Che mondo era quello del Cinquecento:
Il periodo di insediamento degli arbëresh
La moneta di conto in uso in Sicilia nel Cinquecento era l'Onza che si componeva di 30 tarì; un tarì corrispondeva a 20 grani, un grano a 6 piccoli o denari.
(Come non è difficile intuire, un tale sistema monetario era riflesso di un assetto sociale povero, per non dire poverissimo. Nella sfera dei baroni e dei "civili", che a carico di quel mondo contadino vivevano in condizioni di parecchio più prospere, circolavano invece le monete di conto ufficiali in Spagna:
Lo Scudo d'argento di 12 tarì oppure il Fiorino di 6 tarì, oppure ancora il Carlino di 10 grani e pure il Ducato equivalente a 13 tarì.
La moneta
La moneta assumeva in quel XVI secolo diversi significati: anzitutto era una
merce, un metallo più o meno pregiato, che poteva svolgere la
funzione di riserva (tesoreggiamento); un mezzo di scambio e di
pagamento, come s’incontrava nelle transazioni quotidiane; e
infine un’unità di misura, impiegata nella contabilità.
Nell’arco
di tempo che va da Carlo Magno (Medio Evo) a Napoleone (inizio della Contemporaneità) il sistema
monetario presentava due tipi di moneta: la moneta reale, in
metallo più o meno pregiato, e la moneta ideale, impiegata come
unità di conto.
Questa situazione comportava complessi
meccanismi e reciproche influenze che, come avremo modo di capire quando affronteremo il sistema feudale contessioto, offrivano
ampi spazi a speculazioni. E comunque la moneta la si faceva circolare il meno possibile nelle campagne, dove tutto veniva regolato con scambi di galline, uova e agnellini. O con discrete misure di grano.
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