Esiste un elenco di contrade del territorio di Contessa Entellina su cui, nel corso dei secoli, quando vigeva il sistema feudale, era consentito a tutti i "vassalli", ossia a tutti i residente nella Kuntisa arbëresh, a prescindere se si fosse addetti all'agricoltura o meno, di poter godere alcune licenze (o come allora si definivano: privilegi).
Nella Kuntisa delle origini (cinquecentesche), al sorgere del rapporto feudale, questo diritto venne inteso estesamente nell'ambito dei due feudi che facevano parte della concessione ma non, se non limitatamente, sul resto del territorio (ubi feuda ibi demania). I Cardona provvidero a mettere in chiaro inequivocabilmente che l'applicazione di quel principio stava dando molti inconvenienti pertanto il tutto di quelle "licenze" andava concentrato solamente su alcune contrade (e furono quindi elencati gli spazi sottoposti ad "uso civico"). Tutto il resto del territorio comunale (molto più esteso dei 13mila ettari odierni) era precluso ai nuovi arrivati arbëresh ai fini degli "usi civici".
Al di fuori di precise contrade interne ai due feudi concessi in enfiteusi (Serradamo e Cuntisse) non sussistevano usi civici, se non in luoghi predefiniti e sempre circoscritti, p.e Entella.
Con l'introduzione del sistema sociale "liberale" all'inizio dell'Ottocento iniziò il processo di privatizzazione di tutte le aree sottoposte ad "usi civici". Oggi sul territorio di Contessa nessuno più ricorda nè in cosa nè su dove insistevano gli "usi civici". Eppure la Storia Locale è stata per secoli lastricata di proteste e rivolte per salvaguardare gli "usi civici" a beneficio collettivo.
Il ricordo storico di due importanti figure del nostro "paese" (Don Ciccio LoJacono ed il parroco Genovese) è legato in gran parte, ma non solamente, alla strenua difesa portata avanti -per decenni- sulla problematica degli "usi civici".
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