“Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura” così recita l'art. 88 della Costituzione.
Il potere di scioglimento delle Camere è uno dei poteri più forti del Capo dello Stato, che però non può esercitarlo negli ultimi sei mesi prima di cessare il suo mandato. I padri costituenti temevano infatti, all’inizio dell’era repubblicana e subito dopo la fine del ventennio fascista, che un Presidente autoritario avrebbe potuto sciogliere le Camere per farne eleggere di più compiacenti e sperare in un secondo mandato.
Adesso Mattarella si ritrova pertanto con le mani legate, senza l’arma di deterrenza che consisterebbe nel mandare tutti a casa qualora ce ne fosse bisogno. Qualcuno lancia l’allarme: Conte e i grillini-populisti potrebbero approfittarne per mettere alle strette il governo senza correre il rischio di andare a votare. A riprova si potrebbe ipotizzare uno scenario, di quelli che capitano una volta ogni 800 anni come le congiunzioni tra Saturno e Giove: la maggioranza si schianta su qualche ostacolo; in preda allo sconforto il premier getta la spugna; dalle consultazioni non si cava un ragno dal buco. Una somma di circostanze che in realtà è altamente improbabile.
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