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giovedì 23 giugno 2022

Sicilia dei viaggiatori. Dal Barocco al Novecento (3b)

Dal Barocco alla Modernità Novecentesca

 LUOGHI CELEBRI DI CATANIA, SIRACUSA E PALERMO

di

John Dryden Jr.



(Poeta, drammaturgo, critico letterario e traduttore inglese era il maggiore dei quattordici figli di Erasmo e Maria Dryden, appartenenti all'alta borghesia puritana inglese).

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UN VIAGGIO IN SICILIA E A MALTA NEL 1700-1701 - PARTE III°


Non lontano dalla chiesetta, andammo a visitare le Grotte di S. Giovanni o, più precisamente, quelle che un tempo erano le catacombe degli antichi siracusani e che oggi sono chiamate Grotte di S. Giovanni sia perché si trovano sottoterra sia perché sono vicine alla Cattedrale che da lui prende il nome. La Cattedrale fu completamente distrutta dall'ultimo grande terremoto e oggi ne restano solo le rovine. Non riuscimmo a capire, però, se quelle catacombe fossero adibite alla sepoltura comune o fossero riservate alla sepoltura delle persone di alto rango. Erano invero straordinarie e molto più belle di quelle di Roma o di Napoli, come ammettono tutti coloro i quali hanno visitato queste e quelle.

Una volta entrati, vi si può camminare comodamente e senza doversi curvare; ogni tanto si allargano fino a formare una grande sala rotonda con il tetto a volta. Se ci si ferma al centro della sala  si può ammirare tutt'intorno una straordinaria veduta prospettica. Le tombe, infatti, sono poste orizzontalmente una dentro l'altra e, se con l'aiuto della torcia si spinge lo sguardo più avanti, si può vedere che si estendono a perdita d'occhio. Si può pertanto dire che ogni fuga di tombe si irraggia dal centro della grande volta rotonda.

Su alcune delle tombe più belle scoprimmo i resti di affreschi che rappresentavano principalmente figure di uccelli, soprattutto pavoni; sopra qualche altra trovammo incisi anche gli antichi caratteri greci. Erano però così rovinati e cancellati dal tempo che ci fu difficile mettere insieme una singola frase. Ad ogni modo tanto bastò per farci capire che quelle catacombe erano state usate dai Greci di Siracusa prima che i Romani, guidati da Marcello, conquistassero quel territorio. Sebbene non si riesca ad immaginare né da quale nazione i Greci di Siracusa abbiano preso l'idea di scavare delle catacombe né se siano stati essi stessi a crearle -l'usanza più antica dei Greci, infatti, era quella di cremare i morti- tuttavia è molto probabile che i Romani abbiano imitato proprio i Greci di Siracusa sia nel costruire le catacombe sia nella pratica di cremare i morti secondo l'antica usanza greca.

Non lontano da questo luogo, scavalcato un muro basso, entrammo in una vigna dove potemmo vedere i resti di un antico anfiteatro: rimanevano però soltanto alcuni gradini di pietra, molti dei quali coperti da arbusti e rovi, mentre le fondamenta mostravano chiaramente che la sua circonferenza non era grande come quella di Roma. Per questo non lo prendemmo molto in considerazione.

Andammo poi a vedere la famosa prigione del tiranno Dionisio, chiamata anche l'Orecchio di Dionisio. Modellata nella roccia, questa prigione ha la forma di un orecchio d'asino e quest'aspetto glielo dà l'apertura esterna che si estende in profondità con la stessa forma. E' grande abbastanza da contenere varie centinaia di persone. Questa cavità, però, non si prolunga dentro la roccia in linea retta ma procede a serpentina e ciò che suscita grande curiosità è la scanalatura interna che corre lungo tutta la parte superiore e trasmette la voce di chi parla in basso fino a un determinato punto posto in alto. Lì il tiranno sospettoso poggiava l'orecchio per ascoltare tutto che poteva venir detto o persino sussurrato o bisbigliato contro di lui. Scavare una prigione in una roccia così dura deve aver comportato un lavoro incredibilmente faticoso: soltanto un tiranno avrebbe potuto inventarla o farla costruire. Anche se il passaggio attraverso cui Dionisio saliva per raggiungere l'apertura posta in cima all'Orecchio è andato completamente perduto ed è ostruito dalle rovine che ne impediscono l'accesso, se ci si reca lì ad ascoltare, l'effetto che esso produceva viene dato per scontato, ammesso che si fosse potuto arrivare fin lì. Ci assicurarono che se ci si trova a livello del terreno e si spara un colpo di pistola in direzione della bocca dell'Orecchio, questo ci rimanda un'eco forte come quella prodotta da un colpo di cannone. Basta soltanto battere con un martello all'imboccatura dell'Orecchio per ottenere un'eco fortissima.

(Segue)
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