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sabato 29 maggio 2021

Medio Oriente. Perchè non è facile uscire fuori dai problemi geo-politici

La questione della Palestina e poi di Israele

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Prime immigrazioni ebraiche

Rispetto agli intendimenti del movimento sionista di ritorno, dopo quasi duemila anni, nella terra delle origini del popolo ebraico, inevitabilmente sia le autorità ottomane il cui governo risiedeva nell'antica Costantinopoli che gli arabi stanziati in Palestina iniziarono a manifestare netta avversione. Non si trattava infatti di una semplice immigrazione di alcuni gruppi religiosamente caratterizzati, bensì della volontà da parte dei sionisti di creare una entità statuale caratterizzata in senso religioso e comunque garantita dal diritto pubblico internazionale (programma di Basilea del 1897).


 Le implicazioni del nuovo quadro che andava crescendo cominciarono ovviamente ad apparire rilevanti in quanto quell'iniziativa andava a turbare gli equilibri politici in quell'area medio orientale, dove peraltro l'autorità ottomana era già in crisi di per sé, per altri motivi.

 I testi di Storia evidenziano che fino alla fine dell'Ottocento e da parecchi decenni c'erano sempre stati flussi di immigrazione ebraica in Palestina ma la questione non aveva mai sollevato obiezioni o avversioni nè dagli ottomani nè dagli stessi arabi di Palestina. Quelle immigrazioni avevano avuto caratteri prettamente evocativi della tradizione ebraica; nulla manifestavano i nuovi arrivati circa intendimenti politici nè avevano immaginato la creazione di una entità statuale ebraica. Addirittura si era diffusa la pratica dei latifondisti arabi a vedere in quell'immigrazione a carattere religiosa una opportunità di arricchimento vendendo ai nuovi arrivati vaste porzioni delle loro proprietà terriere. La stessa Amministrazione turco-ottomana, piuttosto corrotta, chiudeva entrambi gli occhi circa la puntuale applicazione delle leggi che regolavano la vendita e gli acquisti dei terreni. Si trattava di leggi restrittive formalmente ma regolarmente disapplicate rispetto all'immigrazione e all'insediamento ebraico sui territori che -va sottolineato- fino alla conclusione dell'Ottocento era piuttosto contenuta.

Il diffondersi dell'idea sionista -inevitabilmente- ri-svegliò sia i turco-ottomani che gli arabo-palestinesi che nell'immigrazione sionista iniziarono  a vedere -adesso- una finalità invasiva concepita, secondo loro, dall'Occidente cristiano. 

I precedenti -sia pure pochi- coloni ebraici che non avevano avuto problemi ad insediarsi in Palestiba, da parte loro, oltre che comprare terre avevano iniziato ad impiantare aziende produttive e a creare istituzioni politico-culturali; e tutto agli occhi degli arabi dava la sensazione di modelli di vita all'europea all'interno del loro mondo culturale. Si dmebbe quindi la sensazione che la situazione rischiava di sfuggire di mano sia alle autorità pubbliche turche che alle figure più autorevoli delle comunità arabo-palestinesi. In effetti sia Herzl che le altre figure più rilevanti del sionismo tentarono di aprire un dialogo col sultano turco senza, tuttavia, sortire effetti circa la formalizzazione giuridica delle ormai cresciute comunità sioniste.

Nel corso della prima guerra mondiale l'impero ottomano colassò e Gran Bretagna e Francia si spartirono le sue spoglie in Medio Oriente. In verità i due paesi europei erano riusciti a convincere le elité arabe ad abattere esse l'impero turco in cambio dell'indipendenza nel post-guerra. E gli arabi risposero massicciamente con oltre 70mila combattenti anti-turchi.

(Segue)

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