebbene sia residente in Svizzera) decida poi di diminuire
gli spazi di democrazia per risparmiare la miseria di 50
milioni di euro l’anno (questa l’unica cifra disponibile, stimata
dalla Ragioneria Generale dello Stato in una nota del 28 ottobre
2014)!
Cinquanta milioni equivalgono a quanto spendiamo ogni
giorno (non ogni anno!) in spesa militare, ad un terzo del costo
dell’aereo voluto dal presidente del Consiglio, a meno di una sesto
della somma che ogni anno devolviamo ai vitalizi degli ex consiglieri
regionali!
Ma non è solo un problema di contabilità: il punto è chiederci
cosa ci aspettiamo dalla politica.
Già, perché se i «problemi reali
che dobbiamo affrontare stanno ormai al di là della portata della
politica», se ormai il capitale ha vinto senza possibilità di appello,
se non c’è alternativa allo stato delle cose, allora a cosa servono i
politici?
È su questo che voteremo il 4 dicembre?
Crediamo che la politica
non serva più a nulla, e che dobbiamo delegare il governo del
Paese a un ristretto comitato d’affari?
Davvero pensiamo che la riforma
di Banca Etruria, Marchionne e JP Morgan farà gli interessi
dei cittadini italiani?
Se lo pensiamo, dobbiamo votare Sì. Ma se invece crediamo
che l’Italia abbia ancora qualcosa da dire, e che possiamo ancora
cambiare lo stato delle cose, allora dobbiamo votare No.
Ha scritto Piero Calamandrei che la Costituzione è «una polemica
contro il presente, contro la società presente. Dà un giudizio,
la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro
l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale,
che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani».
Lo smantellamento costituzionale su cui il popolo italiano è
chiamato a votare spera di spegnere quella polemica, intende
mettere a tacere quel giudizio, vuole impedire quella trasformazione.
Ma a tutti coloro che dicono che è tempo che la Costituzione si
pieghi a contenere una quieta rassegnazione, rispondiamo, con le
parole e la passione di Calamandrei, che essa contiene invece una
«rivoluzione promessa».
Non è troppo tardi per attuarla: a partire dal 4 dicembre.
A partire
da un NO.
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