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lunedì 13 giugno 2022

Storie locali. Narrazioni tramandate in ambiti familiari

Una immagine che
pone assieme il 
Sant'Antonio Abate (sx per
chi guarda) e Sant'Antonio
di Padova (dx).

Sono vissuti in un tempo
distante l'uno dall'altro
di un millennio. Il primo
nei deserti egiziani e con
una cultura ortodossa copta
ed il secondo nei monasteri
della romanità occidentale.

Sono entrambi proclamati 
santi nella Chiesa Romana.


Oggi nel mondo occidentale, improntato dal cattolicesimo, ricorre la festa dedicata a Sant'Antonino di Padova (al secolo Fernando Martins de Bulhões, nato a Lisbona). Si tratta di un santo portoghese vissuto nel periodo medioevale.  Il religioso e presbitero apparteneva all'Ordine francescano e fu proclamato santo da papa Gregorio IX nel 1232 e poi, a distanza di secoli, fu dichiarato pure dottore della Chiesa romana, nel 1946. 

 Il nome Antonino, è nel linguaggio italiano diminutivo di Antonio. Antonio -in genere- è però nell'uso della lingua italiana l'identificativo di un ulteriore e diverso santo, molto più antico del Sant'Antonino di Padova di cui oggi ricorre la festa. Con la dizione Sant'Antonio Abate, generalmente ci si riferisce a Sant'Antonio il Grande, nato nel 251, un anacoreta che viveva nel deserto egiziano quando il cristianesimo era ancora nella fase del consolidamento ed è considerato dalla Chiesa, d'Oriente e d'Occidente, il fondatore del monachesimo. 

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XX) A Contessa Sant'Antonio Abate, anacoreta egiziano e santo quindi di origine orientale, generalmente viene raffigurato con la barba e con abbigliamenti bizantineggianti. Viene celebrato e ricordato il 17 gennaio e fino a pochi anni fa nel pomeriggio di quel giorno avveniva, nello spiazzo Greco, la benedizione del bestiame.

XX) Sant'Antonino di Padova, secondo il calendario liturgico romano, viene invece ricordato il 13 giugno. Il santo portoghese nell'iconografia della Chiesa romana viene generalmente raffigurato senza barba. Quest'anno su un'iniziativa di un apposito comitato è prevista oltre alla celebrazione liturgica nella Chiesa della Favara anche la processione per le vie del paese. 

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La narrazione:

A Contessa poco più di tre secoli fa un capo-famiglia, padre di oltre dieci figli, era riuscito ad attraversare le vicissitudini dei tempi -non certo floridi allora- con il duro lavoro dei campi e con la gestione del mulino di contrada Bagnitelle, ottenuto in concessione dall'amministrazione (diremmo oggi: fallimentare) dei principi Colonna, ritenne di dover rendere riconoscimento e grazie a santo Antonio, che nella cultura locale veniva considerato santo protettore e miracoloso.

Parlò col parroco della Matrice che apprezzò l'intenzione del suo amico e suo parrocchiano. Il parroco gli raccomandò che si trattasse di Sant'Antonio Abate, il santo noto e buon protettore delle Chiese orientali.

Assieme a due dei suoi figli il mugnaio si recò a Palermo e visitò più rivenditori di statue e più chiese che gli ricordassero Sant'Antonio. Nessuno gli pose l'interrogativo o la preferenza se si riferisse a quello egiziano o a quello portoghese. Alla fine fu individuata e caricata su un mulo una delle statue attribuite a sant'Antonio.

Tornati in paese dopo il lungo percorso fatto a dorso di mulo da Palermo, la prima fermata, ancor prima di arrivare a casa, fu nello spiazzo della Matrice dove fu scaricato il sant'Antonio. Quando arrivò il parroco ed altri cinque o sei papas il gelo contagiò i presenti. Il parroco pronunciò poche parole "Ti avevo detto che dovevi portare la statua di Sant'Antonio abate. I santi orientali hanno tutti la barba. Questo è sant'Antonino, un santo della chiesa occidentale, tanto è che non ha la barba".  Per evitare discussioni e storie in pubblico due dei papas presenti proposero di portare dentro, in chiesa, la statua e fissarono per domenica la celebrazione specifica per benedirla.

La domenica successiva il mugnaio e l'intera famiglia, moglie ed dieci figli, si presentarono in chiesa ma notarono subito che la statua stava lì dove era stata posata giorni prima, in prossimità dell'ingresso. Fu chiaro che il dono alla comunità cattolico-bizantina non era stato gradito o comunque non rispecchiava il sentire del clero di rito bizantino. Il mugnaio finita la messa, preso peraltro atto che nemmeno nell'omelia si fece cenno della statua, chiese ad uno dei figli di recarsi nella stalla e prendere un mulo su cui fu successivamente caricata la statua e portata nella, da tempo neo-istituita, parrocchia di rito romana. Lì clero e fedeli furono felici del dono e da allora il mugnaio ed i suoi parenti e discendenti cominciarono a frequentare quella chiesa.

La statua di sant'Antonino, oggetto della narrazione, ai nostri giorni è situata nella cappella di contrada Bagnitelle, avendo, nel tempo, la parrocchia di rito romano acquisita una ulteriore donazione di statua pure questa dedicata a Sant'Antonino di Padova (il santo di nascita portoghese).

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Se quel mugnaio fosse vissuto ai nostri giorni si sarebbe imbattuto in ulteriori e maggiori difficoltà. Adesso nel calendario cattolico-romano si ricorda un terzo (ulteriore) Sant'Antonino il 2 maggio ed ancora un quarto il 14 febbraio, un quinto il 7 luglio e poi il 30 settembre ed il 13 novembre. 

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